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Donne coraggiose Empty Ahoo Daryaei - Il Coraggio della Donna.

Lun Nov 04, 2024 8:37 pm
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Quanto è sola, Ahoo Daryaei, 22 anni, studentessa universitaria dell'Università Azad di Teheran, è diventata simbolo di una protesta coraggiosa e intensa. 


In un video, che ha rapidamente fatto il giro del mondo, la ragazza si toglie prima il velo e poi i vestiti, rimanendo in biancheria intima nel cortile dell’università. Con le braccia incrociate e uno sguardo fermo, sfida apertamente le restrizioni imposte alle donne in Iran sull'obbligo di indossare il velo.


 Secondo fonti locali, le guardie universitarie l’avrebbero fermata per il suo velo "indossato in modo scorretto". Successivamente, membri della milizia Basij le hanno strappato sia il velo che i vestiti. Sentendosi vittima di un’umiliazione e di una limitazione inaccettabile, Ahoo ha reagito con un gesto di protesta forte e visibile. Nel video la si vede prima immobile, circondata da sguardi increduli, e poi mentre si allontana. La scena ha suscitato un'ondata di solidarietà e preoccupazione. Tuttavia, poco dopo, alcuni uomini scendono da un'auto e la trascinano via. Da allora, di Ahoo non si è più saputo nulla. Da ieri bollata come "malata di mente" dal regime degli ayatollah, e sembra sia in un ospedale psichiatrico dove si  immaginano le cose peggiori per lei che ha osato ribellarsi .


Non sento le femministe italiane , non sento le femministe inveire , scendere in piazza contro un regime vero questa volta, che ritiene la donna un essere inferiore.


Prendete esempio tutti , donne e uomini da chi come Ahoo Daryaei ha avuto il coraggio...il coraggio di sfidare l'oppressione e di combattere in perfetta solitudine che solo una donna vera ha saputo  dimostrare al mondo intero. Fatela liberare subito prima che sia troppo tardi.

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Donne coraggiose Empty Francesca Antonia Scannagatta, tenente del Sacro Romano Impero

Lun Ago 19, 2024 6:33 pm
Un po' tutti sappiamo di Lady Oscar, la bionda ufficiale francese diventata soldato perché il padre avrebbe voluto un figlio maschio.
Per questa fanciulla, invece, è stata una libera scelta che ne ha fatto la prima donna ufficiale. Una donna contro corrente. 
Ecco la sua storia 

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Quando la governante tedesca della giovane Francesca Scanagatta vide la sua pupilla salire sulla carrozza che l’avrebbe portata a Vienna a completare la sua educazione asburgica, ebbe un moto di disappunto: era impropriamente vestita da uomo!

Ma, per Francesca Scanagatta, volitiva e intraprendente fin da piccola, non c’era nulla di strano.
Vestita da uomo avrebbe viaggiato più comoda accanto al fratello Guido, diretto anch’egli a Vienna, ma destinato all’Accademia e alla carriera militare.
Il padre Giuseppe conosceva già le bizzarrie della figlia, che adorava i poemi epici e di battaglia piuttosto che i sonetti amorosi, quindi diede il suo consenso e i due giovani si misero in viaggio.
Il loro destino era già scritto. Provenienti da una nobile famiglia di Milano, avevano seguito i dettami del loro ceto che li voleva uno indirizzato alla carriera di ufficiale e l’altra a un ottimo matrimonio.
Ma il destino serbava altro per lei.

Durante il viaggio il fratello Guido si ammalò e le confessò di non volere intraprendere la carriera militare che invece il padre desiderava per lui.
Francesca gli consigliò allora di tornare subito indietro e di seguire le proprie inclinazioni ma, a ben pensarci, forse nemmeno lei aveva desiderio di andare a vivere in territorio austriaco per terminare la sua educazione per poi sposarsi con un uomo magari molto più grande e del tutto sconosciuto.
Così colse l’occasione e prese una decisione estrema. Fu l’iniziò della sua avventura che durò tre anni e che la portò a diventare la prima donna militare ufficiale di carriera “sotto mentite spoglie”.
Francesca si fece consegnare dal fratello la lettera di presentazione per Haller, chirurgo dello Stato Maggiore, che avrebbe dovuto ospitare il nuovo alunno presso l’Accademia “Wiener Neustadt”.
Vestita da uomo e presentandosi col nome di Franz fu accolta nella casa di Haller e senza difficoltà le fu possibile iscriversi all’Accademia dal 1º luglio 1794.

Il padre, appena seppe dello scambio a suo parere scellerato, si presentò in Accademia e cercò inutilmente di convincerla a tornare a casa.
Non riuscendoci si rivolse ai professori ma, non conoscendo bene il tedesco, parlò loro in latino: inutile dire che l’incomprensione perdurò, nessuno venne a capo della particolare situazione e Francesca rimase al suo posto.
Inoltre, alloggiando in una dependance separata dal resto degli allievi, la ragazza riuscì a non farsi scoprire.
Poté così perfezionare il tedesco e il francese, imparare l’inglese e la matematica e apprendere l’uso delle armi e gli esercizi bellici a piedi e a cavallo.
Così il 16 febbraio 1797 Francesca Scanagatta superò l’esame finale dell’Accademia diventando alfiere, un grado da sottoufficiale.

L’Austria era da sei anni in guerra contro la Francia, perciò il nuovo ufficiale venne inviato sul fronte del Reno, aggregato al 4° Reggimento di frontiera “Sankt Georg”.
In seguito l’Alfiere Scanagatta passò nel 56° Reggimento “Colloredo” e con questo andò in Polonia a Lublino, poi nel distaccamento di Sandormierz, fortezza sul fiume Vistola, presso la Compagnia Kinsley.
In un simile avamposto qualcuno sospettò il suo vero sesso, ma un nuovo trasferimento la riportò in Italia dove rivide, per poco tempo, la sua ancora attonita famiglia.
Ripartì quindi con il nuovo Reggimento, il 12° “Banat”, altro corpo di frontiera che radunava soldati austriaci di lingua tedesca.
Nel giugno 1799 il “Banat” risalì la valle del fiume Trebbia e incontrò sugli Appennini liguri le avanguardie francesi alla difesa di Genova.
È qui che finalmente Francesca Scanagatta trova l’occasione di farsi valere.
Risalendo il fiume Aveto ci fu un primo scontro al villaggio di Parazzuolo, oggi frazione del comune di Rezzoaglio (Genova).
Ma l’obiettivo era Barbagelata, oggi frazione di Lorsica (Genova), uno dei villaggi più alti di tutta la Liguria (1.115 metri di quota), posizione dominante tra le valli di Aveto, Trebbia, Scrivia e Bisagno.
L’assalto venne guidato proprio dalla valorosa giovane che scacciò i francesi con le baionette causando la loro ritirata fino al passo della Scoffera, una dozzina di chilometri più a Ovest.
Per questa coraggiosa impresa, Francesca ottenne l’avanzamento di grado a Tenente e una decorazione al valore.
Le operazioni poi subirono un arresto, l’assedio di Genova si protrasse per 10 mesi ma, alla resa della città, l’ufficiale Scanagatta non partecipò.

Infatti, papà Scanagatta si decise a inviare a Von Ott una lettera circostanziata svelando l’indebita sostituzione di persona e di sesso.
Il 1° marzo 1800 Francesca venne congedata.

Il 15 gennaio 1804 sposò Celestino Spini, di famiglia nobile della Valtellina, Tenente anch’egli, che aveva militato dal 1797 nelle truppe francesi e che nel 1804 era Tenente dei cacciatori a cavallo.
All’epoca quel matrimonio tra due Tenenti che avevano combattuto su fronti opposti destò una certa curiosità.
Nel 1843, la biografia del Tenente Scanagatta fu inserita in una raccolta dedicata ai combattenti italiani nelle Guerre napoleoniche.
Dal 20 giugno 1852 fu celebrato solennemente il centenario dell’Accademia militare teresiana.
Francesca, ormai ultra 70enne, inviò un messaggio di auguri, rammaricandosi di non poter essere presente e firmandosi come “Franz Scanagatta […], Tenente, vedova del Maggiore Spini”.

È considerata la prima donna ufficiale, avendo preceduto i simili casi della belga Marie Schellinck, nominata sottotenente il 9 gennaio 1806, e della russa Nadežda Andreevna Durova, arruolatasi nel 1806.



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Fonte: reportdifesa.it

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Donne coraggiose Empty Re: Donne coraggiose

Ven Ago 16, 2024 2:47 pm
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Gouze Marie


Donne coraggiose 1199ma10


«Uomo, sei capace d'essere giusto? È una donna che ti pone la domanda; tu non la priverai almeno di questo diritto. Dimmi: chi ti ha concesso la suprema autorità di opprimere il mio sesso? La tua forza? Il tuo ingegno? Osserva il creatore nella sua saggezza; scorri la natura in tutta la sua grandezza, di cui tu sembri volerti raffrontare, e dammi, se hai il coraggio, l'esempio di questo tirannico potere. Risali agli animali, consulta gli elementi, studia i vegetali, getta infine uno sguardo su tutte le modificazioni della materia organizzata...»

Si chiamava Marie Gouze, ma decise del proprio destino come del proprio nome, che cambiò in Olympe de Gouges.

Nel corso della sua vita Olympe firmò 29 romanzi e scritti vari, 71 pièce teatrali, 70 fra libelli rivoluzionari e articoli. È ricordata principalmente come autrice della Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina (1791) in relazione alla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo (1789), che scrisse affinché venisse approvata dall’assemblea costituente. Facile collegare Olympe all’opera dell’inglese Mary Wollstonecraft – Vindication of the rights of woman (1792) – che nel dicembre dello stesso anno era a Parigi, ma che, sebbene per certi aspetti fosse più radicale di loro, non ricercò il contatto con i club femminili della Rivoluzione né con Olympe.

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Olympe si dedicò strenuamente al tema dei diritti e della libertà individuale: al riconoscimento dei diritti delle donne, ma anche dei neri, degli orfani, degli anziani, dei disoccupati, dei poveri. Si proclamò a favore della democrazia rappresentativa, respinse il dispotismo e le torture. La sua spiccata vena pubblicistica e comunicativa era congeniale al tempo della Rivoluzione, e carica di novità. Ciò non impedì che nel 1793 venisse ghigliottinata.

La madre, Anne Olympe Mouisset, era figlia di un drappiere, e sposò il commerciante Pierre Gouze nel 1737; egli non era però padre di Maria. Del padre naturale, Jean Jacques Lefranc de Pompignan, la futura Olympe scriverà: «...egli impiegò ogni mezzo per ottenere da mia madre che mi lasciasse alle sue cure paterne; senza dubbio la mia educazione sarebbe stata più coltivata, ma ella rigettò ogni proposta». [1]

Ufficialmente Pierre Gouze non firmò il certificato battesimale e Lefranc non riconobbe la paternità.

L'educazione di Marie Gouze fu scarsa. In Occitania il francese era considerato una seconda lingua, scritta, mentre le sue opere teatrali risentono del dialetto.

Olympe fece una visita a Parigi alla sorella Jeanne nel 1756, dopo il matrimonio di lei. Il 24 ottobre 1765, a 16 anni, andò in sposa a Louis-Yves Aubry, ufficiale dell'Intendenza. Lei offrì una dote di 800 franchi in argento, mobili e oggetti casalinghi e volle la separazione dei beni. Lui divenne rosticciere e vissero come piccoli borghesi benestanti.

«Avevo appena 14 anni quando mi sposarono ad un uomo che non amavo affatto, che non era ricco, né di una certa estrazione. Fui sacrificata senza alcuna ragione che potesse bilanciare la ripugnanza che avevo per quest'uomo». Il 29 agosto 1766 mise al mondo Pierre. Il marito morì presto.

Da allora si ribattezzò Marie Olympe (come sua madre) e aggiunse il “de” al suo patronimo Gouze, modificandolo in Gouges. Conobbe Jacques Bétrix de Rozières, alto funzionario della marina, direttore di una compagnia di trasporti militari, a Montauban, con cui instaurò una relazione, che non sfocerà in un matrimonio, essendo lei divenuta reticente ad un'unione formale. Preferì installarsi a Parigi. O.Blanc, nella sua biografia, narra che finanziariamente Biétrix le assegnò una rendita annuale, che intercorsero dei problemi a causa di alcune sue insolvenze, ma che infine si accordarono amichevolmente, senza ricorrere alla giustizia (lei era tra l'altro sua concubina e non godeva di certi privilegi per legge). I 70.000 franchi che ricevette da lui in 10 anni le permisero di introdursi nella società borghese agiata. Alcuni affermano maliziosamente che fu una “cortigiana” o una delle “più graziose donne di Parigi”. Olivier Blanc scrive «senza avere la sfrontatezza del vizio, non ha seguito il rigore austero della virtù». Philippe d'Orléans si prese cura dell'educazione di suo figlio Pierre.

A partire dal 1778 frequentò diversi salotti e conobbe giornalisti, filosofi e scrittori come Rivarol, La Harpe, Marmontel, Aubert, Sauterau e soprattutto Louis Sébastien Mercier, con il quale strinse un'amicizia destinata a durare negli anni.

Si appassionò alla scrittura teatrale e creò una sua compagnia, con la quale faceva del teatro itinerante.

La marchesa di Montesson, protettrice e amante del teatro, la convocò al Teatro francese per una lettura dopodiché Olympe si propose come autrice alla Comédie Française. Le donne riconosciute dalle istituzioni culturali, come la Comédie, erano una stretta minoranza (dal 1680 alla rivoluzione solo 77 pièces su 2627 opere scritte da donne furono messe in scena). Olympe partecipa del passaggio cruciale fra il Nuovo e l’Antico Regime, alla cui base però pullulano circoli e salotti spesso animati da donne.

Nel 1785 compose per la Comédie Zamore et Mirza (iscritta inizialmente nel repertorio, in seguito provocò una querelle che durò 4 anni). Nel 1785 dopo essersi lamentata per il trattamento ricevuto dai commedianti, ricevette una Lettre de cachet che ordinava il suo imprigionamento alla Bastiglia, ma grazie a numerosi interventi a suo favore, rimase libera. La pièce fu pubblicata solo nel 1792 con il titolo L'esclavage des Noirs, ma era stata rappresentata al Teatro della Nazione nel 1789, dove solo alla prima davanti a 1000 spettatori, alquanto rumorosi, al punto che nel 1790 furono vietate le repliche e Le Fou par amour, che fu poi rigettata. Su questa vicenda dichiarò: «Alzavo la voce in favore di questi uomini così infelici e così calunniati...in quest'epoca attuale in cui si ristabilisce la libertà spererei ora di ricevere più indulgenza per un'opera che la difende».

Nel 1786, per il teatro pubblicò l'opera Le mariage inattendu du Chérubin, apprezzata dalla critica e dedicata al tema delle nozze non consensuali, e L'homme généreux, assumendo il ruolo di autrice drammatica per il teatro politico. Nel 1788 diede alle stampe le Réfléxions sur les hommes nègres, che le permise di divenire membro della Société des amis des Noirs fondata da Brissot, e nel 1790 la pièce Le marché des noirs. In questi anni apparvero alcuni suoi scritti, tra cui Les democrates et les aristocrates (1790), La nécessité du divorce (1790), Le couvent ou les voeux forcés (1790), Mirabeau aux Champs Elysées (1791), La France sauvée ou le tyran détrôné (1792).

A partire dal 1787 si avviò una nuova fase propulsiva dell'editoria francese. Il 18 agosto 1789 l'assemblea approvò un articolo che accordò la libertà di stampa, secondo il modello costituzionale della Virginia. Tale rinnovamento incoraggiò la creazione di 500 periodici. Solo a Parigi nel 1790 circolavano 235 giornali, tra cui diverse iniziative femminili, come per esempio il «Journal des dames», attivo sino al 1793.

Già dal 1787 si lamentava, in quasi la totalità dei 464 Cahiers de doléances, la questione della libertà di stampa. Dal gennaio 1787 al luglio 1788 furono 650 i pamphlet dati alle stampe. In questo contesto Olympe ottenne una certa fama come libellista.

Nel giugno 1788 uscì la sua prima brochure politica sul «Journal général de France», in prima pagina: Lettre au peuple ou projet d'une caisse patriotique, par une citoyenne (in cui difendeva Luigi XVI e auspicava l'entrata in vigore di una tassa sulla ricchezza) e nel maggio 1789 pubblicò Le cri du sage, par une femme, in cui proclamò: «Potete escludere le donne da tutte le assemblee nazionali, ma il mio genio caritatevole mi porta nel mezzo di questa assemblea». Le cronache narrano: «La Bastiglia è distrutta...Olympe de Gouges riceve il suo battesimo ed eccola con gli occhi aperti, le orecchie all'erta, tese ad ascoltare le grida del popolo ed i discorsi dei deputati...risponde a tutto, interpella il re, l'assemblea e la Francia...i muri di Parigi sono coperti dai suoi manifesti». Dopo la convocazione degli Stati Generali del 1 maggio 1789 fu presente alle sedute dall'Assemblea nazionale, come altre donne. Solo nel 1789 compose 12 brochure. Le sue argomentazioni erano vicine a quelle di cui si discuteva nei salotti di Anne-Catherine Helvétius, a Auteuil (luogo, dove si trasferì dal 1790 al 1793 - traslocò numerose volte a Parigi), dove si formò la Société d'Auteuil. La moglie del filosofo Helvétius, al pari della contessa di Beauharnais, accolse molte donne nella sua casa. In questi anni Olympe rivendica la rinuncia al matrimonio religioso, il ricorso al divorzio, alla ricerca della paternità e la parità di diritti per i bambini nati fuori dai matrimoni, nonché la tutela delle madri, dei minori, dei mendicanti e dei disoccupati; nel mondo politico difese il re e la monarchia e si espresse con moderatismo. Nel 1789 scrisse un'epistola dedicata a Luigi XVI e nel 1791 firmò la Déclaration des droits de la femme et de la citoyenne, indirizzandola alla regina Maria Antonietta.

Su modello della dichiarazione approvata in Francia, nel suo progetto pone in primo piano l'esigenza di una presa di coscienza delle donne dei loro diritti e doveri, nell'interesse del paese. Giusnaturalista, non ritiene plausibile che si possano separare i due sessi, come dimostra “l'ordine della natura”. Ogni istituzione politica si deve fondare sugli atti degli uomini e delle donne. Nel 1789 aveva pubblicato un articolo sul «Journal de la Société» Sull'ammissione delle donne al diritto di cittadinanza. Anche dopo la fuga dei monarchi a Varennes rimase monarchica. Si appellò alla Costituzione, sulla quale prestò giuramento il re, al quale consacrò L'esprit français, una brochure indirizzata all'Assemblea. All'assemblea presentò un progetto per la formazione di una guardia nazionale femminile.

Sul «Thermomètre du Jour» si chiosò su di lei: «Si vede l'eccessiva sensibilità, la purezza delle sue intenzioni e la giustizia delle sue visioni, Madame de Gouges avrebbe desiderato che la rivoluzione fosse fatta senza spargimenti di sangue». All'Assemblea confessò, con una lettera: «Da 5 anni ho scritto senza requie, ho inondato la Francia con le mie osservazioni caritatevoli (i presenti risero), con esse ho stancato i nemici della Patria». Si impegnò nella riuscita della Festa della Legge del 3 giugno 1792 al Champ-de-Mars, a cui furono ammesse le donne, per la quale raccolse dei fondi. Partecipò a diversi cortei. Il 22 luglio 1792, giorno del reclutamento nazionale, apparve a Place du Carrousel ed esortò il pubblico a sostenere la patria in pericolo (il figlio era sotto le armi). Condannò l'ascesa di Robespierre. Dopo il 25 agosto 1792 scrisse La fierté de l'innocence, ou le silence du véritable patriotisme, in cui si pose come avversaria della ghigliottina. Nell'ottobre 1792 attaccò il manifesto intitolato Pronostic sur Maximilien Robespierre, par un animal amphibie. Per lei egli era “un obbrobrio”, lo considerò distruttivo, vampiresco, lo esortò a «fuggire il grande giorno, che non era fatto per lui». Rifiutò la politica dei Montagnardi e di Marat. Sognò invano il primato della filosofia. Nel 1792 assieme a Condorcet e a sua moglie Sophie de Grouchy appoggiò i Girondini (federalisti). Nel dicembre 1792 si candidò a fianco di Malesherbes nella difesa del Re: «Il più grande crimine di Louis Capet fu quello di nascere re in un tempo in cui la filosofia preparava in silenzio i fondamenti della repubblica. Noi abbiamo abolito la monarchia...sappiamo essere abbastanza grandi per lasciargli la vita».

Ma nonostante la grande partecipazione femminile alla rivoluzione, nell'aprile 1793 la convenzione dichiara che le donne non hanno lo statuto di cittadine.

Nel giugno 1793, presagendo il peggio, Olympe rende pubblico il suo Testament politique, fa affiggere il manifesto Le trois urnes ou le salut de la Patrie par un voyageur aérien nel quale propone un referendum popolare per scegliere una forma di governo tra quella repubblicana, federativa e monarchica. Questo scatena le accuse del Tribunale rivoluzionario. La sua casa viene perquisita e sparsi i suoi scritti. Al processo dirà: «Sono donna, temo la morte, ho paura del vostro supplizio, ma non ho confessioni da fare, dall'amore per mio figlio trarrò il mio coraggio».

Dall'Abbaye de Saint Germain-des-Près, riesce a farsi trasferire alla casa di cura di Marie-Catherine Mahay, dopo aver impegnato dei gioielli. Nascostamente consegna due manifesti da affiggere ai suoi sostenitori, per giustificarsi e per lamentarsi delle condizioni della sua detenzione (un manifesto si intitola Olympe de Gouges au tribunal révolutionnaire). Nel 1793 vengono ghigliottinati 21 girondini e Maria Antonietta. Olympe viene privata di avvocato, afferma di essere incinta, ma non le si crede. Il Tribunale la ritiene colpevole di aver attentato alla sovranità del popolo. In prigione scrisse al figlio: «Muoio mio caro figlio, vittima della mia idolatria per la Patria e per il popolo...muoio innocente» (il figlio non ricevette la lettera che fu confiscata da Fouquier-Tinville). Il 3 novembre 1793 fu ghigliottinata. Sul «Moniteur» scrissero «Olympe de Gouges volle essere un uomo di Stato, sembra che la legge abbia punito questa cospiratrice per aver dimenticato le virtù che convengono al suo sesso». Il 14 novembre il figlio pronunciò una professione di fede civica, rinnegando le opinioni della madre: era stato destituito dall'esercito e nel 1794 sarà reintegrato. Nel 1795, secondo Olivier Blanc, Pierre Aubry domanderà la riabilitazione della madre.

Dal 1989 personalità di spicco francesi come la storica Catherine Marand-Fouquet e Ségolène Royal hanno ispirato un movimento d'opinione richiedente la “panthéonisation” di Olympe, senza successo.

NOTE

1. A 36 anni la futura Olympe pubblicò la sua corrispondenza con la famiglia di Flacourt, in cui rivelò di essere figlia di Marie Gouze, amante di Jean Jacques Lefranc de Pompignan - sua figlioccia secondo altre fonti.



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Fonte: enciclopediadelledonne.it

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Mar Lug 30, 2024 9:54 pm
Brava Dalila. 
Di questa donna si è detto tutto il male possibile, le sono stati attribuiti i delitti del padre e del fratello. E invece è stata una vittima ed è morta da mistica. 

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Mar Lug 30, 2024 9:48 pm
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LUCREZIA BORGIA.
Lucrezia Borgia, donna tra le più note e controverse di ogni epoca, nacque il 18 aprile 1480. Lei era figlia illegittima di un papa, per l'esattezza Alessandro VI, il cui vero nome era Rodrigo Borgia. Si sposò tre volte: la prima a 13 anni e la seconda a 18, dopo l'annullamento del primo matrimonio. Il secondo marito di Lucrezia fu Alfonso d'Aragona, il quale fu fatto uccidere, qualche tempo dopo le nozze, dal fratello Cesare, di cui vi ho parlato di recente. Il terzo marito fu Alfonso d'Este, duca di Ferrara. Lucrezia visse 17 anni nella città del marito, a partire dal 1502, e lì fu amata dai sudditi e circondata dai poeti di corte, tra cui Pietro Bembo, il dotto umanista, innamoratissimo di lei. Bembo aveva sentito parlare di questa donna aristocratica, intelligente, affascinante e simpatica, ma appena la vide, rimase folgorato dalla sua bellezza e dai suoi lunghi capelli biondi. Egli le dedicò l'opera "Gli asolani" e da allora, i due furono legati da un sentimento clandestino. La peste li separò, ma essi si scrissero intense epistole per ben 16 anni, tra le più belle lettere d'amore ancora conservate. Insieme ad esse, Lucrezia inviò una sua ciocca bionda, affinché lui potesse continuare ad accarezzarla. Lucrezia morì a 39 anni, dopo aver dato alla luce l'ultima figlia, e fu sepolta nel monastero del Corpus Domini, a Ferrara, dove tuttora riposa. Lucrezia Borgia ebbe fama di essere molto bella, ma dai facili costumi e spietata come il fratello. Infatti, passò alla storia come mangiatrice di uomini e avvelenatrice, per l' uso di un veleno micidiale, chiamato cantarella, con il quale lei e la famiglia Borgia avrebbero eliminato i propri nemici, versandolo nelle bevande o nel cibo altrui. Oggi sappiamo che tutto ciò è, probabilmente, frutto di calunnie e di immaginazione popolare, ma anche grazie ad esse la Borgia si è guadagnata l'immortalità nell'immaginario comune.
(da web)



"Lucrezia era esattamente il contrario di come è stata descritta in passato. Gli storici odierni da molti anni ne hanno riabilitato la figura. È stata vittima della sua famiglia, ma a Ferrara ha saputo farsi valere, sia come moglie che come madre e buona cristiana. Resse lo Stato in assenza del marito ed aderì al terz'ordine francescano".

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Sab Lug 27, 2024 8:57 pm
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Laskarina Bouboulina


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Greca, donna. Comandante di nave. Nella vita di Laskarina Bouboulina nulla ha seguito un copione tradizionale. In un Paese di rigida tradizione patriarcale (in cui però le donne hanno sempre partecipato alle guerre di liberazione), Laskarina è diventata non soltanto un'eroina nazionale, ma un ammiraglio della flotta zarista.
Già la sua nascita è stata fuori dall’ordinario: l’11 maggio 1771, sua madre Skevo la mise alla luce nel carcere di Istanbul. Suo padre, Stavrianos Pinotsis, era originario dell’isola di Idra e apparteneva alla comunità di lingua arvanitica (una antica variante dell’albanese, in prevalenza di fede ortodossa). Aveva partecipato alla fallita ribellione contro gli Ottomani del 1769-1770, guidata dai fratelli Orloff: un episodio della più vasta guerra tra impero zarista e turco, che si svolse tra 1768 e 1774. Culminata con una clamorosa vittoria russa, la spedizione era terminata con una ritirata.
La bambina nacque quando Skevo era in visita al marito in fin di vita: dopo la sua morte, madre e figlia tornarono sull’isola di Idra. Quattro anni dopo si trasferirono su quella di Spetses: Skevo aveva sposato Dimitrios Lazarou-Orlof e Laskarina si era trovata otto fratellastri e sorellastre di cui divenne presto la leader. Ovviamente all’epoca non bastava essere una ragazza vivace per primeggiare o conquistarsi un posto nel mondo.
Alta, nera di capelli e di carnagione olivastra, Laskarina dovette sposarsi. Lo fece due volte: a diciassette anni con Dimitrios Yiannouzas. A trenta con l’armatore e capitano Dimitrios Bouboulis di cui poi le rimase il nome. Nel 1811 Dimitrios fu ucciso in uno scontro con i pirati algerini. Laskarina aveva quarant'anni e secondo gli standard avrebbe dovuto adattarsi al ruolo di vedova. Invece prese in mano la flotta e gli affari commerciali del marito e avviò la costruzione di quattro nuove navi, tra cui la ben equipaggiata Agamennon.
Nel 1816 gli ottomani tentarono di confiscarle le proprietà in base al fatto che suo marito aveva combattuto contro di loro, nella guerra russo-turca. Ma Laskarina incontrò a Istanbul l’ambasciatore russo, il conte Pavel Strogonov, e chiese la sua protezione. Il conte la fece riparare in Crimea, in una tenuta messa a disposizione dalla zar. Ma più importante fu l’incontro dell’armatrice con la madre del sultano Mahmud II che, colpita dalla forza di Laskarina e dalla sua personalità, riuscì a persuadere il figlio a non confiscarle le proprietà.
Per questo, dopo soli tre mesi di esilio in Crimea, Laskarina poté far ritorno sull’isola di Spetses. Qui cominciò la sua vera avventura. Forse in ricordo del padre, ma anche stanca delle vessazioni dei turchi, probabilmente aderì alla Filiki Etaireia, l’organizzazione segreta greca che cospirava per l’indipendenza, fondata a Odessa nel 1814, alla quale aderirono, tra gli altri Lord Byron e Alexander Puschkin. Il dubbio è d’obbligo perché il nome della Bouboulina non risulta nella lista, tra le poche donne che ne fecero parte (l’altra celebre è la comandante Manto Mavrogenous, nata a Trieste nel 1796 e morta a Paros nel 1848, il cui nome di famiglia era Morosini). Di certo la Bouboulina acquistò armi a munizioni e le trasportò sulle sue navi a Spetses, per la “causa della nazione”.
Non solo: nel 1820 l’Agamennon fu pronta. Laskarina pagò gli ufficiali e funzionari turchi affinché ignorassero la sua grande stazza e il suo equipaggiamento. Fu tra le meglio armate che la Grecia si sia trovata a disposizione per la sua lotta d’indipendenza. Bouboulina armò delle sue truppe, chiamando a raccolta gli uomini di Spetses, i suoi “coraggiosi palikaria”, ragazzi, come li chiamava. Le costò una fortuna ma così di fatto costituì una flotta ai suoi ordini.
Il 13 marzo 1821 Laskarina fece issare sul pennone dell’Agamennon la bandiera greca. Che si rifaceva allo stendardo dei Comneni, imperatori bizantini tra l’XI e il XII secolo. La rivolta di Spetses scoppiò il 3 aprile. Presto giunsero rinforzi dalle popolazioni greche delle isole vicine. Bouboulina salpò con otto navi e pose l’assedio a Nauplia, nell’Est del Peloponneso, non lontano dall’isola di Speteses. All’epoca il forte era equipaggiato da trecento cannoni. Partecipò quindi alla conquista di Monemvasia, nel Sud-Est del Peloponneso, e di Pilo, a Ovest, nella baia di Navarino. Suo figlio, Yannis Yiannouzas morì nel maggio 1821 nella battaglia di Argo (che il 26 maggio di quell’anno costituì il consolato dell'Argolide) contro le truppe imperiali turche.
Assistette, il 23 settembre 1821, alla caduta di Tripoli, nell’antica Arcadia: uno degli episodi più tristi della lotta d’indipendenza greca. I ribelli massacrarono i musulmani e gli ebrei che da secoli abitavano in città. Fu una strage immotivata: si calcola che i musulmani uccisi furono circa ottomila. Autore della strage, che seguiva un lungo assedio, fu Theodoros Kolokotronis (che riuscì a prendere la città stringendo una pace separata con i duemilacinquecento albanesi che la difendevano). Pare che Bouboulina riuscì a far risparmiare alcune donne dell’harem di Hurshid Pasha, comandante e gran vizir turco, forse per riconoscenza dell’aiuto ricevuto nel 1816 dalla “valide sultana”, la madre del sultano. Però molte musulmane furono ridotte in schiavitù. In seguito, sua figlia, Eleni Bouboulina, sposò il figlio di Kolokotronis, Panos.
Quando nel 1824 scoppiò la guerra fra i diversi clan che avevano partecipato all’indipendenza greca, Laskarina fu imprigionata dalle truppe del suo nuovo Paese proprio per i suoi legami con Kolokotronis, che nel frattempo era stato arrestato. Panos fu addirittura ucciso. A Laskarina fu concesso di ritirarsi in esilio, a Spetses. Le sue fortune personali si erano esaurite durante la guerra di liberazione nazionale. Eppure nel 1823 lo zar Alessandro I l’aveva nominata ammiraglio della marina russa e l’aveva decorata con l’ordine della Spada mongola.
La sua morte appare oggi una vera beffa, ma sintetizza bene l’estrema violenza della Grecia dell’epoca. Un altro figlio di Laskarina, Giorgios Yiannouzas aveva rapito la ragazza di cui era innamorato che apparteneva al clan Koutsis. Il padre, Christodoulos, andò a reclamarla sotto le finestre di Laskarina accompagnato da familiari armati. Seguì una discussione, Bouboulina si affacciò al balcone per difendere il figlio. Partì un colpo, non si sa sparato da chi, che la colpì in fronte e la uccise. Era il 25 maggio 1825. Ed è probabile che Laskarina si stesse riarmando per fronteggiare la flotta turca in arrivo dall’Egitto, al comando dell’ammiraglio Ibrahim Pasha.


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Fonte: enciclopedia delle donne.it

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Donne coraggiose Empty Lady Godiva “regalo di Dio"

Ven Lug 12, 2024 3:02 pm
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Un'antica leggenda inglese racconta che quasi 1000 anni fa una donna senza veli sfilò a cavallo per le strade deserte della sua città. Non indossava nulla, solo i lunghi capelli coprivano a malapena il suo corpo nudo. 
Era il #10luglio 1040. La donna era Lady Godiva (in inglese antico “regalo di Dio"), moglie del conte Leofrico di Coventry, e il suo era un sacrificio coraggioso fatto per il suo popolo.
Dopo l'ennesima esosa tassa imposta dal governante, infatti, la contessa aveva preso le difese della popolazione ridotta allo stremo, chiedendo ripetutamente al marito di eliminarla e ridurre le altre. 
Stanco delle suppliche, alla fine Leofrico aveva ribattutto con una provocazione: avrebbe diminuito i tributi se la moglie avesse attraversato le vie della città nuda a cavallo.
Eppure, forse inaspettatamente, Lady Godiva lo fece davvero. 
Leofrico pubblicò un proclama in cui imponeva ai cittadini di chiudere porte e finestre, per non assistere allo spettacolo scandaloso. Fu solo il giovane Tom, sarto del paese, poi denominato "Peeping Tom" (equivalente all'italiano "guardone"), che non poté resistere e questa sua curiosità gli fu fatale: dopo aver guardato la sfilata da un buco delle imposte, rimase talmente impressionato da divenire cieco.
D'altro canto, il sacrificio della giovane contessa non fu vano: si narra che il marito abbia poi rispettato la parola data riducendo le tasse agli abitanti di Coventry.
 
:art: Dipinto di John Collier, “Lady Godiva” (1897)

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Donne coraggiose Empty Michela Murgia, Dare la vita - 2024

Gio Lug 04, 2024 5:34 pm
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Prometto di esserti fedele sempre
La fedeltà è l'altro nome del possesso, l'umore dove fermenta la tossina della gelosia, che inquina i sentimenti e struttura i rapporti di potere più dolorosi e squilibrati. Nel momento stesso in cui la pronuncio, la parola diventa falsa e riesco a definirla solo per negazione: so quello che fedeltà non è.
Da ragazzina quando compravo "Cioè" rispondevamo ai test con domande come: "Sei un tipo fedele?". Io non sapevo mai cosa dire. Capivo che dire di no avrebbe fatto di me una brutta persona, ma a dire sì proprio non riuscivo.
Se significava consacrare la propria libertà alle insicurezze di qualcun altro, allora no, non sono fedele.
Se significa stare con qualcuno che mi considera un bene proprietario di cui si può rivendicare l'esclusiva, non sono fedele. 
Se significa che qualcuno può pretendere di avere controllo sui miei comportamenti, sui miei pensieri, sul mio corpo o sulle mie scelte, non sono fedele.
La struttura dei rapporti quel rigetta la fedeltà e richiede affidabilità. Con chi vai a letto o di chi t'innamori sono dati ininfluenti: la romanticizzazione e la sessualizzazione dei rapporti sono le armi con cui il binarismo patriarcale controlla la vita delle persone, specie di quelle che chiama donne.
Quando il gioco della vita si fa duro, vince soltanto chi resta e fa quello che serve. Chi mi vuol bene sa che ci sono e ci sarò, ma la mia responsabilità è direttamente proporzionale alla libertà con cui posso agirla. Si può voler davvero appartenere a un altro in modo esclusivo, sotto minaccia di legge o dello stigma sociale dell'infedele?
La violazione della fedeltà è l'alibi delle violenze domestiche e dei femminicidi. È in nome della fedeltà che si può dare a una donna della puttana, giudicarne il comportamento e persino ottenere le attenuanti in tribunale se la si ammazza.
Se devono imporci di promettere fedeltà, è perché non ci appartiene: tuttə vogliamo essere liberə, perché solo dentro alla più completa libertà è possibile esercitare la più stabile delle responsabilità.
Non avrò bisogno di fuggire, se non cercherai continuamente di ficcarmi dentro una gabbia.


Michela Murgia, Dare la vita - 2024

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Donne coraggiose Empty EMMA THEOFELUS

Ven Giu 28, 2024 2:50 pm
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Emma Theofelus, nata nel 1996, è una giurista e attivista africana impegnata nella promozione dell'istruzione, dell'accesso all'informazione e nella lotta contro la violenza sulle donne. È diventata la più giovane ministra dell'Africa quando, a soli 23 anni, 
è stata eletta al parlamento della Namibia nel marzo 2020.
 Cresciuta in una famiglia numerosa, ha ricevuto un forte incoraggiamento a perseguire i suoi sogni con determinazione. Brillante negli studi e con una naturale propensione alla leadership, Emma è una femminista e un'attivista sociale appassionata. 


Si è laureata in giurisprudenza all'Università della Namibia, specializzandosi in femminismo africano e studi di genere, ed è stata membro del Consiglio nazionale dell'istruzione superiore. Prima di assumere incarichi governativi, ha servito come vicepresidente del Parlamento dei Giovani dal 2013 al 2018 e come funzionaria del Ministero della Giustizia dal 2019 al 2020.


 Attualmente, è viceministra dell'Informazione, della Comunicazione e della Tecnologia. Nel 2020, Avance Media l'ha inserita nella lista delle 100 donne africane più influenti.

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Donne coraggiose Empty Coraggiosa davvero

Lun Giu 24, 2024 1:13 am
Donne coraggiose Opera691


Come si dice ? " Crepi l'avarizia!"


Hetty Green è stata la donna più avara della storia, la sua ricchezza è stimata a più di 2,3 miliardi di dollari. Hetty Greene è nata negli Stati Uniti nel 1835. Era l'unica figlia di un ricco uomo d'affari.


 Ha ereditato da suo padre una fortuna stimata in 7,5 milioni di dollari. Quando aveva 21 anni si trasferì a New York per investire denaro a Wall Street e fu chiamata "la strega cattiva di Wall Street" . 
Ha sposato un milionario come lei, ma viveva ancora con gli avanzi di torte e biscotti rotti nei negozi di alimentari e litigava per ottenere un osso gratis per il suo cane tutti i giorni.


Hetty Green era una donna molto avida, anche se era la donna più ricca d'America durante l'età d'oro, cuciva le sue stesse mutande da quando aveva 16 anni e non le ha cambiate né comprate altre fino al giorno della sua morte. Non ha mai speso un centesimo, per questo si diceva che non usava mai acqua calda, che indossava un vestito nero che non si cambiava finché non era completamente consumato e che viveva mangiando una torta che costava solo due centesimi.
E qui ci vuole coraggio eh ...


 Ha provocato l'amputazione della gamba da suo figlio perché quando gliel'ha rotta, lei ha ritardato il trattamento perché ha insistito per non spendere soldi e ha continuato a cercare cure mediche gratuite.
Hetty Green morì nel 1916 all'età di 81 anni a New York City ed è stata iscritta nel Guinness dei primati come la "persona più tirchia del mondo". La causa della sua morte è stata un ictus dovuto a una lite con la sua domestica perché la domestica ha chiesto un aumento del suo magro stipendio.


 Lei è morta e ha lasciato un'enorme fortuna, e i suoi figli non hanno ereditato la sua estrema avarizia , ma sono stati generosi al punto che sua figlia ha costruito un ospedale gratuito con i suoi soldi! 
 E meno male ...

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