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La storia vulcanica di Stromboli
Sab Apr 20, 2024 5:40 pm
Forse nessun video e nessun racconto possono spiegare davvero Stromboli, dice Geopop. ma per capire Stromboli devi essere lì.
«Solo quando metti piede a Stromboli ti puoi rendere conto di quanto sia speciale, è come se ci fosse un’attrazione magnetica tra te e il vulcano», così Geopop cerca di restituire l'emozione che dà arrivare a Stromboli, un vulcano «a cui piace cambiare», che ha subito diverse trasformazioni.
Si tratta di uno dei pochi vulcani sulla Terra ad attività persistente, che sorge a 920 metri sul livello del mare ma la base effettiva si trova 2000 metri sotto la superficie dell'acqua.
Con tre crateri attivi, da svariati secoli, si può ammirare lo spettacolo di tante piccole esplosioni, ben distinte tra loro, con lanci di lava incandescente fino a qualche decina o centinaio di metri al di sopra del cratere, la cosiddetta attività stromboliana, una terminologia usata in tutto il mondo per indicare questo tipo di fenomeni.
Lo Stromboli potrebbe essere nato un milione di anni fa, ma come vulcano sottomarino. L’attività in superficie comincia invece circa 200 mila anni fa come testimonia l’età delle rocce dello "Strombolicchio", un piccolo scoglio che dista circa due chilometri dall’isola principale.
Fonte: balarm.it
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Borgo Cannistà, tutto da guardare (ME)
Gio Apr 11, 2024 5:11 pm
Come Borgo Parrini, ma nel Messinese.
Piccolo e colorato, Borgo di Cannistrà è un paese di circa 300 abitanti, che sorge a pochi chilometri da Barcellona Pozzo di Gotto in provincia di Messina.
Sono in pochi a conoscere l'esistenza di opere artistiche in questo paese, che ha cambiato completamente aspetto negli ultimi 10 anni.
In una sera di maggio del 2011 alcuni abitanti del borgo, si sono riuniti e, contando solo sulle loro forze, hanno dato nuova vita alle "nuova" mura del borgo, facendolo diventare un laboratorio di cittadinanza attiva.
Pali della luce dipinti e frigoriferi pieni di libri. Il degrado di un tempo ha lasciato spazio alla bellezza, all'insegna dell'arte urbana che colora questo paesino.
Non staremo a dirvi dove si trovano le singole opere, perché il bello in questi casi è proprio quello di perdersi tra i vicoli, per lasciarsi incantare da murales e installazioni sparse qua e là.
Piccolo e colorato, Borgo di Cannistrà è un paese di circa 300 abitanti, che sorge a pochi chilometri da Barcellona Pozzo di Gotto in provincia di Messina.
Sono in pochi a conoscere l'esistenza di opere artistiche in questo paese, che ha cambiato completamente aspetto negli ultimi 10 anni.
In una sera di maggio del 2011 alcuni abitanti del borgo, si sono riuniti e, contando solo sulle loro forze, hanno dato nuova vita alle "nuova" mura del borgo, facendolo diventare un laboratorio di cittadinanza attiva.
Pali della luce dipinti e frigoriferi pieni di libri. Il degrado di un tempo ha lasciato spazio alla bellezza, all'insegna dell'arte urbana che colora questo paesino.
Non staremo a dirvi dove si trovano le singole opere, perché il bello in questi casi è proprio quello di perdersi tra i vicoli, per lasciarsi incantare da murales e installazioni sparse qua e là.
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Trapani e dintorni da Eleonora Curcuraci
Gio Apr 04, 2024 5:58 pm
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Blufi, Olanda siciliana
Ven Mar 29, 2024 3:13 pm
Blufi, Malupassu in dialetto locale, è un piccolo paese che si sviluppa su un colle del versante meridionale delle Madonie. Sono poche e confuse le notizie relative alla sua storia e allo stesso toponimo.
Il nome Blufi appare per la prima volta nel 1211 in un documento in cui la chiesa palermitana concede a Federico II, tra le altre concessioni, i "Proedia Buluph apud Petraliam", ovvero i possedimenti chiamati "Buluf" presso Petralia.
L'ipotesi più accreditata è quella che vede in Blufi un nome di derivazione araba, formato da "be" e "luf", che richiamerebbe una pianta presente nella zona. Qualunque sia la derivazione, quel che è certo è che le vicende storiche blufesi sono legate a quelle della città di Petralia Soprana, di cui Blufi è stata una frazione fino al 1972.
Da qualche anno la zona di Blufi, e più precisamente il campo di fronte il Santuario della Madonna dell'Olio, è diventato meta primaverile irrinunciabile per gli amanti della natura e della fotografia; nel periodo che va da marzo a maggio, infatti, questo è letteralmente infiammato da un’estesa macchia rossa!
Migliaia di tulipani rossi crescono spontaneamente in un campo coltivato a grano, tra mandorli ed alberi di ulivo: un colpo d’occhio incredibile. Si tratta della fioritura del Tulipano precoce o Tulipano di Raddi (Tulipa raddii). Resistenti alle operazioni di aratura dei terreni, per via della posizione dei bulbi a circa 50 cm di profondità, i tulipani - selvatici - fioriscono generalmente tra marzo e maggio e sono totalmente assenti nei terreni incolti.
Tale "piccola porzione di Olanda" rappresentano per Blufi un eccezionale biglietto da visita, un grande richiamo per migliaia di visitatori, curiosi e soprattutto fotografi.
Fonte: guidasicilia.it, Fotografie: web
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Borgo San Gregorio (ME), un luogo ad alta ispirazione
Mar Mar 12, 2024 6:03 pm
Borgo San Gregorio si trova a Capo d’Orlando, in provincia di Messina, e deve il nome a Papa Gregorio Magno. Forse non tutti lo sanno, ma la celebre canzone Sapore di Sale di Gino Paoli è stata ispirata proprio da questo incantevole borgo marinaro di pescatori.
Dal centro di Capo d’Orlando si percorre il litorale marino in direzione Messina: qui si snoda la costa tortuosa che forma il costone roccioso con una ricca vegetazione sempreverde. Oltrepassato il Faro, qualche centinaio di metri più avanti si ammira un laghetto salmastro in continuo mutamento. Lungo tutto il tratto, fino al borgo, vi sono gli scogli dalle più svariate forme, dove hanno trovato casa flora e fauna marina. Il fondale del mare e limpido e cristallino.
Il Borgo San Gregorio è formato da semplici e belle casette di pescatori. È talmente tanto suggestivo da essere spesso oggetto di attenzioni da parte di artisti e pittori. Guardando questa deliziosa località siciliana, si potrebbe pensare che il tempo si sia fermato.
Ed è sul profumo di sale e di mare che impregna l'atmosfera , si può ripercorrere la storia di un brano musicale, inno indiscusso di quegli anni '60 idealizzati e rimpianti, dove sembrava che la vita fosse uno scrigno di gioielli aperto a tutti, dove bastava allungare una mano per prendere senza alcun timore. Canzone ballata stringendosi forte, senza movimenti bruschi, senza spostarsi dalla famosa "mattonella", sentendo i brividi di quel contatto fisico che trasmetteva ardore e che faceva “battere forte il cuore“ come diceva in una battuta Virna Lisi in un film dei fratelli Vanzina.
Ebbene questo brano, magico, morbido, lento, sognante, di uno dei poeti della canzone italiana, diventato emblema e cult di un’epoca, fu scritta pensando a San Gregorio, a questa spiaggia di piccole pietre smussate e rotonde, a questo mare cristallino.
È lo stesso Gino Paoli che racconta la storia di come nacque la canzone. Si esibiva con il suo gruppo in un locale di proprietà dei Baroni Milio e su loro invito rimase per quasi un mese in una specie di "confino dorato". Ricorda che nel 1963 San Gregorio era poco più che qualche casa di pescatori: «Era in pratica solo un’unica lunga meravigliosa spiaggia. Un luogo splendido, magico».
Rivela che il pezzo non fu scritto per una donna, a lungo si pensò a Stefania Sandrelli, ma per questo luogo.
Se leggiamo il testo, sembra di rivivere le sue emozioni e quei momenti: «Qui è il tempo dei giorni che passano pigri e lasciano in bocca il gusto del sale», quei giorni trascorsi tra nuotate e prolungate soste, sdraiati al sole su quei sassetti colorati, momenti intervallati da corse in motoscafo fino alle Eolie, che da qui vedi in un orizzonte possibile e vicino.
Tutto è giocato sui profumi, sui sapori, sui colori e le sensazioni. La sua donna in questo pezzo diventa un tutt'uno con il sapore del mare e del sale, ne assorbe l’essenza compenetrandosi in questo luogo d’idillio sensuale e materico.
Camminando tra i pochi vicoli, il Borgo sa che deve la sua fortuna anche a questa canzone che l'ha reso famoso, così tutto è diventato a tema, il ristorante, la gelateria, che ovviamente porta il nome del brano, e dove nel menù tutto diventa sapore di qualcosa: sapore di sale, di mare, sapore di Etna e di altro ancora.
Eppure tutto questo non disturba, non è sguaiato e pesante, l’azzurro e il bianco di mura, case, finestre, terrazzi e vicoli anche sotto questo sole implacabile, danno un senso di benessere e quasi frescura.
Sdraiati su quei ciottoli è bellissimo affondare le dita, per poi respirarne il profumo che è palpabile e intenso. E si capisce perché questo posto ha così colpito Gino Paoli fino a rimpiangerlo ritornato in città, “in quel mondo lontano, diverso da qui” cantava, ripensando a quei momenti sentendosi quasi fuori posto nel rumore esistenziale di una metropoli.
Rimpianse quei tuffi, quei lunghi silenzi a quelle "mangiate" in compagnia, a base di pesce grigliato sulla spiaggia, e quelle notti scurissime illuminate da lampare e frammenti di stelle.
In un’intervista, il giornalista a un certo punto chiese al cantante cosa pensava del mare che aveva divorato la spiaggia.
La risposta fu «è la storia della spiaggia di San Gregorio, conferma che il mare è come la vita, ha le sue regole, prende e toglie cose belle e brutte a suo piacere. È il suo fascino, è lo stesso fascino della vita».
Dal centro di Capo d’Orlando si percorre il litorale marino in direzione Messina: qui si snoda la costa tortuosa che forma il costone roccioso con una ricca vegetazione sempreverde. Oltrepassato il Faro, qualche centinaio di metri più avanti si ammira un laghetto salmastro in continuo mutamento. Lungo tutto il tratto, fino al borgo, vi sono gli scogli dalle più svariate forme, dove hanno trovato casa flora e fauna marina. Il fondale del mare e limpido e cristallino.
Il Borgo San Gregorio è formato da semplici e belle casette di pescatori. È talmente tanto suggestivo da essere spesso oggetto di attenzioni da parte di artisti e pittori. Guardando questa deliziosa località siciliana, si potrebbe pensare che il tempo si sia fermato.
Ed è sul profumo di sale e di mare che impregna l'atmosfera , si può ripercorrere la storia di un brano musicale, inno indiscusso di quegli anni '60 idealizzati e rimpianti, dove sembrava che la vita fosse uno scrigno di gioielli aperto a tutti, dove bastava allungare una mano per prendere senza alcun timore. Canzone ballata stringendosi forte, senza movimenti bruschi, senza spostarsi dalla famosa "mattonella", sentendo i brividi di quel contatto fisico che trasmetteva ardore e che faceva “battere forte il cuore“ come diceva in una battuta Virna Lisi in un film dei fratelli Vanzina.
Ebbene questo brano, magico, morbido, lento, sognante, di uno dei poeti della canzone italiana, diventato emblema e cult di un’epoca, fu scritta pensando a San Gregorio, a questa spiaggia di piccole pietre smussate e rotonde, a questo mare cristallino.
È lo stesso Gino Paoli che racconta la storia di come nacque la canzone. Si esibiva con il suo gruppo in un locale di proprietà dei Baroni Milio e su loro invito rimase per quasi un mese in una specie di "confino dorato". Ricorda che nel 1963 San Gregorio era poco più che qualche casa di pescatori: «Era in pratica solo un’unica lunga meravigliosa spiaggia. Un luogo splendido, magico».
Rivela che il pezzo non fu scritto per una donna, a lungo si pensò a Stefania Sandrelli, ma per questo luogo.
Se leggiamo il testo, sembra di rivivere le sue emozioni e quei momenti: «Qui è il tempo dei giorni che passano pigri e lasciano in bocca il gusto del sale», quei giorni trascorsi tra nuotate e prolungate soste, sdraiati al sole su quei sassetti colorati, momenti intervallati da corse in motoscafo fino alle Eolie, che da qui vedi in un orizzonte possibile e vicino.
Tutto è giocato sui profumi, sui sapori, sui colori e le sensazioni. La sua donna in questo pezzo diventa un tutt'uno con il sapore del mare e del sale, ne assorbe l’essenza compenetrandosi in questo luogo d’idillio sensuale e materico.
Camminando tra i pochi vicoli, il Borgo sa che deve la sua fortuna anche a questa canzone che l'ha reso famoso, così tutto è diventato a tema, il ristorante, la gelateria, che ovviamente porta il nome del brano, e dove nel menù tutto diventa sapore di qualcosa: sapore di sale, di mare, sapore di Etna e di altro ancora.
Eppure tutto questo non disturba, non è sguaiato e pesante, l’azzurro e il bianco di mura, case, finestre, terrazzi e vicoli anche sotto questo sole implacabile, danno un senso di benessere e quasi frescura.
Sdraiati su quei ciottoli è bellissimo affondare le dita, per poi respirarne il profumo che è palpabile e intenso. E si capisce perché questo posto ha così colpito Gino Paoli fino a rimpiangerlo ritornato in città, “in quel mondo lontano, diverso da qui” cantava, ripensando a quei momenti sentendosi quasi fuori posto nel rumore esistenziale di una metropoli.
Rimpianse quei tuffi, quei lunghi silenzi a quelle "mangiate" in compagnia, a base di pesce grigliato sulla spiaggia, e quelle notti scurissime illuminate da lampare e frammenti di stelle.
In un’intervista, il giornalista a un certo punto chiese al cantante cosa pensava del mare che aveva divorato la spiaggia.
La risposta fu «è la storia della spiaggia di San Gregorio, conferma che il mare è come la vita, ha le sue regole, prende e toglie cose belle e brutte a suo piacere. È il suo fascino, è lo stesso fascino della vita».
Fonti: balarm.it, siciliafan.it
Fotografie: web
Filmato YouTube di Bella Sicilia
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Carnevale di Acireale
Ven Feb 09, 2024 7:01 pm
Acireale, il più bel carnevale di Sicilia
Il Carnevale di Acireale, il Più Bel Carnevale di Sicilia, è una delle più antiche ricette di buonumore della nostra terra. Se avete un pizzico di allegria e la giusta predisposizione al sorriso, unitevi alla folla e sarete protagonisti di un teatro delle meraviglie: maschere, coriandoli, luci, arte, fiori, musica e soprattutto tanto calore umano.
Le stupende vie e piazze del centro storico di Acireale sono la cornice ideale per uno spettacolo che raggiunge il clou con le sfilate dei carri allegorici-grotteschi, attraverso i quali gli artigiani acesi esprimono la loro fantasia e bravura artistica!
Questo quanto riportato sulle home page della fondazione e del carnevale di Acireale, che ora vi vorrei presentare e, magari, incuriosire.
Le prime documentazioni su presunti festeggiamenti del Carnevale nella terra di Jaci risalgono al 1594, come si evince da un mandato di pagamento ordinato dai Giurati a favore dei Cappuccini per le “festi di carnilivari”.
Slegati da ogni vincolo, nel periodo dell’anno in cui tutto è permesso, i cittadini potevano concedersi la libertà di scherzare sui potenti del tempo. È da questa propensione alla satira che ha preso vita una delle prime maschere del carnevale acese, “l’Abbatazzu” (chiamato anche Pueta Minutizzu), che con i suoi grossi libri ironizzava sulla classe clericale del tempo, in particolare su Monsignor Michelangelo Bonadie, Abate-Vescovo di Catania.
Ancora oggi, a distanza di secoli, la manifestazione trae la propria linfa vitale dal rinnovato entusiasmo del pubblico partecipante, un pubblico che sceglie di farsi trasportare in una realtà alternativa, fatta di suoni e colori di una città in festa.
Il Carnevale si è perfezionato sempre di più realizzando carri allegorici e infiorati sempre più sofisticati e colorati. Oggi le illuminazioni a LED, i movimenti computerizzati delle maschere allegoriche, l’affinazione della lavorazione della cartapesta con metodi modernissimi hanno reso i carri davvero spettacolari. Le stesse “macchine infiorate” sono diventate enormi carri infiorati, con oltre 13.000 fiori veri (gerani, principalmente) anche questi con movimenti computerizzati.
Acireale ha trasformato questa festa in un’occasione di arte e poesia che sprizza di ironia, sarcasmo, ma anche garbo e grande maestria. Determinanti sono state le famiglie di artigiani che dagli anni ‘50 hanno permesso di introdurre i marchi distintivi di quello che è diventato il più bel carnevale di Sicilia, costellate di personaggi assai simpatici e particolari come racconta Natale Longo, grande conoscitore del Carnevale di Acireale, e soprattutto grandi maestri, nonostante qualcuno non abbia mai ricevuto alcun premio.
Fonti web
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Re: Il cuore di Sicilia
Mar Gen 23, 2024 6:08 pm
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Re: Il cuore di Sicilia
Dom Dic 10, 2023 6:51 pm
Siccome io, con piacere, vi mostro luoghi e percorsi della mia terra, come è giusto, però porto nel cuore anche un'altra terra, bellissima, che sta di fronte alla mia Liguria, magari un tantino più a sud.
Allora, vedo de riesco a scovare un po' di foto, tanto da farle omaggio e, magari, ingolosire chi passa.
Fotografie tutte mie
Allora, vedo de riesco a scovare un po' di foto, tanto da farle omaggio e, magari, ingolosire chi passa.
Capo Calavà (ME)
Capo Milazzo (ME)
E a Milazzo restiamo un po'
(per questa volta)
Frutti del mercato del pesce
Questa e le foto seguenti sono scorci del Forte
Due panoramiche del paese visto dal mare
Il faro di Capo Milazzo
E vi lascio con questa barca particolare. E' una feluca per la pesca del pesce spada.
E' sormontata da una torre da avvistamento e a prua ha una lunga passerella in punta alla quale c'è il fiocinatore. Una pesca di destrezza, antichissima. Se non sbaglio è quella di cui canta Domenico Modugno nella sua U pisci spada
Fotografie tutte mie
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Re: Il cuore di Sicilia
Ven Ago 18, 2023 8:42 pm
Siccome ho incuriosito Nanni, vedo di dargli "sazio"
U camiddu
A dir la verità si deve cominciare da due giganti :Mata e Grifone.
Per le festività del ferragosto messinese è tradizione, la quale si perde realmente nei secoli dei secoli indietro nel tempo, quella di passeggiare 2 mitici giganti i quali, si racconta, siano a capo non della fondazione della città, ma bensì di una stirpe regale e giusta di messinesi discendenti da quello che anticamente viene definito come il rione storico della città dello Stretto ovvero: Camaro. Essi prendono dal medioevo, esattamente dagli anni delle crociate in Terra Santa, il nome di Mata (’a Gilantissa) e Grifone ( ‘u Gilanti)
.Insieme ai giganti sfila per le vie del centro cittadino anche un Cammello, chiamato in dialetto messinese ‘u camiddu, italianizzato ne "il Cammellaccio". Due uomini dal di dentro muovono e fanno ballare a suon di canti popolari il quadrupede africano. La storia du camiddu deriva dalla liberazione della Sicilia da parte di Re Ruggero I il normanno, il quale entrò trionfalmente a Messina bagordando, dopo aver visto la Fata Morgana nello Stretto, in sella ad un cammello barbaresco carico di spoglie e i messinesi grati al Re Normanno mettevano nella bocca del Cammello ogni sorta di mercanzia. Per molti secoli sull’intelaiatura era stesa la vera pelle del cammello di Ruggero, ossequiosamente conservata dopo la sua morte come una reliquia (similmente alle antichissime usanze egizie) ma andata perduta nelle ultime devastazioni.
Ma c'è anche una versione meno "eroica" della storia del cammello e cioè che forse alludeva alle imposte riscosse al tempo della dominazione araba (che si portavano via a dorso di cammello); tesi avvalorata dal fatto che durante il corteo, tutto attorno a lui camminavano persone, vestite in modo strano, che imitava i saraceni nelle fogge d’abbigliamento e nei balli.
Di quest’animale festivo se ne parla dalla fine del Cinquecento, ma fu lasciato più volte per decenni in deposito nel corso dei secoli e in quest’epoca addirittura ha ripreso piede solamente da un ventennio, dopo anni e anni d’oblio.
Nella tradizione odierna, il Cammellaccio giunge, anzi irrompe, per le vie di Messina, a più riprese: precede d’un giorno i Giganti aprendo il Ferragosto e alla loro uscita li accompagna. Ma è la vigilia dell’Assunzione il giorno suo in cui si muove in totale autonomia, anche se nel Cinquecento forse bazzica attorno alla Vara. Ha un’andatura incerta ma fin troppo sicura, come se fosse ubriaco: percorrendo la strada non tira dritto, ma oscilla e danza, andando quasi a sbattere da un lato e poi volgendosi all’altro tracciando un percorso arzigogolato che causa la continua rottura degli accerchiamenti. Qualche volta accelera e trotta, altre volte prende la rincorsa e salta meravigliando la folla.
E ora passiamo a
A vara
La Vara di Messina è un grande carro votivo dedicato alla Madonna Assunta portato in processione il 15 agosto di ogni anno.
Il ciclo di eventi culminanti con la festa della Madonna Assunta rappresenta il momento di massima espressione religiosa da parte del popolo messinese, nonostante la festa patronale cittadina sia quella della Madonna della Lettera, la cui ricorrenza liturgica cade il 3 giugno.
In epoca aragonese per la festa agostana è documentata la processione di una statua della Vergine sfarzosamente abbigliata, raffigurata a dorso di un cavallo paludato con preziosi finimenti.
Un prototipo di carro trionfale fu costruito dal Radese. In seguito il manufatto fu ingrandito e perfezionato nelle forme da Giovannello Cortese, e ancora più avanti nel tempo, da Maestro Iacopo. Verosimilmente tutto ciò avvenne prima del termine del XV secolo e del transito del Regno di Sicilia dalla Corona d'Aragona alla Corona Asburgo - Castiglia. Infatti con Carlo V di Spagna e di Giovanni d'Austria il monumentale carro trionfale, ad uso sacro e profano, è ampiamente dettagliato e documentato.
La macchina votiva, benché limitata in altezza e con i figuranti posticci, è rimasta nelle forme, pressoché fedele alle descrizioni e riproduzioni grafiche secentesche e settecentesche.
La vara odierna è alta circa 14 metri e pesante intorno alle 8 tonnellate, poggia su grandi scivoli metallici (cingoli sagomati a pattino o slitta), il basamento sul quale gravitano i grossi manufatti plasmati a mo' di tronchi (allegorie di sovrapposizione e stratificazione di nuvole (cirri, cumuli, nembi)), è denominato cippu 'a Vara. Tutt'intorno una struttura a telaio (timoniera, rimovibile alla bisogna), permette la dislocazione di decine di timonieri che hanno il compito di mantenere in asse o direzionare il mezzo in movimento.
Il telaio presenta 12 lanterne astili, ripartite sulla parte anteriore e posteriore, tre per ogni semiasse, in memoria dei 12 cilii o ceri da 16 libbre ciascuno offerti dal Clero, dal Senato Peloritano, dalle Associazioni degli Artigiani. In fase di voluto ripristino, l'antica consuetudine dell'offerta della cera, pratica interrotta dal terremoto del 1908. Dal 2001 ripristinata la donazione un cero votivo di 16 libbre (5,077 kg.), voluto e fatto realizzare dal timoniere della Vara, omaggio condotto a spalla da otto portatori.
L'elevazione somigliante all'intreccio di quattro grossi fusti presenta un primo ordine comprendente quattro mensole sporgenti dai fusti e altrettante radiali al piano di raccordo. Il secondo ordine presenta due raggiere contrapposte, al centro recano una parte fissa, costituita da calotte raffiguranti rispettivamente il Sole nella parte anteriore, la Luna nella parte opposta.
Le parti rotanti con sviluppo esagonale recano ai vertici imbragature per sei distinti angioletti. La guglia rastremata presenta un ulteriore livello di mensole sfalsate, le superfici mostrano raffigurazioni di putti, volute, stelle, pianeti e nuvole come rappresentazione dei cieli. Una sfera girevole permette la rotazione orizzontale di sei angioletti. L'ultima piattaforma girevole in senso inverso al globo sottostante, si compone di quattro figure (verosimilmente le quattro intelligenze cardinali), reca l'elevazione centrale che regge la figura di Dio Padre, elemento che a sua volta sostiene nella mano destra l'Alma Maria nell'atto di elevarla nell'Empireo.
Le mensole, incavi vari, alloggiamenti e imbragature ospitano manichini addobbati (un tempo bambini, fanciulli, ragazzi) nelle veci di angeli, cherubini, putti e personaggi allegorici, che reggono ghirlande, corone, e tra mensole d'ordini differenti, un fitto reticolo di festoni e intrecci di fiori e fogliame.
A vigilare sul buon funzionamento degli astri rotanti alcuni addetti mentre un capotimoniere coadiuvato da segnalatori visivi (tramite sventolio di bandiere) e acustici (fischietti e campanelli), dirige e attende le operazioni dalla piattaforma. Alla base delle grosse travi dell'intelaiatura della timoniera sono fissate le lunghe gomene in canapa (lunghe fino a 120 m ciascuna, diametro 5 cm).
I termini del linguaggio marinaro tipici della città portuale entrano di diritto nella definizione di attività e figure essenziali nella manovra e nel funzionamento della macchina. A gomene, timone, timoniere e capotimoniere si affiancano i capicorda, i vogatori, i macchinisti (addetti nell'azione manuale delle parti mobili: raggiere e sfera con zodiaco), e comandante.
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Re: Il cuore di Sicilia
Sab Lug 22, 2023 4:33 pm
Dalila, hai detto tutto e descritto benissimo. E hai centrato il perché io sia tanto innamorata di quella terra. E poi, tutto il resto.
Un po' tutto il sud è così d'incontro, gentile, caloroso. In Sicilia è l'apoteosi di tutto questo, oltre che una terra bellissima e carica di storia.
Hai fatto un bellissimo servizio, grazie!
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