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Lun Dic 20, 2021 2:53 pm
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Ci sta , Ale che ci sia tra le righe di un giallo dei momenti di sesso per rendere tutto più umano.


Tranquillo siamo tutti adulti e vaccinati...anzi super vaccinati   Fantasink & company - Pagina 10 1756524420 il libro è avvincente , non mi aspettavo cosi ricco di situazioni e si legge bene.


Bravo !  Fantasink & company - Pagina 10 1557104008 I tuoi "mattoncini" aumentano  Fantasink & company - Pagina 10 720805651  Buon pomeriggio e buona continuazione 
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Dom Dic 19, 2021 10:47 pm
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Cari amici nell'ultimo post vi è una scena di sesso, ma scritta in maniera dolce e contenuta...chiaramente un romanzo che si rispetti contiene qualche scena di sesso, spero che qualcuno non si scandalizzi...ma non credo perché non vi è nulla di trascendentale.

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Dom Dic 19, 2021 10:45 pm
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<<Penso che non ho mai visto una donna così bella.>>
Era sicura che sarebbero arrivati a quel momento d’intimità, ne era conscia. <<Anche tu sei molto carino>> disse accavallando le gambe.
Lui si alzò dalla sedia e le si sedette accanto sul piccolo divano. Cassandre percepì un brivido nella schiena quando le posò la mano sulla spalla. Si fissarono negli occhi in silenzio. Ma era un silenzio carico di significati. Lui si avvicinò quasi a toccarla con il corpo. Lei ebbe un secondo forte brivido e sentì la mente cedere a quella iniziativa.
Era un bel po’ di tempo che Cassandre non aveva rapporti sessuali. Un po’ per lo studio, un po’ perché non trovava quello giusto. Ma qui era diverso. Tutto le girava in una trottola di sensazioni in parte dimenticate.
Maurice la tirò a sé. Lei si lasciò andare, sentendo la bocca umida maschile appoggiarsi delicatamente alla sua. Percepì la lingua che le penetrò le labbra. Con la sua iniziò a giocarci. Maurice la strinse ancora più forte e, insieme, si legarono in un lungo bacio. Lui, poi, si staccò e la prese in braccio. Cassandre si avvinghiò con tutta la sua forza. In camera, si spogliarono a vicenda con foga e bramosia. Seminudi, si lanciarono sul letto cinti in un bacio continuo. Cassandre avrebbe voluto aspettare ancora un po’ di tempo, prima di fare sesso, ma quel giovane era dolcemente impetuoso, tanto che la sua resistenza si tramutava in un desiderio incontrollabile. Lui le mise la bocca nelle cosce e Cassandre aprì le gambe con un sussulto. Continuò per molto tempo, tanto da farla tremare nell’orgasmo. Poi, Maurice le andò sopra e lei si concesse alzando le gambe di lato. La penetrò delicatamente sino a farla gemere. Iniziò la danza dell’amore, dolce, ma al tempo stesso sensuale e veloce. Cambiarono posizione. E poi ancora. E poi di nuovo. Cassandre e Maurice vennero insieme e si tennero stretti in quell’orgasmo consenziente e desiderato.

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Dom Dic 19, 2021 10:42 pm
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Hofmann proseguì alzandosi e andando verso una libreria, <<quello che posso fare, è darvi degli indirizzi di sette di estrema destra, anche se i vostri colleghi della sezione “Tumulti Politici” dovrebbero averle. Più di ciò, non saprei proprio come impostarvi.>>
Più lo guardava, più a Masson venivano dei dubbi. Ai suoi occhi, quell’uomo non era sincero. Non che avesse a che fare con il caso, certo, ma lo sguardo e quegli iridi azzurri freddi gli davano una sensazione di disagio, una sorta di sesto senso gli spifferava che Hofmann non la raccontava giusta. Per lui, il tedesco era al corrente di certi fatti che non voleva far trasparire, insomma, c’era qualcosa che non gli quadrava.
<<Potrei sapere dove si trovava la notte tra il 9 e il 10 novembre?>> chiese.
<<Quella dell’omicidio del nano? Non saprei….come posso ricordare?>>
<<Si sforzi un attimo, signor Hofmann.>>
<<Commissario, che intende dire? Non penserà forse che….?>>
<<No….no….era solo una domanda.>>
<<La notte del 9.…sì….mi pare che ero ad una riunione della “Comunità Tedesca”….però non ricordo di preciso….>>
Pareva titubante, come se qualcosa lo turbasse. A Masson cascò sotto gli occhi il movimento della cassa toracica: si muoveva più rapida in un respiro accelerato da un’ansia chiaramente rilevabile.
<<Sono passati solo cinque giorni, come può non ricordare?>>
<<Commissario, lei ricorda cosa ha fatto cinque giorni fa?>>
Masson ebbe un tremito. La sua stessa memoria non gli passava l’informazione. <<Bha, lasciamo perdere>> bisbigliò arrossando.

Un’occhiata rapida all’orologio da polso, fece capire a Cassandre che Maurice era in ritardo. Si erano accordati per le sette di tardo pomeriggio, ma ora erano le sette e quindici. Lo zio non era ancora arrivato, probabilmente alla Gendarmerie le cose si erano allungate più del previsto.
Uno stridio di gomme attirò la sua attenzione. La Renault del ragazzo si era fermata davanti a lei.
<<Scusa il ritardo>> fece ammenda Maurice, <<ma con il traffico di Parigi si sa quando si parte ma non quando si arriva.>>
Cassandre salì sorridendo.
Andava veramente forte, il giovane, causandole non pochi fastidi di carattere ansioso, <<non hai mica la polizia alle spalle per andare così>> disse con le mani saldate alla maniglia laterale.
Una risata scoppiò tra i due.
Parcheggiarono davanti al palazzo di lui, salirono con l’ascensore ed entrarono nel piccolo appartamento. Una rapida occhiata fece capire a Cassandre che l’ordine, in quella casa, era un truce optional.
<<Scusa il casino>> si giustificò il ragazzo, <<ma negli ultimi giorni non ho avuto tanto tempo per queste cose.>>
Lei fece una smorfia e si grattò il naso, <<ti hanno dato le ferie?>>
<<Due settimane da domattina.>>
<<Allora possiamo partire con le indagini?>>
<<Cassandre, prima dobbiamo parlarne accuratamente.>>
Pareva un rifiuto, tacito, ma pur sempre ne aveva l’apparenza.
<<Io vivo qui>> disse Maurice, mostrandole l’appartamento.
Era veramente microscopico, di quelli che una copia avrebbe fatto fatica a viverci: si notava un soggiorno di una decina di metri quadrati, con messi alla rinfusa i mobili, il tavolo e un divano vecchio e scalcinato; in un lato del locale vi era la cucina ridotta all’osso: lavello, due mobiletti e un frigorifero piccolo; poi vi era un bagno saturo di sanitari quasi da non potersi muovere, però dimorava la vasca da bagno, in miniatura, ma tale era; la camera fece trasalire Cassandre: letto sfatto, vestiti gettati su una poltrona, tende mancanti e, anche in quel locale, bisognava stringersi per poter passare.
<<Bè>> disse lui, <<sarà pure piccola, ma è molto carina.>>
Il suono del campanello della porta d’entrata bloccò gli sproloqui scherzosi che Cassandre stava gettando lì, era la cena giapponese portata a domicilio da un giovane ragazzo nipponico. Quando si misero a tavola, lei squadrò quei piatti tipici con aria sospetta. Vi erano degli involtini di pesce crudo, del riso di soia, verdure cotte e una moltitudine di salsine a parte di svariati colori ma con un’attinenza predominante sul rosso scuro.
<<Hai mai mangiato giapponese?>> chiese Maurice, fissando le espressioni strane di lei.
<<Certamente, tante volte.>>
Non era vero, Cassandre odiava le cucine orientali. Le sue preferite erano quella francese e quella italiana. La tedesca, a suo avviso, lasciava a desiderare. In quel momento avrebbe gettato quegli alimenti nella spazzatura, sostituendoli con una buona pasta alla carbonara. Ma si sa, buon viso a cattiva sorte, e lei iniziò a mangiare cercando di condire i sapori centellinando il vino bianco che c’era sul tavolo.
<<Novità dal distretto?>> chiese lei, deglutendo forzatamente.
<<Novità?>>
<<Sì, voglio dire, sull’omicidio del nano.>>
Lui aggrottò la fronte, <<vogliamo per una sera lasciare perdere quel povero nano?>>
<<Ti ho già detto come la penso, Maurice!>>
<<Come credi che io possa conoscere gli sviluppi di quel caso se sono parte integrante della Narcotici.>>
<<Bè, avevi detto che ne avremmo parlato.>>
Lui si strinse nelle spalle, <<dopo mangiato. Ora, ti prego, parlami un po’ di te.>>
Si confidarono per l’intera cena. Lei spiegò in sintesi parte della sua vita. Lui fece altrettanto. Ma del nano, non vi fu menzione. Allo scadere delle dieci, cosi riportava l’orologio a muro del soggiorno, Cassandre ritornò sul discorso che le interessava.
<<Oggi ho copiato gli appunti di mio zio sul computer>> disse, facendo gli occhi dolci.
<<Sei proprio sicura di voler partire con le indagini per conto tuo?>>
<<Per conto nostro.>>
<<Cassandre>> replicò lui <<con questa storia io rischierei il posto. Tu vuoi che rischi il posto?>>
<<Non esageriamo, diciamo che lo faremo senza far sapere nulla a nessuno.>>
Maurice fece una smorfia, <<e va bene, da dove vuoi cominciare?>>
Lei si alzò dalla sedia e gli appioppò un bacio sulla guancia.
<<Tutto qua?>> ironizzò lui.
<<Per ora, sì.>>
L’esposizione dei fatti e prove fu chiara e concisa, da parte di lei, tanto da portare il giovane in un silenzio meditabondo. <<Certo che tuo zio ha un bel puzzle da mettere insieme.>>
<<Cosa ne pensi?>>
Lui fece un sospiro, <<il fatto che sia stato fustigato, strangolato e portato sotto un ponte, fa pensare ad un omicidio morboso. Una sorta di sfogo pazzoide di qualche squilibrato con i pensieri seriali.>>
<<E della combinazione tra la pazzia e la xenofobia?>>
<<Cassandre>> ribattè Maurice, <<secondo te un individuo ammalato di “odio per il diverso” farebbe trovare il cadavere? Oppure lo abbandonerebbe ovunque?>>
<<E del crocifisso, cosa pensi?>>
Lui la fissò per un attimo, <<penso che sei bellissima.>>
Lei arrossì leggermente.

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Dom Dic 19, 2021 10:41 pm
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Nel pomeriggio, Masson tornò al distretto con molti pensieri in più. Arielle si recò a fare la spesa, lasciando sola in casa Cassandre che, curiosa più che mai, iniziò a controllare nelle scartoffie dello zio stipate nel piccolo studio. Tra le varie pratiche, denominate con appellativi curiosi, rintracciò quella relativa al nano: la “Scheda Peccatorum”, così era titolata, riportava tutti i reperti ricavati nei giorni successivi all’omicidio. Lei li ricopiò sul suo personal computer, avendo l’accuratezza di non tralasciare il minimo particolare. Alla sera, pensò, li avrebbe portati con sé a casa di Maurice per i dovuti confronti. Se il giovane fosse riuscito a farsi assegnare i giorni di ferie, sarebbero partiti da quegli indizi senza farne parola con alcuno. Era sempre stata integra nel suo agire, ma questa volta comprendeva che non avrebbe potuto lasciar perdere una tale occasione. Quando rimise al suo posto la scheda dello zio, ebbe un attimo di rimorso di coscienza. Come una vocina che la avvisava di stare attenta, di soprassedere, ma lei era cocciuta e irremovibile. Spense il suo personal, lo chiuse e ritornò nella cucina per approntarsi un caffè pomeridiano.

Nel suo ufficio alla Gendarmerie, Masson stava sfogliando i fascicoli attinenti a casi di xenofobia e circoli di estrema destra fautori del vecchio nazismo. Neveu era con lui ma, dentro di sé, non riusciva a dare una interpretazione alle parole di Renard Tristan.
<<Non sapevo che in Francia potessero esserci così tanti club di seguaci del nazismo>> dichiarò il commissario leggendo.
<<Sono squinternati che non sanno cosa fare>> intervenne Neveu, serrandosi nelle spalle, <<credo, peraltro, che non debbano essere così pericolosi come si possa supporre.>>
<<Nei nostri schedari abbiamo anche il nome di uno studioso del nazismo che ha collaborato con la sezione “Tumulti Politici” del nostro distretto>> spiegò Masson, continuando a leggere, <<si chiama Alrich Hofmann. E’ tedesco di origini e vive qui a Parigi ormai da vent’anni….un personaggio del genere potrebbe anche aiutarci, visto che lo ha già fatto in passato.>>
<<Aiutarci in cosa, capo?>>
<<Insomma, Neveu, con questo caso stiamo veleggiando nel vuoto. Da qualche parte dovremmo pur attingere qualche nozione!>>
La grande e sfarzosa villa di Alrich Hofmann si trovava appena fuori Parigi, nella periferia sud.
Erano partiti con una vettura del distretto, Masson e Neveu, e l’avevano fatto con i soliti due poliziotti semplici che li scortavano in ogni missione. La pioggia si era fermata, lasciando spazio ad un grigio cenerino che avvolgeva le case con una bruma compatta.
<<Speriamo che ci riceva>> disse Neveu, fissando fuori dai finestrini.
Nessuno rispose, men che meno Masson che era intento a disporre le basi per un serio interrogatorio.
Quando giunsero davanti al cancello in ferro battuto che dava sul parco, si fermarono e scesero dalla vettura. Due cani meticci enormi si avventarono sull’inferriata latrando e ringhiando con i nivei denti pronti al morso.
Neveu pigiò il pulsante del videocitofono con un certo timore, visto l’accanimento delle due belve. Di lì a poco giunse un piccolo uomo di probabile origine sud asiatica, che fece un sorriso e chiese chi erano lor signori. Alla presentazione del tesserino della polizia, l’ometto fece un cenno ai cani che, senza attendere oltre, sparirono nel parco della villa.
<<Sono ben addestrati>> asserì Neveu, che degli amici dell’uomo aveva una paura atavica.
<<Accomodatevi>> replicò la sorta di filippino, facendo aprire il cancellone con il telecomando, <<sono animali addestrati, non vi daranno alcun fastidio.>>
La vettura sorpassò l’entrata e, dopo un centinaio di metri di parco, giunse nel piazzale davanti alla splendida villa.
L’uomo che li attendeva davanti all’uscio d’ingresso fece un raggiante sorriso e un cenno di benvenuto. Sull‘ottantina, si presentava con le caratteristiche fisiche del solito gerarca nazista: biondo platino sbiancato dall‘età, occhi azzurri della classica razza alemanna, magro e con un’altezza intorno all’uno e novanta. Chi non avesse saputo di lui, avrebbe pensato di essere di fronte ad uno sfegatato rappresentante delle “SS”.
<<A cosa devo il piacere della vostra visita?>> sorrise l’uomo, facendo cenno di entrare.
<<Jacques Masson, commissario della Gendarmerie Nationale.>>
<<Adrien Neveu, vice.>>
<<Alrich Hofmann, piacere di conoscervi, accomodatevi pure.>>
Senza bisogno di verifiche accurate, si capiva che il soggiorno nel quale si erano accomodati era di alto livello monetario. Tutto traspariva ricchezza, finanche i tappeti che, anche agli occhi di un profano, erano di altissima qualità persiana.
<<Gradite qualcosa?>>
<<No grazie>> replicò Masson, <<le rubiamo solo un po’ del suo tempo.>>
<<Sempre felice di collaborare con la polizia.>>
Aveva un modo di fare piuttosto viscido, il tedesco. Era di quei classici che sotto vari sorrisi nascondo un animo vizioso, almeno questo pensava il commissario.
<<Pochi giorni fa>> iniziò Masson, <<è stato trovato un cadavere sotto un ponte della Senna….>>
<<Quello del nano?>>
<<Esattamente.>>
Hofmann si strinse nelle spalle, <<immaginavo che sareste venuti da me.>>
Masson aggrottò la fronte, <<sappiamo dalla nostra sezione “Tumulti Politici”, che lei ha collaborato varie volte in segreto con i nostri esperti….>>
<<Se lo sapete, che segreto è?>> ironizzò l’uomo sorridendo.
<<Scherzi a parte>> intervenne Neveu, <<abbiamo motivi di ritenere, per lo meno sono solo congetture, che chi ha ucciso il povero nano possa avere delle appartenenze all’ambito del nazismo e della xenofobia. Ripeto, sono solo ipotesi.>>
Il tedesco si passò la mano sui lisci capelli chiari e non aprì bocca.
<<In mattinata, abbiamo rintracciato e interrogato un uomo di nome Renard Tristan….>>
<<Ah, quel pazzo!>>
<<Infatti>> proseguì Masson, <<da quello che ha detto, potrebbe esserci una matrice xenofoba di stampo nazista.>>
Hofmann fece un cenno negativo, <<non credo che dalle parole di Renard si possa formulare una tale ipotesi. Lui ha torturato quasi a morte quel povero nano e da quella mente malata non ci si poteva aspettare altro. Che il pensiero di Adolf Hitler fosse mirato alla formazione di una razza umana perfetta e predominante è un dato di fatto scontato. Ma che quel personaggio ambiguo possa rappresentare il nazismo o l’odio per le razze diverse, diventa un paradosso!>>
<<Signor Hofmann>> replicò Masson, <<gli indizi su questo caso sono veramente scarsi, direi quasi assenti. Per cui, dobbiamo esplorare tutti i percorsi che ci si presentano, senza evitarne alcuno.>>
<<Capisco….capisco….>>
<<Scartando le ipotesi di cause passionali, di vendetta, furto, eredità, o economiche, non restano che quelle seriali, xenofobe, o paranoiche.>>
Il tedesco fece una smorfia, <<si è abituati ad abbinare il termine xenofobia necessariamente a quello del nazismo. Non è così! Da che mondo è mondo, la diversità di alcune persone ha causato ritorsioni feroci. Ad esempio le difformità etniche, quelle politiche, religiose. Ai tempi dell’inquisizione della chiesa, bastava una leggera ineguaglianza che il soggetto veniva accusato di eresia. Le streghe, per citarne una, gli storpi, le donne del malaffare, a volte anche i nani. Non abbiamo il diritto di fare di tutta un’erba un fascio!>>
Neveu e Masson restarono silenziosi pensando a quelle parole. Certo, erano pesanti, ma avevano
un senso pratico ben definito, una sorta di libro delle nefandezze umane.

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Dom Dic 19, 2021 10:39 pm
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Ed ecco sfornato il capitolo 7

CAPITOLO N° 7


Diluviava, mentre la vettura della polizia faceva rientro a Parigi dalla città di Noisiel. I prati paralleli alla provinciale erano divenuti acquitrini ondulati dal vento novembrino. Nell’abitacolo tutti tacevano, ma era un silenzio meditativo. Le parole di Renard Tristan avevano colpito nel segno, lasciando allibiti coloro che le avevano ascoltate. Secondo l’irsuto uomo, l’omicidio poteva scaturire da sette naziste occultate tra la gente comune, una sorta di ritorno agli anni dell’olocausto tedesco in Europa. Masson, dal suo punto di vista, non credeva a quelle truci frasi gettate lì da quell’uomo demente, anzi, cercava nel proprio io di trovare ammenda alla schizofrenia di quella mente squilibrata. Neveu non pensava affatto, per lui, viste le condizioni nefaste di Renard, tutto ciò che aveva dichiarato erano concetti irrazionali dettati dalla sua psicosi malata.
<<Quando arriviamo alla Gendarmerie>> ruppe il silenzio Masson, <<mandate un poliziotto a sorvegliare quel mentecatto, non mi fido di lui.>>
Neveu fece una smorfia <<non credo che c’entri qualcosa, a mio avviso, se fosse implicato nell’omicidio non avrebbe agito così, anzi, si sarebbe estraniato dal fatto e non avrebbe aperto bocca.>>
Era mezzogiorno, quando giunsero alla Gendarmerie. L’ordine dato da Neveu agli agenti del distretto di sorvegliare a turno la casa di Renard Tristan, fu immediatamente eseguito.
Masson, nel frattempo, stava tornando a casa. Mentre entrava nel parcheggio sotto lo stabile, vide Cassandre che si intrometteva nel grande portone d’entrata.
<<Cassandre>> la chiamò.
La giovane si fermò e lo aspettò.
<<Come è andato l’interrogatorio di Renard?>> chiese, seguendo lo zio in ascensore.
<<Nulla di importante.>>
<<Avrà detto qualcosa.>>
<<Insensate parole che avremmo anche potuto non ascoltare.>>
<<Perché, zio, non vuoi dirmi mai nulla del tuo lavoro>> disse Cassandre, leggermente inalberata.
Lui non rispose.
Quando rincasarono si svestirono a si accomodarono a tavola dove, caldo e fumante, un arrosto di maiale al latte chiedeva solo di essere divorato.
<<Come è andato l’interrogatorio?>> chiese Arielle, per rompere il silenzio cocciuto del marito.
<<Anche tu!>> borbottò lui, <<sapete che in casa non voglio parlare di lavoro, è l’unico momento nel quale mi posso rilassare.>>
<<Suvvia, zio>> intervenne Cassandre, <<non ti ha mica chiesto se hai l’amante.>>
<<E va bene, abbiamo interrogato quel pazzo per un’oretta, io e Neveu. Secondo quello psicopatico hanno fatto bene ad uccidere il nano. “Esseri che non devono vivere” ha dichiarato,“uomini inferiori”. Ditemi voi cosa ci si può aspettare da una mente del genere.>>
<<Gli hai chiesto chi potrebbe avere interesse a tal genere di omicidio?>>
<<Non ha detto nulla ma, da come si è espresso, tutto fa pensare che rimugini ideologie naziste.>>
<<Naziste?!>>
<<Sì, ma non è da tenere in considerazione. C’è solo da chiedersi perché sono stati chiusi i manicomi.>>
Nella mente di Cassandre si era aperta una piccola porticina. Nel suo silenzio, per il resto del pranzo, si profilavano osservazioni relative alla xenofobia e suoi derivati. Possibile che dopo tanti anni dal crollo del nazismo quella storia discriminatoria potesse ancora esistere? Ma avrebbe anche
potuto essere, nulla poteva vietarlo.

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Sab Dic 18, 2021 10:55 pm
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<<Se tu stai lavorando non puoi aiutarmi nel caso, giusto?>>
<<Giusto.>>
<<Allora, come primo passo, direi che dovresti chiedere un paio di settimane di ferie al tuo distretto.>>
<<E poi?>>
<<Poi organizzeremo le investigazioni.>>
<<Non so se….però potrei tentare….del resto mi spettano quattro settimane di ferie non godute….se le chiedessi non avrebbero certo difficoltà ad accordarmele.>>
Era quello che voleva, Cassandre, portare il neo poliziotto dalla sua parte. Se avesse trovato l’assassino del nano, si sarebbe spianata la strada alla Gendarmerie e, già in partenza, con un alto grado di assunzione. Ovviamente erano i ragionamenti che solo una giovane donna avrebbe potuto fare, ma lei si sarebbe basata sull’esperienza solo teorica che la laurea in criminologia le aveva consegnato, la pratica, in seguito.
<<Allora lo farai per me?>> chiese, con il viso da adulatrice.
<<Ad un patto, però. Che tu stasera venga a cenare a casa mia.>>
<<Vivi da solo?>>
<<Sì, in un due locali in affitto.>>
<<Ok>> confermò Cassandre, <<devo portare qualcosa da mangiare?>>
<<No, mi farò recapitare la cena a domicilio. Sotto casa mia c’è un ristorante giapponese che fa dei piatti squisiti.>>
<<Passi tu a prendermi? Io la macchina non ce l’ho.>>
<<Alle otto va bene?>>
<<Alle otto.>>


Capitolo 6 finito

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Sab Dic 18, 2021 10:53 pm
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Ritieniti in una sorta di arresti domiciliari. Se proverai a fuggire, sarai arrestato ed internato!>>
Dalla folta e grigia barba di Renard, spuntò un diabolico sorriso lanciato da una dentatura carente e giallognola.

Finemente vestita e truccata, Cassandre stava uscendo di casa per recarsi all’appuntamento che Maurice le aveva dato la sera precedente al cellulare. Avevano parlato del più e del meno, e lui, dopo varie insistenze, aveva ottenuto di vedersi alle dieci di mattina al bar “Libertè”, ubicato proprio sotto il palazzo di Masson. Quel ragazzo le piaceva molto, sia fisicamente che nel modo di esporsi. Aveva chiesto alla zia dove fosse lo zio e lei, sapendone veramente poco, aveva risposto che era al lavoro e che, con Neveu, sarebbero andati a Noisiel per interrogare una persona. La ragazza aveva capito tutto, del resto era stata lei a tirare in ballo Renard Tristan, e si chiedeva perché Masson non l’avesse portata.
Quando uscì dal portone d’ingresso, il gran sorriso candido di Maurice le diede il buongiorno.
<<Dormito bene?>> chiese lui.
<<Per quanto si possa dormire dove hai uno zio che russa come una locomotiva, sì.>>
<<Sei molto carina.>>
<<Grazie, ma anche tu non scherzi.>>
Piovigginava leggermente, ma con alcuni sprazzi di cielo azzurro che facevano capolino. Chiusa la vettura, una Renault abbastanza vecchia, Maurice la prese sottobraccio e, al riparo dell’ombrello di lei, corsero verso il bar “Libertè”.
<<Un caffè, grazie>> ordinò Cassandre
<<Lo stesso>> aggiunse lui.
Vi fu un attimo di silenzio, quando il cameriere si allontanò per approntare l’ordinazione, ma fu un mutismo traboccante di sguardi e risolini.
<<Non sei andato a lavorare, oggi.>>
<<Mi sono beccato un giorno di permesso, sai, ogni tanto ci vuole. Sono passato stamattina presto alla Gendarmerie e ho avvisato il capo furiere. Ho visto anche tuo zio che usciva con Neveu e altri due poliziotti, non so dove stessero andando.>>
<<Da Renard Tristan.>>
<<Eh?>>
<<Renard Tristan, l’uomo che un po’ di anni fa maltrattò un nano sino quasi alla morte.>>
Maurice si fermò a pensare, ma quel nome proprio non gli veniva in mente, <<e perché sono andati da questo….>>
<<Per interrogarlo, dopo i miei consigli.>>
<<Mi dovresti togliere una curiosità>> disse lui, fissandole la testa, <<perché ti porti quello spazzolino nero sui capelli biondi?>>
<<Non so, è come….come un portafortuna. Sono tanti anni che me lo faccio, so di essere ridicola, ma….>>
<<Per me sei bellissima>> la interruppe lui.
Cassandre arrossì. Spalancò gli splendidi occhi color marroncino nocciolato e gli rispose <<sei il primo che me lo dice. Solitamente tutti mi squadrano come se fossi una imbe.ille drogata.>>
<<Scommetto che hai chiesto a tuo zio di portarti e lui te l’ha negato>> ironizzò lui, per cambiare discorso.
<<Come fai a saperlo, te l’ha detto?>>
<<No, ma, criminologa, zio commissario della Gendarmerie, insomma, uno più uno fa due.>>
<<Effettivamente ieri sera gli ho domandato se potevo andare. Ma lui quando si tratta di lavoro non transige, non vuole gente intorno, men che meno sua nipote.>>
<<Seriamente>> chiese Maurice, <<perché volevi andare?>>
<<Insomma, ho fatto della gran teoria, a scuola, ma ora mi piacerebbe fare la pratica.>>
<<Perché non fai domanda di assunzione alla Gendarmerie, la tua qualifica ti aprirebbe molte porte, e poi, con una raccomandazione di tuo zio….>>
<<Non se ne parla proprio. A me piacerebbe, ma se dovessi dirgli di aiutarmi ad essere assunta dove lui lavora, verrebbe giù il mondo.>>
Cassandre aveva cercato quel discorso, proprio per trascinare Maurice dalla sua. La sera precedente, dopo la telefonata con lui, aveva riflettuto a lungo sulla condizione nella quale si trovava, ed era arrivata alla conclusione che se voleva fare carriera avrebbe dovuto usare degli espedienti. Il fatto che suo zio era commissario della Gendarmerie di Parigi, era per lei una realtà altamente negativa.
<<Ci stai se indagassimo noi sull’omicidio del nano?>> gettò lì, furbescamente.
<<Noi?!>>
<<Sì, io e te, Cassandre Masson e Maurice Fabre.>>
<<Credo che tu stia scherzando!>>
Lei non scherzava affatto, anzi, avrebbe insistito sino alla paranoia, <<hai pensato al fatto che se dovessimo beccare l’assassino tu passeresti ad un livello superiore, ed io entrerei a far parte della Gendarmerie.>>
<<Certo>> allibì lui, <<hai mai pensato al fatto che se dovessero pescarci a fare indagini per conto nostro saremmo autenticamente nella ****. Io perderei il posto, e tu lo zio!>>
Cassandre fece una smorfia e, come sempre quando era nervosa, si passò lo spazzolino di capelli con le mani, <<credevo che fossi più coraggioso.>>
<<Non si tratta di coraggio, ma di stupidità.>>
<<Va bene, come non detto, allora mi arrangerò da sola.>>
Maurice restò silenzioso, con la mente che tamburava le parole della giovane. La proposta era tra le più strampalate che avesse mai ascoltato. Era già nella polizia, perché avrebbe dovuto fare indagini per conto suo? E con quale tornaconto poi? <<Sei sicura di quello che hai detto?>> le domandò.
Cassandre era molto furba, <<sì, sono sicura, ma fa lo stesso, mi arrangerò da sola.>>
<<Per lo meno lasciami il tempo per pensare.>>
Lei fissò il cipiglio sul traffico che scorreva fuori dalla vetrina del bar. Aveva lo sguardo scaltramente offeso, <<te lo ripeto, non fa nulla, come non detto.>>
Lui ordinò un altro caffè e lei fece lo stesso.
<<Non ti sarai mica offesa?>>
Lei non rispose e tenne sempre gli occhi fissi sulla vetrina.
<<Del resto, come farei ad aiutarti se sono al lavoro?>>
Cassandre non replicò.
<<Insomma, ma che idee ti vengono in mente?!>>
Muta.
<<Pronto, ci sei?>>
<<Sono rimasta un po’ delusa>> bisbigliò lei, fissando sempre fuori.
Lui si grattò i capelli scuri e la osservò languidamente con gli occhi verdi, <<ma se anche fosse, come vorresti impostare il tutto?>>
Cassandre si girò verso di lui e gli sgranò gli occhi addosso sorridendo, <<allora vuol dire che ci stai?>>
<<Ma con tutte le ragazze normali di questo mondo, dovevo proprio innamorarmi di una matta appena uscita dal manicomio?>>
<<Allora sei innamorato di me?>>
<<Purtroppo.>>
Lei rigirò lo sguardo verso il traffico esterno palesando un risolino sotto le labbra carnose.
<<Allora>> chiese lui, <<cosa hai in mente?>>

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Sab Dic 18, 2021 10:51 pm
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<<Dovrebbe essere quella>> asserì Neveu, <<fermiamoci davanti.>>
L’erba che contornava la casa era incolta, non curata. Alcuni rami spogli s’intravedevano nella bruma salire dal fusto ed appoggiarsi al tetto con il loro peso. Le imposte erano chiuse e mezze marce. Anche la porta d’entrata pareva avere secoli.
Scesi dalla vettura, i quattro si accostarono alla soglia di quella casa in sasso. Vi era un campanello e Masson lo pigiò.
Nessun suono e risposta.
Il commissario premette nuovamente.
Come prima.
<<Per me, qui, non c’è nessuno>> bisbigliò Neveu, guardandosi intorno.
Il chiavistello interno della porta d’entrata cigolò e un rumore metallico stridente avvisò del suo scorrimento.
I quattro si tirarono indietro attendendo l’apertura del battente.
<<Cosa volete!!>> tuonò quella sorta di colosso che si presentò davanti a loro.
Grosso, informe, con una barba grigia che eclissava metà del viso, i capelli lunghi e canuti alla “figlio dei fiori” ricoprivano la testa enorme quasi arrivando alle spalle, gli occhi, piccoli e scuri, sottostavano ad una foresta di sopracciglia folte e cenerine, un accentuato naso a becco d’aquila, che Masson notò immediatamente, terminava quella sorta di strano individuo.
<<Cosa ca..o volete?!>>
<<Siamo della Gendarmerie Nationale>> asserì Masson, presentando il tesserino.
<<Ho scontato la mia pena!>> esclamò l’energumeno, <<cosa siete venuti a fare?!>>
<<Se ci facesse entrare le potremmo spiegare tutto, visto e considerato che siamo sotto la pioggia.>>
<<Andatevene!!>>
Masson s’indispettì, passando dal lei al tu si mise a parlare animatamente, <<non siamo venuti per te, abbiamo solo bisogno di farti delle domande, quindi, o ci fai entrare, o ti portiamo via con noi al distretto per interrogarti!>>
L’uomo irsuto mugugnò e fece cenno di entrare.
Vecchia, obsoleta e con un tanfo di sporco, la stanza dove entrarono li accolse in un calore appena percepibile. Vi era molto umido e il caminetto, arcaico e decrepito, scoppiettava lanciando fiamme basse e guizzanti. Una vecchia sedia a dondolo, qualche mobile tarlato dal tempo, una cucina ridotta ad un frigorifero e un fornello a gas, completavano quel locale che di abitabile aveva solo il nome.
Stettero in piedi, i quattro poliziotti, e la sorta di uomo si sedette sulla sedia a dondolo fissandoli con quegli occhi infossati e non curanti della loro presenza.
<<Penso che avrai letto i giornali>> disse Masson, scrutandolo.
<<Non leggo i giornali.>>
<<Allora ti spieghiamo noi cosa è successo.>>
Il commissario si passo il dito sulle narici, provando a mandare via quell’odore di chiuso. <<Cinque giorni fa, è stato brutalmente ammazzato un uomo….>>
<<Non ne so niente, non seguo quelle cose>>
<<Capisco>> s’intromise Neveu, <<il fatto in sé potrebbe non interessarti, ma il cadavere che abbiamo trovato in una sacca sotto un ponte di Parigi è quello di un nano.>>
<<Allora c’è qualcuno che ancora ha del buon senso>> abbaiò l’omaccione.
<<Non fare lo spiritoso!>> s’inalberò Masson, <<non mi sembra il caso!>>
<<Dicevo>> proseguì Neveu, <<abbiamo trovato questo cadavere sotto un ponte di Parigi. La medicina legale ci ha esposto i maltrattamenti ai quali è stato costretto il povero nano….>>
<<Non sono mai pochi per quei piccoli e schifosi esseri!>>
Masson perse la pazienza, si avvicinò e lo agguantò per la giubba sollevandolo dalla sedia a dondolo, <<per quanto mi riguarda>> sbraitò, <<se c’è un uomo schifoso a questo mondo, sei proprio tu!!>>
<<Calmati, capo>> disse Neveu, prendendolo per un braccio, <<calmati.>>
Il commissario lo lasciò andare e l’uomo irsuto cadde sulla sedia a dondolo, <<ora vedi di collaborare se non vuoi essere arrestato per contrasto alla giustizia!>> tuonò aspramente.
Renard fece uno sbuffo seguito da un mezzo cenno di assenso.
<<Ok>> iniziò Neveu, <<dov’eri la notte tra il nove e il dieci di questo mese?>>
<<A casa. Sono sempre a casa. Non mi muovo mai di qui.>>
<<C’è qualcuno che può avvalorare le tue parole?>>
<<Non conosco nessuno, non ho parenti, figli, mogli, sono solo come un cane e come tale vivo.>>
<<Stiamo perdendo tempo>> intervenne il poliziotto rivolto a Neveu
<<Lascialo decidere a noi>> replicò lui. Passandosi poi il mento con la mano si rivolse a Renard, <<non ti stiamo accusando di nulla, vogliamo solo che collabori con la polizia su questo caso….>>
<<In che modo?>> borbottò l’uomo.
<<Cercando di farci capire quale motivo potrebbe avere una persona per uccidere un povero nano.>>
<<Sono esseri che non hanno il diritto di vivere!>>
<<Perché?>> lo pressò Masson.
<<Perché sono degli inferiori, scarti della società, esseri che vivono e vegetano nel peccato.>>
<<Cosa intendi per “inferiori”?>>
<<Come gli ebrei, i negri, gli omosessuali, le razze minori, non c’è remissione per questi individui.>>
Era pazzo, squilibrato al massimo livello, questo pensò Masson senza esternarlo, <<allora uno che può uccidere un nano potrebbe essere un razzista, uno che odia quelli che tu chiami i “diversi”?>>
<<Bisogna fare pulizia, a questo mondo.>>
Masson si scambiò occhiate con Neveu non riuscendo a percepire il senso di quelle agghiaccianti parole.
<<Conosci qualcuno che la pensa in questo modo, sì, dico, come te?>>
<<Siamo in tanti. Sparsi in tutte le nazioni del mondo>> l’uomo alzò il braccio e tese la mano nel classico saluto nazista.
<<Vuoi dire che ad uccidere il nano potrebbe essere stato un cultore della xenofobia?>>
<<Non lo so.>>
Era difficile digerire gli insensati ragionamenti di Renard Tristan. Masson non aveva pensato ad un risvolto xenofobo del caso e, tutt’ora, faticava a crederci. Quell’uomo si era messo nel rango di giudicatore delle disgrazie altrui, esecutore di condanne ai difetti naturali dell’essere umano. Era chiaramente un pazzo, ma di quelli della peggiore specie. Verosimilmente, poteva anche aver a che fare con l’omicidio.
<<Sappiamo che l’assassino ha un lungo naso aquilino, ne sai qualcosa visto che anche tu ne sei provvisto?>> domandò Masson.
Renard non rispose borbottando un qualcosa di incomprensibile.
Il commissario lasciò perdere la risposta alla sua domanda, <<hai registrato tutto?>> chiese a Neveu.
<<Dalla a alla z, capo.>>
<<Credo che non ci siano altri motivi per i quali dovremmo insistere>> disse Masson ai colleghi, <<e poi, non ho più voglia di vedere questo squilibrato davanti agli occhi.>>
Mentre uscivano dalla casa di Renard, Neveu si girò verso l‘omaccione, <<resterai a nostra disposizione per qualsiasi colloquio ti imporremo, non puoi lasciare il paese e neanche la tua casa.

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Sab Dic 18, 2021 10:50 pm
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Bene...ora inserisco il capitolo 6

CAPITOLO N° 6


Piovigginava, mentre percorrevano la via di comunicazione che portava a Noisiel. Le ultime case della periferia di Parigi, lasciavano spazio all’interminabile serie di macchie di alberi spogli che rasentavano la strada. Erano partiti molto presto, alle sette della mattina. Alla guida c’era un poliziotto giovanissimo, appena assunto. Al fianco, sul sedile anteriore, l’agente che accompagnava sempre gli alti gradi della Gendarmerie come se fosse una sorta di guardia del corpo. Dietro, Masson e Neveu che tacevano e s’imbambolavano sulle gocce che s’impiastricciavano sui vetri laterali. Lucas non li aveva seguiti, un contrattempo l’aveva trattenuto a Parigi.
Masson pensava alla sera precedente quando aveva udito il cellulare di Cassandre. E l’aveva sentita pronunciare il nome di Maurice. La ragazza era stata parecchio tempo al telefono con il giovane poliziotto. La sentiva ridere, scandire parole dolci, discutere animatamente. Ma poi, anche per eludere la propria curiosità, si era imposto di addormentarsi, e ciò era accaduto in breve tempo. Chissà cosa si erano detti i due giovani? Dal tono della voce di Cassandre, Masson aveva percepito un certo interessamento verso Maurice. Ma erano deduzioni che la sua mente di sessantenne non poteva ricavare da semplici colloqui telefonici, del resto, si domandò, a lui cosa interessava? La nipote aveva già un’età sufficientemente emancipata per poterle dare dei consigli, poi, del resto, non era mica suo padre.
<<Hai portato il registratore, capo?>> domandò Neveu, rompendo quel silenzio innaturale.
<<Veramente dovevi pensarci tu, comunque ce l’ho nella borsa. E poi, te l’ho già detto, non mi chiamare capo, il mio nome è Jacques.>>
<<Ok, va bene capo.>>
<<Bha!>>
La pioggia si faceva sempre più insistente e una leggera bruma grigia si parava davanti al muso della macchina. Il navigatore satellitare, impostato prima della partenza, dava dieci chilometri al punto d’arrivo.
<<Speriamo sia in casa>> bisbigliò Masson, fissando il paesaggio autunnale che scorreva all’esterno della vettura.
<<Dove vuoi che vada uno a quest’ora della mattina>> interferì Neveu.
<<Non si sa mai che abbia un lavoro.>>
<<Tu assumeresti una persona che ha maltrattato un nano?>>
<<Insomma, Neveu, stamattina hai deciso di fare la pubblica accusa su ogni volta che apro la bocca?>>
<<No, te lo giuro capo.>>
<<E’ inutile che ti ridica che mi chiamo Jacques, tanto mi chiamerai sempre capo.>>
I due agenti sui sedili anteriori si guardarono a vicenda, con un leggero risolino sotto le labbra. Probabilmente si stavano passando lo stesso messaggio: se tutti i commissari e i vice erano come quei due, povera Gendarmerie! Ma Masson e Neveu, in realtà, agivano sempre in quel modo, un po’ schernendosi, un po’ per passatempo, ma anche per una specie di eterna disputa che tra loro vi era sempre stata. In ogni caso, erano considerati tra i migliori poliziotti che l’ente parigino potesse ascrivere e, quando un caso risultava difficile, i loro nomi venivano subito tirati in ballo.
Il cicalino del navigatore satellitare iniziò a squillare avvisando che la meta impostata era stata raggiunta. Sullo schermo un pallino rosso lanciava la sua luce intermittente su la Rue Jean Jaures.
<<Siamo arrivati, rallenta e portati a lato della strada>> ordinò Masson all’autista.
Una strada sterrata partiva dalla statale e s’intrometteva in un bosco spoglio e grigio. La vettura vi entrò e iniziò a percorrerla con cautela. In fondo, poco più in là, s’intravedeva un prato con pochi alberi con al centro una casa piuttosto antica con i muri di sasso ed il tetto di legno e ardesia.

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