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Dom Gen 02, 2022 11:15 pm
Voilà Capitolo 20


CAPITOLO N° 20

Una manciata di ore prima, in piena notte e sotto una pioggia torrenziale, Maurice e Cassandre stavano percorrendo il grande viale che porta al Musèe Rodin. Si vedevano poche vetture circolare a quell’ora di notte, di fatto, erano circa le due e trenta. In una borsa a tracolla erano stati riposti gli strumenti necessari per eventuali forzature di serrature chiuse a chiave: un passepartout, forcine varie, ferri a punta e una serie di piccoli piedi di porco in acciaio inox. Anche la piccola cimice, racchiusa in una scatola, aveva trovato posto in una sacca della borsa. Si erano vestiti malamente, con indumenti vecchi e logori pronti ad essere lacerati o imbrattati durante l’operazione. Anche due passamontagna erano preordinati a celare il loro viso ad eventuali telecamere di sorveglianza.
Quando giunsero davanti al palazzo attiguo a quello vescovile, parcheggiarono la vettura e controllarono dall’abitacolo la movimentazione esterna. Non si vedeva anima viva sotto quell’acqua incessante. Indossato un incerato scesero e, dopo aver estratto la borsa dal vano bagagli, si accostarono al muro.
Cautamente si approssimarono al portone d’entrata dell’immobile attiguo a quello ecclesiastico. Si trattava di un battente di vetro, protetto da liste di acciaio verniciato. Maurice levò dalla tasca della borsa il passepartout e iniziò a trafficare sul blocchetto in ottone della serratura. All’interno dell’androne d’entrata la luce si accese e, ridacchiando come dei matti, un ragazzo e una ragazza si apprestavano ad uscire in strada. Quando videro Cassandre e Maurice, fecero loro un gesto di saluto, subito corrisposto.
<<Dovete entrare?>> chiese il giovane prima di richiudere la porta alle spalle.
Maurice fece una smorfia, <<stavo appunto cercando la chiave nella borsa ma, qui dentro, c’è un casino che non finisce più>>
I due estranei fecero cenno di accomodarsi, dopodichè chiusero e si eclissarono di corsa nella strada semi allagata.
<<Riusciremo ad uscire da qui?>> domandò cassandre bisbigliando.
<<Ogni cosa a suo tempo>> rispose Maurice.
Le luci dell’androne si spensero nuovamente, essendo del tipo a tempo. Una volta trovato l’interruttore, lo premettero e si guardarono intorno. Vi era l’ascensore, le scale, la portineria a quell’ora deserta, e una porta di ferro che, probabilmente, era quella che dava nel cortile dove c’erano i box e il muro da scavalcare.
Senza indugio l’aprirono e, in una luce quasi inesistente, si ritrovarono nel cortile che avevano studiato sulla piantina del catasto.
Mentre si avvicinavano al muro che confinava con il patio del vescovado, percepirono un rumore di motore diesel che giungeva dall’entrata ai box. Probabilmente era qualche condomino che rientrava a casa.
Maurice, freddamente, fece cenno a Cassandre di correre verso una porta nelle vicinanze. Poco prima che i fari della vettura dessero luce al lastricato, riuscirono a chiudersi in una sorta di ripostiglio con un rancido odore di spazzatura. Erano finiti nel locale dove veniva accumulata l’immondizia.
<<Ho una paura fottuta!>> bisbigliò Cassandre.
Maurice non rispose, accostando l’orecchio alla porta.
<<Usciamo>> mormorò poco dopo, <<non si sente più nulla.>>
La pioggia iniziava a calare, diventando un’acquerugiola leggera e poco consistente.
I due giovani si appressarono al muro divisorio con molta cautela. Una luce che si accese a piano terra, li bloccò in un attimo di ansia.
Quando ritornò buio, Maurice si mise di spalle contro il muro e intrecciò le mani facendo cenno a
Cassandre di salirci sopra con i piedi.
Lei ubbidì e, dopo uno slancio di reni, si attaccò con le mani al bordo superiore del muro. Lui fece il resto spingendola sino a farla salire totalmente. Un atletico salto fece scomparire la giovane dall’altra parte. Maurice realizzò anch’egli un salto e si aggrappò all’ estremità della parete. Con molta fatica si tirò su e, come la compagna, si eclissò dall’altra parte.

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Dom Gen 02, 2022 11:13 pm
Immobili come gatti in agguato, si guardarono intorno: era un normale cortile di qualunque casa, solo una madonnina in un anfratto a forma circolare ne denotava la connotazione ecclesiastica.
Aveva quasi smesso di piovere, dando una maggiore visibilità al contesto. I due giovani s’incappucciarono con i passamontagna e, con circospezione, iniziarono a muoversi verso il caseggiato. Cassandre tremava leggermente e, dentro di sé, si chiese se la causa fosse la paura o il freddo penetrato nelle ossa.
Maurice aprì la piantina e controllò dove si trovasse la porta d’entrata alla canonica. Ve n‘erano tre: due in ferro verniciato e una in legno con una Croce applicata nel mezzo. Sotto una luce assai esigua, lanciata da due vecchi ed obsoleti lampioni appesi al muro, si avvicinarono a quest‘ultima con passo felpato.
<<E’ questa>> bisbigliò lui additandola.
Uno sfioramento al polpaccio di Cassandre la fece trasalire e bloccare in un attacco di ansia. Il successivo miagolio ne chiarì la causa facendo uscire uno sproloquio appena sussurrato dalla sua bocca carnosa <<fanc….!>>
Prima di toccare la maniglia del battente, Maurice si guardò nuovamente intorno: qualche albero spoglio, alcuni pezzi lastricati, altri con della ghiaia, diversi attrezzi da giardino e, sul fondo, un piccolo orticello praticamente privo di vita vegetale. Movimenti umani: negativo.
Il giovane tirò fuori dalla tasca il passepartout per aprire la porta che, di sicuro, accedeva alla canonica.
Con sorpresa si accorse che era aperta. Tirò giù la maniglia e spinse con estrema cautela. Quando vi fu lo spazio sufficiente, Maurice inserì la testa e curiosò all‘interno: buio pesto. Non vi era neanche una luce notturna. I due entrarono e si richiusero il battente alle spalle.
Cassandre levò la pila dalla borsa e l’accese, iniziando a farla girare un po’ dappertutto.
Nel locale vi era di ogni: drappi e articoli ecclesiastici, scatole chiuse accatastate una sull’altra, candelabri della chiesa, tavolo e sedie e, a ridosso di una parete, un armadio serrato con un lucchetto. I due entrarono con cautela, facendo attenzione a non far rumori. Sul lato sinistro della stanza notarono una porta in legno con intarsiati due angeli con le spade leggermente in rilievo.
<<Proviamo>> sussurrò Cassandre abbassando la maniglia.
Sotto la sua spinta, il battente scricchiolò leggermente e si aprì verso l’interno. La tenue luce della chiesa si rifletté nei suoi occhi marroni.
<<Ci siamo>> bisbigliò Maurice entrando.
A vista, era una chiesa molto piccola, poco più grande di quelle che si possono trovare nei paesi di alta montagna. Vi era qualche fila di panche, l’altare, il tavolo liturgico, insomma, una cappella attrezzata come una grande basilica.
La luce era molto scarsa, lanciata da due lampade appese all’alto soffitto affrescato.
<<Guarda là, verso il fondo>> mormorò Cassandre, additando un confessionale di legno.
Maurice mise la mano nella borsa ed estrasse la cimice da una scatoletta di cartone, <<forza, facciamo quello che dobbiamo fare e andiamocene alla svelta>> disse a voce bassa.
Incollati al muro iniziarono a camminare verso il fatidico confessionale. Dopo qualche secondo, a metà del tragitto circa, udirono un rumore provenire dalla porta d’entrata principale sul fondo della cappella. Un prete giovane entrò e fece il segno della Croce inginocchiandosi.
I due giovani rimasero immobili con il respiro bloccato in gola. Il prelato percorse il corridoio in mezzo alle panche e si accostò al tavolo liturgico, ignaro della loro presenza. Lì, genuflettendosi, si mise a pregare con le mani congiunte.
Cassandre accostò la bocca all’orecchio del compagno, <<e ora?>>
Maurice fece cenno di stare tranquilla che, prima o poi, il religioso se ne sarebbe andato. Dopo qualche minuto il prete si alzò, fece nuovamente il segno della Croce e si girò per andare fuori dalla chiesa. Fu proprio in quel momento che li vide accovacciati e immobili in un angolo non illuminato.
<<Chi siete?!>> gridò, <<cosa ci fate qui?!!>>
I due giovani rimasero immobili senza aprir bocca. <<Aiuto!!….Aiuto!!>> strillò il religioso correndo verso la porta d’uscita.
Maurice gli corse incontro cercando di agguantarlo ma, essendoci di mezzo le panche, non fece in tempo.
<<Forza, mettiamo la cimice e scappiamo!>> ordinò, indirizzandosi immediatamente verso il confessionale. Cassandre lo seguì e gli aprì il telo d’entrata alla casetta di legno. Lui levò la cimice dalle tasche e strappò la linguetta di plastica che copriva l’adesivo posteriore. Con le mani tremanti la schiacciò su una parete interna, cercando di fissarla nell’angolo superiore aderente al soffitto. Il collante fece bene il suo lavoro e il piccolo trasmettitore rotondo restò fisso dove era stato appiccicato.
<<Scappiamo!>> urlò Maurice, uscendo dal confessionale.
Nel tempo in cui raggiungevano la porta che dava sulla canonica, dal portone della chiesa entrarono diversi preti, dei quali alcuni in pigiama, che iniziarono a correre verso di loro per agguantarli. I due giovani si introdussero nella canonica e, dopo aver chiuso la porta alla spalle, misero una sedia tra il pavimento e la maniglia bloccandola all’incursione degli accaniti religiosi. Sentendo picchiare a tergo, aprirono il battente che dava sul cortile. Davanti ai loro occhi, due preti e una guardia giurata si presentarono con l‘intenzione di bloccarli. Maurice mollò un pugno all’uomo della vigilanza, facendolo cadere al suolo. I due sacerdoti restarono a bocca aperta senza porre la minima reazione.
Non attendendo oltre, anche perché dalla canonica giungevano rumori di mazza contro la porta, corsero verso il muro divisorio da dove erano venuti. Come se avessero le ali ai piedi, probabilmente a causa dell’apprensione, lo scavalcarono velocemente saltando dall’altra parte. Poi si misero a correre verso l’androne del condominio. Erano le quattro della mattina e, come sempre a quell’ora, la presenza di esseri umani risultava sporadica. Di fatto, giunti alla porta che dava sulla via, Maurice si mise a manipolare la maniglia cercando di aprirla. Capendo che era serrata, estrasse il passepartout dalla borsa e iniziò a provare le varie chiavi. Fuori, sul fronte del palazzo vescovile, il fonema di una sirena della polizia lanciava il suo urlo che si perdeva nella notte buia.
<<Ca..o!>> sbraitò Cassandre, <<hanno chiamato la pubblica sicurezza!>>
<<Cosa ti aspettavi>> rispose il compagno, trafficando sulla serratura, <<che chiamassero l’idraulico?>>
<<Spiritoso!>>
<<Fatto!>> sussultò Maurice, aprendo la porta, <<scappiamo!>>
Due auto della Gendarmerie erano ferme a pochi metri da loro, proprio davanti alla residenza del vescovo.
Maurice e Cassandre si levarono i passamontagna per non dare nell’occhio e, camminando abbracciati come due giovani innamorati, raggiunsero la loro vettura. Il poliziotto fermo sul marciapiede, fece uno sbadiglio e li guardò con poco interesse. Cassandre gli fece un cenno di saluto e una parvenza di sorriso. L’agente alzò la mano con fare infreddolito e si girò dall’altra parte.
<<Andiamo via!>> bisbigliò Maurice salendo al posto guida.
Messa in moto la vettura, passarono proprio davanti a quelle della Gendarmerie. Poi, contenti dell’operazione riuscita, scomparvero nella curva dell’incrocio più avanti.

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Dom Gen 02, 2022 11:12 pm
Nel primo pomeriggio, dopo aver pranzato nel solito ristorante adiacente la Gendarmerie, Masson e Neveu rientrarono in sede con l’intenzione di chiedere alla Scientifica e alla Medicina Legale di
anticipare i tempi delle analisi a proposito della station wagon e del cadavere del nano rinvenuto la sera precedente. Avevano anche discusso su una eventuale infiltrazione nelle sette sataniche. Neveu non era d’accordo, la sua idea cozzava con quella del commissario. Il fatto che alcuni fanatici del diavolo fossero coinvolti in quegli omicidi, risultava per lui quanto mai paradossale. Masson, invece, la pensava diversamente. Non perché fosse convinto di un’implicazione degli amanti di Belzebù, ma perché le tracce da seguire erano talmente vaghe e irrilevanti che qualsiasi pista avrebbe potuto essere quella buona.
Al rientro nella Gendarmerie, Lucas li aveva chiamati a rapporto nel proprio ufficio, <<vi sono delle novità>> aveva detto.
Il grande capo si grattava i capelli rossi e fissava nel vuoto, quando si accomodarono nelle poltrone davanti a lui.
<<Abbiamo una denuncia dal palazzo del vescovo>> proclamò, spostando un fascicolo di incartamenti di lato.
<<Di che genere?>> domandò Masson.
<<La notte scorsa, intorno alle tre, due persone si sono inserite nella chiesa del palazzo vescovile….>>
<<Un furto?>> chiese Neveu.
<<Da ciò che hanno dichiarato i religiosi che vivono lì, non si tratterebbe di un furto, anzi, a loro avviso non è stato rubato nulla.>>
Masson e Neveu si guardarono in viso.
<<A detta della guardia notturna, che si è presa un pugno in faccia, dovevano essere un uomo e una donna. I preti che li hanno visti dicono che si tratta di persone di giovane età, vista la velocità con la quale hanno scavalcato il muro di cinta del cortile.>>
<<Muro di cinta?>> allibì il commissario.
Lucas fece una smorfia, <<è certo che, per entrare nel palazzo, i due malviventi abbiano scavalcato il muro divisorio che collega il vescovado con un condominio adiacente.>>
<<Li hanno visti in faccia?>> domandò Masson.
<<Avevano il volto coperto da un passamontagna.>>
<<Bene>> intervenne Neveu, <<e noi cosa c’entriamo con questa storia?>>
<<Nulla, se non fosse che ieri, mentre passavo nell’ufficio di Lemoine, abbia visto uscire dalla stampante le piantine del palazzo vescovile con il timbro del catasto.>>
Masson si passò il fazzoletto sul naso, convinto di un imminente raffreddore, <<Lemoine? Che relazione ci sarebbe tra Lemoine e la visita al palazzo vescovile?>>
Lucas aprì le braccia, <<non lo so. Ma ho intenzione di andare a fondo di questa storia.>>
<<Gli avete chiesto che cosa ci faceva lui con la mappa dell’edificio religioso?>> chiese Neveu.
Il grande capo agguantò il telefono intercomunicante e digitò un numero: <<Lemoine?>> chiese, <<può venire nel mio ufficio?>>
Qualche minuto dopo, il capo dell’ “Archivio Prove” si presentò davanti ai tre colleghi con lo sguardo sconcertato, <<posso fare qualcosa per voi?>> s’informò, stando in piedi fisso come una mummia.
Lucas lo fece accomodare nella terza sedia. <<ci risulta che lei abbia richiesto una mappa catastale del palazzo vescovile, mi sbaglio?>>
Lemoine si era già preparato una risposta, pensando che, prima o poi, avrebbero scoperto la sua complicità con Cassandre e Maurice. <<Nulla>> ribatté, <<ho deciso di fare la collezione di piantine dei palazzi religiosi di Parigi. Sa, puro e semplice hobby.>>
<<Non dica stron.ate, Lemoine>> abbaiò Lucas, <<con tutti gli hobby normali lei andrebbe a dedicarsi a quello degli immobili religiosi!!>>
<<Ognuno ha le sue manie.>>
Freddo, distaccato e imperturbabile, Lemoine ricevette un attacco di domande da parte dei tre
colleghi, alle quali controbatté con altrettante risposte elusive ed insignificanti.
<<Va bene>> terminò Lucas, <<ma si consideri un sorvegliato speciale!>>
Quando Masson tornò nel suo ufficio, si mise a riflettere sulle spiegazioni di Lemoine relativamente alla riproduzione della mappa del palazzo ecclesiastico. Il commissario non aveva mangiato la foglia, iniziando a considerare un coinvolgimento di Cassandre e Maurice in quell’intrusione notturna. Un uomo e una donna, avevano dichiarato i preti nella denuncia, giovani, tra l’altro. Non essendoci stato un furto, che motivo avrebbero avuto gli invasori per entrare in una chiesa nel pieno della notte? Sua nipote e quel poliziotto stavano combinando qualcosa, sì, ma cosa? La sua mente navigava in tutti i meandri possibili ma, tirando le somme, il risultato non poteva che essere uno solo: un loro coinvolgimento “fai da te” nelle indagini sugli omicidi dei nani. Era consapevole che Cassandre, essendo una criminologa, godeva di una notevole competenza su fatti del genere, anche se solo teorica. Ma, se così fosse stato, a che punto si trovavano le loro ricerche? Cosa avevano scoperto per profanare così spudoratamente un luogo religioso? Forse erano al corrente di circostanze che la Gendarmerie e lui stesso ignoravano? Doveva scoprirlo e, come primo passo, decise di andare immediatamente a parlare con il capo dell’ “Archivio Prove”: Lemoine.
Lemoine, seduto davanti ad un computer, stava archiviando dei dati ricavati da una testimonianza di un clochard in relazione ad uno stupro avvenuto qualche giorno prima nella periferia di Parigi. Masson entrò e, dopo averlo salutato, si sedette nella sedia in plastica stampata, <<come va, Lemoine?>>
<<Masson, non faccia il commediante con me. Ci siamo visti cinque minuti fa e lei mi chiede come sto! Mi dica piuttosto il motivo della visita.>>
<<Ma….sa….solo per fare quattro chiacchiere.>>
<<E’ forse per quella piantina del vescovado?>>
Il commissario si grattò le folte sopracciglia, <<lei forse sa qualcosa che io non so, a riguardo?>>
<<Gliel’ho già detto, è solo un hobby.>>
Masson si fece serio, <<certamente, sì, un hobby….Senta, Lemoine, non che voglia essere un impiccione, ma se lei usasse quella piantina per motivi esulanti quelli investigativi della Gendarmerie si rende conto in che pasticcio si troverebbe?>>
<<Certamente>> annuì Lemoine, <<ma si da il caso che non sia così.>>
Il commissario rifletté un attimo su come impostare un discorso valido per convincere il collega a dire qualcosa, poi, <<i nomi Maurice Fabre e Cassandre Masson, le dicono niente?>>
<<Certamente>> replicò Lemoine, <<Maurice è un mio amico che lavora nella “Narcotici”, Cassandre è la sua fidanzata e, presuppongo, visto il cognome, abbia una stretta parentela con lei.>>
<<Infatti>> assentì Masson, <<è mia nipote.>>
<<Questo non lo sapevo>> mentì il collega.
Il commissario si accigliò, <<oltre a essere mia nipote, la ragazza è laureata in criminologia, ed ha una gran fame di carriera. Sono convinto che lei ne sappia qualcosa.>>
Lemoine alzò le spalle.
<<Va bene!>> s’incattivì il commissario, alzandosi, <<stia attento a quello che fa! Lei si sta compromettendo la carriera, Lemoine! Non le sto imponendo di spifferarmi tutto, ma solo un cenno della testa o uno sguardo che avvalli le mie ipotesi!>>
Lemoine stette un attimo a pensare. Ciò che gli stava spiattellando il collega era una sacrosanta realtà. Se fosse stato beccato in quei traffici furtivi, avrebbe rischiato il posto e forse anche la galera.
Masson, vedendolo concentrato, stette fermo ad aspettare la risposta che attendeva.
Lemoine lo guardò e gli fece un cenno di consenso con la testa, <<ma non mi chieda altro, non faccio la spia di mestiere.>>

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Dom Gen 02, 2022 11:11 pm
Il commissario si avvicinò alla porta dell’ufficio, lo guardò e, con garbo e gentilezza, gli disse, <<grazie, Lemoine, grazie tante>> e uscì nel corridoio con la mente che s’ingarbugliava nei meandri più raccapriccianti. Giunto nel suo ufficio, agguantò la cornetta del telefono e digitò il numero di casa sua. Alla risposta di Arielle, la salutò e le ingiunse di chiamare Cassandre per invitarla a cena la sera stessa insieme a Maurice.
Il buio stava prevalendo sul chiarore diurno, alle cinque del pomeriggio. Masson aveva parlato con Picard, il capo della Scientifica, che gli aveva risposto di passare verso le cinque e trenta nei loro laboratori per mostrargli gli esiti delle analisi ricavate sulla vettura station wagon scura.
Il commissario, Neveu e Lucas entrarono nello studio di Picard all’ora prestabilita, notando che l’esperto aveva il viso stanco e snervato.
<<Un disastro!>> asserì, quasi imbestialito, <<abbiamo inserito le decine di impronte nel database per la comparazione con quelle di individui schedati, nulla di fatto! Non ve n’è una che collimi. Questa vettura è passata nelle mani di tanta gente incensurata e libera da vincoli giudiziari. Capelli bianchi, biondi, rossi e castani, impossibile ricavare qualche prova che possa esserci utile!>>
Masson guardò verso il soffitto, <<questo vorrebbe dire che….>>
<<Che non c’è nulla che possa interessare>> lo interruppe Picard, <<solo la targa ci da qualche riscontro su una certa signora che ha fatto la denuncia sei mesi fa per il furto della sua station wagon, altro non abbiamo.>>
<<Avete verificato l’indirizzo di questa donna?>> domandò Lucas.
<<E’ la prima cosa che abbiamo fatto. Si tratta di una zitella sulla settantina che vive tranquillamente nella periferia della città e che non ha mai dato fastidio a nessuno.>>
<<Altro?>> intervenne Neveu.
<<Niente di niente! Ripeto, solo capelli di tutti i tipi, impronte sconosciute e, alcune briciole di pane sui tappetini dell’abitacolo.>>
<<Nel portabagagli?>> s’interpose Masson.
<<Polvere, briciole di pane, una pila, il triangolo, insomma, le solite cose che si possono trovare nel retro di una macchina.>>
<<Cristo santo!>> esclamò Lucas, <<possibile che non ce ne vada bene una!>>
<<Tra l’altro>> aggiunse Picard, <<abbiamo passato dappertutto il rilevatore ad ultravioletti per rintracciare tracce di sangue: nessun risultato, praticamente una vettura insignificante a livello accertamenti.>>
Masson, Neveu e Lucas si passarono sguardi sconcertati e non aprirono ulteriormente bocca. Il fatto che la Scientifica non avesse trovato un minimo elemento a cui appigliarsi, era di per sé disastroso.
Sperando in un esito più positivo nell’esame autoptico, alle sei Masson e Neveu si recarono dalla dottoressa Isabelle Brunet, responsabile del Centro Medico Legale abbinato alla Gendarmerie.
<<Siamo alle solite>> disse l’affascinante donna di medicina, quando loro entrarono nel suo studio.
Saluti e convenevoli precedettero la sua spiegazione di quanto esaminato sul cadavere del nano: <<Addormentato con gli stessi prodotti anestetizzanti dell’ultimo omicidio. Fustigato, martoriato, strangolato, praticamente nulla di nuovo>> iniziò la Brunet, <<segni di legacci ai polsi e alle caviglie, niente capelli estranei a quelli del cadavere, niente sotto le unghie se non sporco insignificante, solito taglio tra il fegato e lo stomaco e solita statuetta con la consueta stupida poesia. So di essere monotona, ma i fatti sono questi. Ah, dimenticavo, ieri sera avete trovato il cadavere, ma la morte risale ad almeno ventiquattro ore prima.>>
<<Quindi è stato ammazzato nella notte tra il 18 e il 19?>>
La dottoressa annuì, poi aprì un cassetto e tirò fuori una busta porgendola a Masson, <<leggete, siamo allo stadio di demenza più assurda.>>
Il commissario estrasse la statuetta e la guardò con cura. Al primo esame pareva trattarsi di Pisolo, visti gli occhi semichiusi della riproduzione in gesso. Leggendo la lettera tolta dal solito tubetto, ne ebbe conferma:
DORMI DORMI, MIO NANETTO
NON TI ALZI MAI DAL LETTO
SBADIGLIANDO PASSI LA VITA
IN QUESTA TUA NOIA INFINITA
FATTI PURE UN SONNELLINO
CARO PISOLO DORMIENTE
NEL TUO PICCOLO LETTINO
MORIRAI SPIETATAMENTE
REGINA GRIMILDE
Masson e Neveu rimasero senza parole.
La dottoressa Brunet aprì le braccia, <<non so proprio cosa dirvi. Chiaramente non abbiamo a che fare con un essere normale, anzi, direi che siamo alla follia autentica.>>
<<Hai consegnato gli indumenti al vaglio della Scientifica?>> domandò il commissario.
<<Dovrebbero essere qui a momenti, almeno così mi hanno assicurato.>>
Dopo aver salutato e ringraziato cordialmente la dottoressa Brunet, Masson e Neveu rientrarono in sede intorno alle sette. Successivamente chiesero a Lucas se qualche parente del nano si fosse fatto vivo e se fossero stati trovati dei documenti addosso al cadavere. La risposta del grande capo fu negativa: <<per ora il nulla più assoluto, probabilmente l’assassinato viveva da solo e non aveva congiunti che gli fossero vicini.>>
Masson e Neveu si congedarono e, ognuno con la sua vettura, ritornarono alla propria abitazione.

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Sab Gen 01, 2022 10:42 pm
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Capitolo 19 oggi scritto in un'ora e mezza...ammazza che velocità

CAPITOLO N° 19

Rientrati dalla visita al cardinale Serge Giraud, Masson e Neveu si recarono negli uffici del reparto “Crimini religiosi”. In quel ramo della Gendarmerie si svolgevano le ricerche relative ai crimini contro la religione, alle sette sataniche, e a tutti quei contesti dove imperava un’associazione a delinquere di stampo estremista attinente la fede cristiana. Non lavoravano molto, in quel reparto, più che altro indagavano su truffe di stampo religioso: santoni ciarlatani, divinatori impostori che basavano il loro lavoro sulla ingenuità altrui, associazioni di bricconi celati sotto un falso cattolicesimo che spillavano soldi a creduloni e sprovveduti, generalmente, di età avanzata.
Il direttore del settore “Crimini religiosi” andò loro incontro con un sorriso aperto e disponibile. Era un uomo sulla cinquantina, con un fare piuttosto disimpegnato, come colui che segue due o tre casi all’anno e non si preoccupa più di tanto del lavoro che deve svolgere. Certamente, pensò il commissario ironicamente, il ramo “Omicidi” solitamente ha qualcosa in più da fare.
I suoi subalterni lo chiamavano “Exorciste”, naturalmente quando lui non era presente. In realtà si chiamava Cédric Perrin.
Masson gli spiegò il colloquio avuto con il cardinale e gli illustrò la situazione degli omicidi.
<<Effettivamente non ho mai sentito né visto un Cristo in Croce nero>> asserì il poliziotto, <<comunque posso mettervi a disposizione i nominativi delle sette che teniamo sotto controllo.>>
<<Sarebbe un bel aiuto>> intervenne Neveu.
<<Anche se pensò, anzi, ne sono quasi sicuro, che i simboli di quei fanatici sono del tutto diversi dal crocifisso. Ad esempio, sappiamo che la maggioranza di loro usufruisce di un marchio che fa capo a quasi tutte le congreghe mefistofeliche. Si tratta di un cerchio con una sorta di stella interna a cinque punte, una delle quali punta verso il basso. Si chiama Pentacolo.>>
<<Sono elementi pericolosi?>> chiese Masson.
<<In linea generale assolutamente no, sono quattro stupidi che accoppano qualche gatto nero, che fanno atti blasfemi e miscredenti. Ma si tratta di persone psicopatiche alle quali non dare rilievo. Una delle loro pratiche, questo è quello che abbiamo ricavato, è il sesso di gruppo, etero e omosessuale. Per il resto si limitano a messe nere, azioni anti clero e altre da non prendere in grande considerazione. Certo, vi sono stati casi ove sono morte delle persone. Ma sono stati rari e, generalmente, dovuti all’abuso di sostanze stupefacenti. Insomma, a mio avviso che le sette sataniche c’entrino con gli omicidi dei nani, non ha molta fondatezza.>>
Il colloquio con il direttore della “Crimini religiosi” si protrasse per un’oretta, tempo nel quale l’uomo non fece altro che discreditare l’abbinamento crocifisso sette sataniche. In compenso, Masson e Neveu riuscirono a ricavare alcuni indirizzi di ritrovo delle congreghe più accanite e, siccome erano già le sette di sera, si congedarono e decisero che avrebbero dato corso alle indagini l’indomani nella mattinata.
Masson tornò a casa intorno alle otto. Arielle, come tutte le sere, si lamentò della sua poca presenza in casa.
<<E’ il mio lavoro!>> esclamò lui.
Un sorriso di lei chiuse la disputa.
Intorno alle dieci serali, mentre il commissario giocava una partita a scacchi contro se stesso, il telefono squillò.
<<Ci siamo>> borbottò alzandosi, <<qui c’è un altro cadavere.>>
<<Masson!>> si annunciò alzando la cornetta, <<sì….certo….sì….come?….Ma l’avete preso?….Nella Senna?!….Si è buttato nella Senna?!….La station wagon, certo….va bene, vengo subito.>>
Arielle lo guardò di traverso, <<solito cadavere?>>
<<Se nasco un’altra volta, giuro che faccio il prete!>> abbaiò Masson indossando l’impermeabile.
Pioveva, quando giunse al Pont Debilly. Dal Pont de la Concorde al Pont de Grenelle, circa due chilometri di sponde sulla Senna, decine di auto della Gendarmerie puntavano i fari sul corso del grande fiume illuminando quasi a giorno l‘acqua nera notturna. Altre andavano avanti e indietro controllando ogni anfratto. Centinaia di poliziotti percorrevano con delle forti lampade le banchine parallele all’alveo sforzandosi di individuare movimenti strani nella calma corrente. I cerchi di luce di tre elicotteri si muovevano sulle acque esaminando attentamente ogni frangente anomalo. Anche tre motoscafi della Gendarmerie percorrevano il grande corso d’acqua in cerca del fuggitivo.
Il commissario scese gli scalini che dalla strada sovrastante andavano giù sulla banchina che passava sotto il Pont Debilly. Neveu l’aveva avvisato che la sacca con il cadavere era stata trovata sotto quel viadotto.
Lì, ammassati intorno alla sacca con il cadavere, i poliziotti si passavano informazioni su ciò che era stato visto.
<<E’ saltato in acqua!>> esclamò Neveu quando il commissario gli giunse al fianco.
<<Com’è successo?>>
<<Capo, io non c’ero ma, da quello che mi hanno detto, una pattuglia ha intercettato la station wagon proprio qui sopra, parcheggiata nelle adiacenze del ponte. Hanno spiegato che sono scesi dalla vettura e hanno guardato da sopra notando una sorta di frate che metteva la sacca proprio sotto qui.>>
<<E poi?>>
<<Quando hanno intimato il fermo allo strano monaco, lui ha depositato la sacca e si è gettato nella Senna scomparendo nella corrente.>>
<<Ma con questo freddo!>> disse Masson allibito.
Neveu si passò il naso con la mano, provando ad asciugarlo dalla pioggia che inzuppava tutto. <<Non so cosa dirti, Jacques. Appena fatta segnalazione in centrale, tutto si è mosso ma, ovviamente, per pattugliare due chilometri di fiume ci sono voluti almeno quaranta minuti. Penso che l’assassino abbia fatto in tempo a salire su una sponda più in giù e fuggire, visto che fino ad ora non vi sono riscontri positivi.>>
Dopo più di un’ora di ricerche fu trovata, a sette chilometri più a sud, una barca a remi che dondolava senza governo assecondando i leggeri gorghi della Senna. Chiaramente il fuggitivo si era servito di quella.
Sotto un’acqua torrenziale, che pareva una cascata, la sacca con il corpo venne caricata sull’autoambulanza che partì immediatamente verso la clinica della Medicina Legale. Nello stesso frangente la station wagon fu caricata da un carro attrezzi per essere trasportata alla Gendarmerie e sottoposta alle verifiche della Scientifica.
A mezzanotte passata, dopo l’accordo di vedersi la mattina seguente, Masson e Neveu tornarono nelle proprie abitazioni.

<<Una cimice e i relativi altoparlanti ricettori>> confermò Maurice al telefono.
<<No, non sono impazzito!>> esclamò, <<una cimice con i relativi ricettori e una pianta dello stabile del vescovo di Parigi, nelle vicinanze del Musèe Rodin.>>
<<No, Lemoine, non sono fuori di testa. Dimmi solo se puoi farlo, se non riesci dimmi di no che tutto si chiude e restiamo amici come prima.>>
Dopo qualche minuto di silenzio, Maurice fece un cenno positivo con il capo. <<Va bene, allora ci vediamo stasera a cena>> concluse attaccando il telefono.
Cassandre lo fissava seduta sul piccolo divano in soggiorno, con gli occhi spalancati e pieni di ansia, <<allora?>>
<<Non mi ha garantito nulla, ha solo detto che siamo completamente pazzi.>>

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Sab Gen 01, 2022 10:40 pm
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<<La cimice e la pianta?>>
<<Cercherà di procurarli questo pomeriggio>> asserì Maurice, << verrà stasera a cena, con o senza il materiale richiesto.>>
<<Vedrai che ce la farà>> ribatté Cassandre con fare ottimistico.
Le pulizie del piccolo appartamento impegnarono i due giovani per tutto il pomeriggio. Ogni quarto d’ora scappava uno sguardo all’orologio appeso sulla parete dell’anticamera. Il fatto che Lemoine riuscisse o meno a procurare ciò che gli avevano chiesto, incernierava il tempo e non lo faceva scorrere.
Cassandre, forse per scaramanzia, prese una decisione importante: smantellare lo spazzolino sopra il capo lasciando i capelli neri liberi di sovrapporsi a quelli biondi del corto caschetto. Quando uscì dal bagno con la capigliatura asciutta, lasciò Maurice con gli occhi spalancati e la lingua a penzoloni. <<ma….ma….cosa hai combinato?>> disse il giovane con un fil di voce.
<<Ero stanca di quella specie di cresta di gallina, ho chiuso!>>
<<Se prima eri bella, ora lo sei ancora di più>> dichiarò lui, accostandosi e accarezzandole la chioma bicolore.
Lei divenne leggermente rossa in viso e lo abbracciò con affetto, <<per un bello ci vuole una altrettanto, ecco perché mi sono tolta il setolino.>>
Risero insieme e, dopo aver giocato un po’, fecero l’amore con bramosia.
Finalmente, intorno alle sette di sera, il citofono gracchiò il suo fonema scatenando nei due una vampata di panico.
<<Lemoine…>> sentì Maurice nel piccolo altoparlante del citofono.
Cassandre era intenta a oliare tre tranci di filetto di manzo da gettare sulla piastra che si stava scaldando sul fuoco.
Varcando la porta d’entrata, il direttore dell’ “Archivio Prove” aveva sotto braccio una scatola di cartone chiusa con del nastro e si muoveva esternando un viso incredulo e pessimista. <<Voi due vi state cacciando in un vespaio>> asserì togliendo il cappotto, <<pensateci bene!>>
<<Hai procurato tutto?>> gli chiese Maurice.
<<Quello che mi hai chiesto: la cimice con ricettore e registratore e la pianta dello stabile del vescovo. Non è stato facile assicurarsi la carta del palazzo vescovile, ho dovuto farmi aiutare da un collega per entrate negli uffici del catasto urbano.>>
<<Ma sei sicuro che sia aggiornata?>>
<<E’ di sei mesi fa, più aggiornata di così!>>
Il filetto di manzo ebbe vita breve, scomparendo insieme ad una fresca insalata rossa invernale nelle fauci dei tre giovani. Anche una bottiglia di vino rosso durò poco, soccorsa, subito dopo, da un’altra della stessa marca.
<<Sono un po’ preoccupato>> asserì Lemoine, <<mentre usciva la pianta dello stabile dalla stampante, è passato Lucas che ha visto ma non ha detto nulla.>>
Maurice si passò uno sguardo con Cassandre, <<speriamo che non ci abbia fatto caso>> disse grattandosi un orecchio.
Dopo cena Lemoine levò dalla scatola la cimice, il ricettore e il mini registratore collegato. <<La cimice andrà fissata togliendo la cartina che isola la parte adesiva sul retro. Il ricettore e il registratore allacciato memorizzeranno voci e rumori per circa 3 giorni.>>
<<Che gittata hanno?>> domandò Cassandre.
Lemoine allargò le braccia, <<indicativamente, la cimice tre o quattro metri secondo i rumori che vi sono intorno; il ricettore circa trentacinque chilometri, anche qui dipende dalle onde e dalle case che l’emissione dovrà oltrepassare.>>
Discussero sino alle dieci sulla fattibilità dell’operazione. Lemoine, assolutamente contrario, Cassandre favorevole, e Maurice forzatamente disponibile.
Quando il capo dell’ufficio “Archivio Prove” se ne andò, con consistenti raccomandazioni di lasciar perdere, i due giovani si misero al tavolino con la mappa del palazzo del vescovo.
I tracciati dei locali e delle entrate erano chiari e ben interpretabili. Vi erano due piani fuori terra e uno interrato. La chiesa, piccola e rettangolare, era in quest’ultimo. Svariate camere costituivano il primo piano, probabilmente abitate dai vari religiosi che vi soggiornavano e dormivano. Il piano rialzato era composto da molteplici uffici, stanze ad uso libreria, locali di servizio e l’enorme studio del vescovo. Sulla mappa si notavano la strada con l’entrata principale al palazzo, altri edifici sul frontale e vari stabili limitrofi a quello religioso. Uno di questi, in particolare, attirò l’attenzione dei due giovani: aveva il cortile adiacente a quello della costruzione ecclesiastica, solo un muro li divideva, peraltro, anche abbastanza basso da poter essere scavalcato.
La chiesa, oltre ad un’entrata interna al palazzo, aveva la canonica con l’uscita proprio sul cortile additato dalla giovane.
Maurice si passò i capelli con la mano, <<credo di avere un’idea>> annuì indicando il percorso con le dita, <<ci introduciamo nel condominio affianco, superiamo la portineria e ci rechiamo nel cortile con il basso muro, poi lo scavalchiamo entrando in quello del vescovado. Scassiniamo la porta che accede nella canonica e, da lì, ci ritroviamo direttamente in chiesa. Il resto penso sia facile.>>
<<Applichiamo la cimice all’interno del confessionale e poi ce ne andiamo da dove siamo venuti>> si aggiunse Cassandre.
<<Bene>> chiese lui, <<quando vogliamo cominciare?>>
<<Questa notte.>>
<<Questa notte?!>>
<<Questa notte.>>
Maurice si recò alla finestra, <<troppa pioggia! Lasceremo impronte su tutti i pavimenti della chiesa!>>
<<Penseranno ad un furto>> ribatté lei.
Guardando sulla mappa del palazzo, studiarono il progetto fin nei minimi particolari. Dopodichè, iniziarono a fare i preparativi per l’incursione notturna, ignari che, proprio nello stesso istante e a pochi chilometri più in là, mezza Gendarmerie, Masson e Lucas, erano impegnati nella strenue caccia al presunto monaco sulle rive della Senna.

L’alba del giorno dopo vedeva Masson varcare il grande portone d’ingresso della Gendarmerie. Prima di andare nel suo ufficio, era passato dal direttore della Scientifica Martin Picard per avere informazioni sulla station wagon. Lo specialista gli aveva risposto che gli esami erano in corso, ma sarebbero stati pronti non prima delle quattro del pomeriggio.
Nel suo ufficio il commissario trovò un incartamento della “Crimini Religiosi” firmato Cédric Perrin, detto l’ “Exorciste”. Il fascicolo riportava i nomi, gli indirizzi e i presunti gradi di pericolosità di una serie di sette sataniche e affiliati del diavolo: bassa, media, alta e rischiosa.
Masson chiamò Neveu nell’intercomunicante e gli ordinò di recarsi da lui.
<<Passato bene la notte, capo?>>
<<Tra un risveglio e l’altro….>>
Neveu si sedette sulla sedie di finta pelle e prese gli incartamenti della “Crimini Religiosi” iniziando a sfogliarli. <<Non vorrai mica….?>>
Masson arricciò il naso, <<certamente! Dobbiamo giocare ogni carta.>>
<<Dieci minuti fa mi ha telefonato la dottoressa Brunett, dicendomi che nel secondo pomeriggio saranno pronti gli esami autoptici del cadavere del nano>> asserì Neveu, cambiando discorso.
Il commissario non rispose, facendo ballonzolare con la mano destra una biro nera che stazionava sulla scrivania. <<Non so più cosa fare>> bisbigliò senza vigore, <<in dieci giorni, tre cadaveri. Non mi è mai capitato di brancolare nel buio in questo modo.>>
I fatti gli davano ragione. Avevano intentato tutte le strade disponibili, secondo una logica
sequenziale: la xenofobia, il ramo seriale, i giovani di estrema destra, l’incursione nella villa di Alrich Hofmann, Renard Tristan il pazzo che aveva torturato un nano, insomma, non era stato lasciato nulla al caso, finanche le sette sataniche erano state tirate in ballo. C’era da scoraggiarsi, pensò Masson.

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Sab Gen 01, 2022 10:38 pm
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<<Oggi, nel tardo pomeriggio esamineremo gli esami della Scientifica e quello della Medicina Legale>> disse, poco dopo, <<qualcosa dovrà pur saltare fuori dalle analisi della station wagon, voglio dire, qualche impronta, traccia biologica, in fin dei conti abbiamo la certezza che la vettura sia quella usata nei rapimenti.>>
<<Quando hai intenzione iniziare le investigazioni sulle sette sataniche?>> chiese Neveu, <<noto che hai già sfogliato il protocollo della “Crimini Religiosi”.>>
Masson si mise a sgranocchiare il cappuccio della biro, <<salvo novità dalla Scientifica, questa notte.>>
<<Così presto?!>>
<<Cristo santo, Neveu!>> abbaiò il commissario, lanciando la biro da un lato, <<se hai un’idea migliore proponila.>>
<<Va bene, capo, non ti arrabbiare.>>

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Gio Dic 30, 2021 11:12 pm
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Ok ora il capitolo 18....grazie Nanni per  tuoi elogi, ma sono io che ringrazio te di avermi messi a disposizione un forum così variegato e bello. Bé sed quella gentil signorina si mettesse in contatto potremmo collaborare alla ricerca del romanzo "impossibile".




CAPITOLO N° 18
Usciti dall’ufficio di Lucas, Masson e Neveu si recarono al bar interno alla Gendarmerie. Erano le nove della mattina e, a quell’ora, il locale era vuoto. Si iniziavano a vedere clienti solo verso le undici quando, prassi consolidata, vi era la pausa caffé.
I due poliziotti, invece, si erano fatti servire un te al tavolino. Centellinando la calda bevanda si passavano sguardi sconcertati e non aprivano bocca. La piega presa dagli ultimi eventi, richiedeva una meditazione dettagliata. Le testimonianze degli habituè dei ponti non avevano dato risultati classificabili. Le presunte validità su un movente xenofobo si erano disfatte nel corso dei giorni. Il supposto coinvolgimento di Alrich Hofmann era stato sgonfiato dagli accertamenti della Scientifica. La mancanza di impronte, l’assenza di prove biologiche e non, di un movente specifico e catalogabile, facevano risultare il tutto al pari di un sospiro in inverno in una valle satura di nebbia.
<<Cristo santo, siamo nella mer.a>> tuonò Masson, sbuffando.
Neveu lo guardò e assentì senza parlare.
<<L’unica pista che ci resta da battere è quella del crocifisso bianco e nero>> dichiarò il commissario.
<<Io, invece, ho un’altra idea>> replicò Neveu.
<<Finalmente qualcuno che escogita qualcosa>> ironizzò Masson.
Il collega si grattò la testa, <<il primo cadavere è stato trovato sotto il Pont d‘léna, il secondo quattro ponti più a nord, ossia sotto quello De la Concorde, a poche centinaia di metri dal primo. Voglio dire, pare che le sacche con i corpi siano state lasciate secondo uno schema fisso e paranoico sotto i ponti sulla Senna. Il motivo ancora non lo sappiamo, ma credo che anche il terzo avrà la stessa collocazione.>>
<<E con questo?>>
<<Se noi posizionassimo delle pattuglie in quelle zone, prima o poi il rapitore dei nani si dovrebbe fare vivo.>>
Il commissario stette qualche attimo a pensare ma poi, come un forsennato, si alzò e fece cenno al collega di seguirlo.
Una mezz’ora dopo, nella grande camera delle riunioni, Masson, Neveu e Lucas si trovavano in piedi davanti ad una trentina di subalterni, facenti parte la sezione Omicidi, seduti ordinatamente di fronte a loro.
Il commissario passò uno sguardo a tutti e prese la parola, <<i punti dove sono stati rinvenuti i primi due cadaveri dei nani sono: il Pont d’léna e quello de la Concorde>> Masson si girò e prese la cartina di Parigi, <<in questo tratto del nostro fiume si trovano almeno una decina di cavalcavia, di fatto, tra i due ponti dei ritrovamenti ve ne sono altri quattro>> con calma li lesse, <<il Pont Alexandre III, quello des Invalides, il Pont de l’alma e il Debilly.>>
I poliziotti lo fissarono con aria incuriosita.
<<Abbiamo motivo di ritenere che il terzo cadavere sarà abbandonato sotto uno di questi ponti o quelli attigui>> proseguì Masson, <<presupposto per il quale, dovrete fare delle pattuglie di tre o quattro macchine che controllino incessantemente la decina di ponti di quel tratto della Senna. Non mi interessa con che turni o chi voglia fare la notte o il giorno, ma il luogo dovrà essere costantemente controllato!>> Il commissario prese un pacco di fotografie dalla scrivania, <<ad ogni pattuglia sarà consegnata la foto della station wagon scura che presumiamo essere del rapitore o dell’assassino. Il vostro compito sarà quello di intercettare ogni circostanza, fatto o evento, che vi possa risultare strano, con una particolare attenzione alle vetture con le caratteristiche di quelle delle foto.>>
Uno dei responsabili degli agenti alzò la mano.
Masson fece cenno di parlare.
<<Da quando dovremmo cominciare?>>
<<Da subito!>>
Dopo un mormorio generalizzato, gli agenti si alzarono e uscirono ordinatamente dalla sala riunioni.
Avevano pranzato nel ristorante a buon mercato attiguo al distretto, Neveu e Masson. Dopodichè si erano premurati di ritirare nella sezione “Archivio Prove” il crocifisso rinvenuto nelle mani dei due cadaveri e i fogli di pergamena con le assurde poesie, con l’intento di sottoporre i due reperti all’esame di un esperto di simboli religiosi. Questi non poteva che essere il cardinale Serge Giraud, navigato conoscitore degli emblemi cattolici, oltre che esperto teologo e specialista nei testi antichi della chiesa.
Pressappoco alle tre del pomeriggio, una vettura della Gendarmerie si fermò nei paraggi del centro di Parigi, dove aveva sede il palazzo del cardinale Giraud. Dopo aver mostrato i distintivi all’entrata, Masson e Neveu furono fatti accomodare nella sala d’attesa confinante con l’ufficio dell’alto prelato.
Anziano, ma ben tenuto e con un fare giovanile, il cardinale si presentò loro con un sorriso di benvenuto.
<<Non è certo un bel simbolo rappresentante il sacrificio di nostro Signore!>> esclamò quando esaminò il crocifisso. <<Croce bianca e Cristo nero….mai visti oggetti del genere. A mio modesto avviso qualche pazzo deve averli costruiti personalmente con mezzi artigianali.>>
<<Lei vorrebbe dire che le ditte costruttrici di simboli religiosi non fabbricherebbero un oggetto di questo genere?>> chiese Masson.
<<Non credo proprio! Un Cristo nero poi, siamo al paradosso!>>
<<Perdoni la mia ignoranza, eminenza>> intervenne Neveu, <<ma di che colore dovrebbero essere i crocifissi, diciamo, in regola?>>
<<Non ci sono tinte ben definite. Di solito la Croce è in legno o similari, al limite, anche nera. Ma il Cristo è quasi sempre bianco, oppure di bronzo o affini. Mai ho visto un crocifisso con nostro Signore di colore nero.>>
Masson pressò gentilmente, <<chi e perché potrebbe essere vincolato alla costruzione di un simile oggetto artigianale? Un religioso non credo.>>
Il cardinale generò una smorfia, <<se può esservi d’aiuto, posso considerare che quel crocifisso possa essere stato realizzato da qualche setta satanica, fautori del demonio, insomma.>>
I due poliziotti si fissarono negli occhi. Il fatto che un alto prelato del livello di Giraud facesse tali dichiarazioni, era da tener in assoluta considerazione.
<<Certo….>> replicò Masson, fissando un quadro dietro la testa di sua eminenza, <<una setta demoniaca….potrebbe essere….non ci avevamo pensato.>>
Neveu levò dalla borsa le due pergamene con le macabre poesie, <<e di queste cosa può dirci?>> chiese passandole al religioso.
Dopo averle lette, il cardinale Giraud fece una smorfia, <<credo che dovreste chiarirmi il motivo della vostra visita o, perlomeno, spiegarmi che significato avrebbero questi oggetti che mi avete presentato.>>
<<Fanno parte dei reperti raccolti in due omicidi.>>
<<Ah, sì, certo, quelli dei nani, l’ho letto sui giornali. Una cosa orrenda!>>
Masson additò le pergamene.
Giraud le controllò con una lente d’ingrandimento, le tastò con le dita e fornì la sua valutazione. <<Una carta di secoli fa. I libri religiosi d’epoca, avevano indistintamente le ultime pagine non scritte. Questo per poter aggiungere valutazioni o prolungamenti del testo da parte del clero. Sono quasi sicuro che si tratta delle facciate finali di un libro ecclesiastico.>>
Non vi era spazio per alcun dubbio, l’alto prelato aveva certificato quasi sicuramente un
coinvolgimento di qualche setta satanica e cose di questo genere. Masson e Neveu se lo scrissero nella mente e, quando uscirono dal grande palazzo, salirono sulla vettura della Gendarmerie senza aprir bocca. Solo nel ritorno Masson manifestò la sua intenzione di accendere un’indagine sulle congregazioni sataniche. Neveu fu d’accordo.

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Gio Dic 30, 2021 11:07 pm
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Nella mattinata, sonnolenti e memori della barbarica intrusione notturna dell’estraneo con il saio addosso, Cassandre e Maurice stavano parcheggiando davanti al palazzo del vescovo. Il fatto di dover parlare con il giovane segretario di monsignore, che aveva passato loro il nome di fra’ André, era una priorità assoluta.
Mentre scendevano dalla vecchia vettura di Maurice, Cassandre si arrestò pensierosa. <<Questo non mi era venuto in mente!>> esclamò, guardandosi intorno.
<<In mente, cosa?>>
<<Se questi crocifissi sono, chiamiamoli, fuori regola e anche in un certo senso blasfemi, mi domando perché quando fra’ André ci ha mostrato il suo, fra’ Vincent, l’abate priore, non abbia sollevato alcuna obbiezione, anzi, pareva quasi che sapesse in anticipo il colore nero del Cristo in croce.>>
<<Vuoi dire che anche lui potrebbe essere implicato?>> domandò Maurice.
<<Non dico questo, ma ricordo perfettamente come se fosse ora, che il priore non ha fatto una piega quando fra’ André l’ha mostrato. Come mai?>>
Il giovane stette un attimo pensieroso, ma poi rese manifesta l’intenzione di procedere per gradi.
<<Questo si può mettere in conto, Cassandre, però facciamo un passo per volta.>>
Il tempo su Parigi stava iniziando a guastarsi, di fatto, quando suonarono al palazzo vescovile, qualche goccia cadeva al suolo sollevando il peculiare odore di terra bagnata.
Il portone si aprì e, con fare sorpreso, si presentò il segretario del vescovo. Era un prete molto giovane, sulla trentina o anche meno, ed aveva un fare sfuggente, quasi impaurito. Quando l’avevano visto la prima volta, Cassandre e Maurice non si erano accorti di quel modo strano di comportarsi o, verosimilmente, non ci avevano fatto caso. Sotto la veste clericale, si notava un fisico asciutto, magro, con una statura medio bassa e una lucida pelata sopra un viso smunto ed esangue.
<<E ora cosa volete?>> li accolse il prete con un fare infastidito.
<<Vorremmo fare quattro chiacchiere, appunto>> rispose Maurice.
<<Vi ho già detto quello che sapevo, che altro dovrei dirvi?>>
<<Le ripeto, solo rispondere ad alcune nostre domande.>>
Il religioso sbuffò facendo cenno di entrare.
Percorso un passaggio interno, si ritrovarono nell’ufficio del vescovo con il prete che faceva cenno loro di accomodarsi.
<<Monsignore non c’è?>> chiese Cassandre.
<<E’ partito due giorni fa, ma non so dove si sia recato. Io faccio le sue veci.>>
Il giovane ecclesiastico parlava con un certo timore, come se qualcosa o qualcuno lo angustiasse.
<<Posso domandarvi il motivo della visita?>> chiese poco dopo.
Maurice aprì le braccia, <<non abbiamo una motivazione specifica, ma vorremmo che lei ci chiarisse alcune cose su fra’ André.>>
<<Sono stanco di questa storia, non ne posso più!>>
<<In che senso, padre, non le stiamo mica facendo un interrogatorio giudiziario.>>
L’uomo di chiesa generò una smorfia, si recò alla porta e guardò fuori. Quando rientrò fece cenno di discorrere senza alzare la voce. I due giovani si passarono sguardi allibiti, non percependo il suo modo di fare.
<<Se voi sapeste quello che devo tenermi dentro, capireste il mio comportamento.>>
<<In che senso, padre?>> chiese Cassandre.
<<Voi state indagando sugli omicidi di quei poveri nani e, avendo trovato il famoso crocifisso bianco con il Cristo nero, siete venuti da me per ottenere delle informazioni. Vi dovreste accontentare che vi ho dato un nome, per il resto non posso dirvi nulla.>>
Cassandre spalancò gli occhi marroni, <<se lei dice “non posso”, significa che è al corrente di fatti relativi agli omicidi.>>
<<Cerco di farvi capire>> proseguì il prete, <<come gli avvocati, i giudici e altre categorie professionali, anche noi siamo sottoposti al segreto della confessione.>>
<<Ci dica di più>> lo pressò Maurice.
<<Cosa devo dirvi, che conosco l’assassino?>> bisbigliò il religioso, <<che sono al corrente dei motivi di quegli efferati omicidi? E’ questo che volete sentirvi dire?>>
<<Vorremmo solo un aiuto per porre fine a questa barbarie>> ribatté Cassandre.
<<Lo vorrei tanto, ma ho dei vincoli inviolabili.>>
<<Certo>> si alterò Maurice, <<i suoi, chiamiamoli, vincoli, non fanno altro che metterla nella condizione di assecondare delle menti malate! Praticamente, lei è complice di quegli omicidi!>>
Il prete arrossò in viso e mostrò le vene del collo gonfiarsi, <<come si permette?! Io ubbidisco solo alla legge cristiana e della chiesa! La quale obbliga colui che esercita il sacramento della confessione al segreto professionale, null’altro!>>
Cassandre prese il braccio del compagno e gli fece cenno di calmarsi. Poi si rivolse all’ecclesiastico, <<almeno ci metta sulla strada buona.>>
L’uomo di chiesa stava ancora sbuffando ma, alle parole della giovane, si calmò gradualmente.
<<Quello che posso dirvi, non deve in alcun modo sfiorare le parole che ho sentito nel confessionale.>>
<<Ci provi, padre.>>
<<DNA>>
<<DNA?>> strabiliò Maurice.
<<Sapete cos’è il DNA?>>
Cassandre s’intromise, <<il nostro documento genetico, all‘incirca.>>
<<Esatto>> disse il prete a voce bassa, <<quindi dovrete cercare nei documenti genetici, ossia, nei DNA.>>
<<Dei morti o dei vivi?>>
<<Dell’assassino!>> esclamò il prelato, lasciando i due giovani senza voce.
Vi fu un attimo di silenzio, nel quale le menti di Maurice e Cassandre vorticavano in quelle parole gettate lì come un macigno.
Poco dopo, Cassandre mise le mani giunte quasi a pregare, <<ci dica di più, padre, la scongiuro!>>
<<Cosa volete che vi dica, cose che non posso dirvi? Non dormo più la notte, sono costretto a inghiottire ansiolitici, la mia posizione è delle più terribili!>>
Maurice provò ad agire con furbizia, <<deve solo rispondere sì o no a delle nostre domande, senza dire nomi e tranciare il suo segreto professionale.>>
Il prete stette qualche attimo a pensare, ma poi annuì <<proviamoci.>>
La prima domanda venne da Cassandre, <<lei sa chi è l’assassino?>>
<<Sì.>>
<<Però non può dircelo per il segreto professionale, giusto?>>
<<Esatto.>>
Intervenne Maurice, <<l’assassino agisce da solo?>>
<<No.>>
<<Sono in due?>>
<<No.>>
<<In tre?>>

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Gio Dic 30, 2021 11:06 pm
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<<Signor Maurice non insista, non posso dirle di più.>>
S’inserì Cassandre, <<ma per quale motivo questi tre dovrebbero uccidere proprio dei nani?>>
<<DNA.>>
La giovane si grattò la testa, <<una questione di parentela stretta?>>
<<Molto stretta.>>
<<Dove si svolgono queste uccisioni?>>
<<No comment.>>
Cassandre insistette, <<questa….parentela….in che modo può essere un movente per gli assassini?>>
Il religioso si fermò un attimo a pensare, poi rispose, <<posso dirvi un’ultima cosa, dopodichè non mi chiedete più nulla: il grado di parentela è il più stretto che ci possa essere.>>
<<Vuol dire genitori e figli?>>
<<Sì.>>
<<Non capisco il nesso tra gli omicidi con genitori e figli?>> insistette Cassandre.
<<Ora basta!>> sbottò il prete, <<vi ho già detto troppe cose. Vi prego di andarvene!>>
Maurice fece una smorfia, << si rende conto, padre, che ci saranno altre uccisioni?! Si rende conto che se lei parlasse potrebbe salvare delle vite umane?!>>
<<Vi prego di andarvene, non mi costringete a chiamare i vostri colleghi!!>>
I due giovani, insieme al religioso, si avviarono verso l’uscita del grande stabile ecclesiastico. Nel momento in cui arrivarono sulla soglia del largo portone, il prete li fermò, <<non dite a nessuno quello che vi ho riferito. Potrei ritrovarmi nei guai seri.>>
Cassandre annuì e, insieme a Maurice, raggiunsero la vettura parcheggiata nei paraggi.
Quando salirono tentarono di fare il punto della situazione.
<<Secondo quello che ha detto, gli assassini dovrebbero essere tre>> asserì Cassandre, fissando le gocce di pioggia che si spezzettavano sul parabrezza.
<<Sì, ma perché tre persone dovrebbero uccidere dei nani? E’ paradossale!>> replicò Maurice.
<<Non v’è nulla di paradossale!>> obiettò lei, <<abbiamo le prove che fra’ André sia coinvolto, abbiamo detto che l’abate priore potrebbe esserlo vista la noncuranza verso il crocifisso con il Cristo nero e abbiamo colui che si confessa. Quindi, due più uno fa tre. Già abbiamo tre riferimenti….>>
<<Il prete, comunque, ha menzionato tre persone, dal nostro conto ne manca una.>>
<<Probabilmente è la stessa che ci ha fatto visita questa notte e che lui non conosce.>>
Maurice inserì la chiave d’accensione nel cruscotto, <<un puzzle con quattro tasselli. Teoricamente due sono già inseriti, ce ne mancano altrettanti da scoprire.>>
La vettura si accese e Maurice partì diretto verso casa sua.
<<DNA, poi, cosa avrà voluto dire?>> insistette lei.
<<Che vi è di mezzo una storia di parentela.>>
<<Genitori e figli, in che modo possono essere collegati a quegli omicidi? E perché?>>
Maurice tirò il fiato, <<soldi, eredità, vendette, mille possono essere le ragioni.>>
<<Quel prete non mi convince>> asserì lei, <<se fra’ André e fra’ Vincent sono fissi nell’abbazia, come avrebbero fatto a confessarsi da lui.>>
<<Appunto, l’abbiamo appena detto, colui che si è fatto confessare dal segretario del vescovo potrebbe essere il terzo assassino.>>
Cassandre spalancò gli occhi marroni, <<credo che sarebbe meglio mettere una cimice nel confessionale del palazzo del vescovo.>>
<<Ma ti rendi conto cosa stai dicendo?!>> strabiliò lui.
<<Avranno una piccola chiesa con il confessionale in quell’edificio.>>
<<Credo di sì, ma, voglio dire, dove andiamo a prendere una cimice?>>
<<Alla Gendarmerie.>>
La leggerezza con la quale la giovane si esponeva, disarmò Maurice che restò attonito.
<<Perché mi guardi in quel modo?>> domandò lei.
Lui s’incupì, <<guarda che se ci beccano a profanare un palazzo religioso e, men che meno, a mettere delle cimici, ci ficcano in galera seduta stante senza neanche chiederci il motivo del nostro gesto. Del resto, non è facile far uscire dalla Gendarmerie una cimice con i suoi ricevitori! Ci vuole un’autorizzazione!>>
<<Ma quale autorizzazione, basta chiedere a Lemoine e il gioco è fatto.>>
Maurice la guardò di traverso, <<sì, già, perché Lemoine è Aladino che sfrega la lampada e fa uscire una cimice con accessori.>>
<<Come la metti giù dura, Maurice, oggi prova a contattare Lemoine e vedrai che te la procurerà.>>
Senza più aprir bocca, parcheggiarono davanti alla casa di lui, scesero dalla vettura e salirono velocemente nell’appartamento.

A Nanni e Dalila piace tantissimo ♥♥♥♥

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