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Ven Set 18, 2020 4:06 pm
Il genio eterno - Pagina 8 15380510

La Madonna del Granduca

Autore
Raffaello Sanzio (Urbino 1483 – Roma 1520)
Data
1506-1507 ca
Museo
Palazzo Pitti
Collezione
Galleria Palatina
Tecnica
Olio su tavola
Dimensioni
cm 84,4 x 55,9

La Madonna del Granduca è uno dei dipinti più celebri di Raffaello e una delle immagini identitarie della Galleria Palatina, il museo che custodisce il più alto numero al mondo di dipinti su tela e tavola del pittore urbinate.Si tratta di una delle opere più amate di Raffaello, dove l’artista dà prova della sua capacità di rendere immediata e umana la rappresentazione del sacro. Nella tavola la Vergine Maria è ritratta in piedi, col Bambino in braccio; rivolge malinconicamente lo sguardo verso il basso, porgendo il Figlioletto verso lo spettatore, invitandolo a contemplare quel viso dolcissimo e serioso. I gesti dei due personaggi sono misurati; tutta la composizione comunica, nella sua semplicità, la profonda relazione d’affetto che li lega e la dolorosa consapevolezza del futuro sacrificio di Cristo.Il quadro fu dipinto da Raffaello intorno al 1506-7, durante il suo soggiorno a Firenze tra il 1504 e il 1508, quando in città Michelangelo, Leonardo e fra Bartolomeo stavano producendo i loro capolavori. Proveniente da una formazione condotta presso il Perugino, il giovane Raffaello maturò in quegli anni, affrontando più volte il tema della Madonna col Bambino-anche con  san Giovannino o san Giuseppe-una maniera di dipingere più monumentale, una pittura più volumetrica ottenuta con un chiaroscuro sottile e sfumato derivatogli da Leonardo, incentivando la sua attenzione per le espressioni degli affetti verso una maggiore intensità emotiva. Per mettere a punto questo piccolo e prezioso dipinto l’Urbinate, a Firenze, potè attingere a un ricco bagaglio iconografico, quello delle innumerevoli Madonne col Bambino in terracotta, stucco, legno, marmo e anche bronzo che i maestri del Quattrocento come Donatello, Ghiberti, Luca della Robbia, avevano prodotto copiosamente per soddisfare l’esigenza di immagini devozionali da collocare nelle cappelle delle chiese, nei tabernacoli della strade e nelle stanze dei palazzi dei committenti. La composizione non nacque con il fondo scuro: gli esami radiografici svolti dall’Opificio delle Pietre Dure hanno rivelato che sotto il colore nero che avvolge le figure doveva esserci un interno con un pilastro a sostegno di arcate ed uno scorcio di paesaggio sulla destra, così come si vede nella Madonna dei Garofani, o nella Sacra Famiglia di San Pietroburgo: un’ambientazione che accentuava il tono domestico dell’immagine. E’ dunque plausibile che in un momento successivo a quando fu dipinta, per assecondare le esigenze del mutamento di gusto, si sia deciso di eliminare il fondo e di lasciare il solo gruppo centrale nel magnifico isolamento che oggi vediamo.


Il celebre dipinto, la cui committenza e provenienza sono ignote, prende il nome dal granduca Ferdinando III di Lorena (1769 – 1824), che ne autorizzò da Vienna l’acquisto tra l'autunno 1799 e l'inverno 1800, quando giunse a Pitti. Da qui non sarebbe mai più partita, salvo durante l’interregno napoleonico, quando Ferdinando la portò via con sé in esilio. La famiglia granducale vi fu particolarmente affezionata: al ritorno della corte in città fu infatti esposta nelle stanze private di Palazzo Pitti e il Granduca  permetteva di mostrarla in pubblico solo quando era assente da Firenze. Nel 1882 l’opera ha preso posto nella collocazione in cui la vediamo ancora oggi, nella Sala di Saturno.

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Lun Set 14, 2020 8:40 pm
Il genio eterno - Pagina 8 15381310

Flora

Autore
Tiziano Vecellio (Pieve di Cadore 1488/90-Venezia 1576)
Data
1517 c.
Museo
Gli Uffizi
Tecnica
Olio su tela
Dimensioni
79,7 x 63,5 cm

La giovane donna emerge dal fondo bruno del dipinto porgendo con la mano destra un mazzo di fiori primaverili, composto di roselline, viole, gelsomini; è abbigliata all’antica, con una candida camiciola che scivola sulla spalla destra lasciando intravedere il seno, mentre reclina dolcemente la testa sulla spalla sinistra, volgendo lo sguardo fuori dallo spazio dipinto. Il suo volto, dai tratti delicatissimi, corrisponde perfettamente ai canoni della bellezza rinascimentale cinquecentesca: pelle chiara e luminosa, il rosa sulle guance, e il viso incorniciato da lunghi capelli sciolti, biondo ramati, il colore tipico delle chiome delle donne ritratte da Tiziano (da qui il termine “rosso Tiziano”).

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Mar Set 01, 2020 8:39 pm
Il genio eterno - Pagina 8 1de8b410

Annunciazione

Autore
Leonardo da Vinci (Vinci 1452 – Amboise 1519)
Data
1472 c.
Museo
Gli Uffizi
Collezione
Pittura
Tecnica
Olio su tavola
Dimensioni
90 x 222 cm

Davanti ad un palazzo rinascimentale, in un rigoglioso giardino recintato che evoca l’hortus conclusus allusivo alla purezza di Maria, l’Arcangelo Gabriele si inginocchia davanti alla Vergine rivolgendole il saluto ed offrendole un giglio. La Vergine risponde, seduta con grande dignità davanti a un leggio sul quale è poggiato un libro. Il tradizionale tema sacro è collocato da Leonardo in un’ambientazione naturalistica e terrena: l’angelo ha una corporeità concreta, suggerita dall’ombra proiettata sul prato e dalla resa dei panneggi che presuppongono studi dal vero. Anche le sue ali prendono ispirazione da quelle di qualche poderoso rapace. E’ straordinaria la resa della luce crepuscolare che plasma le forme, unifica la scena e fa risaltare le sagome scure degli alberi sul lontano paesaggio dello sfondo, dominato dai toni sfumati cari all’artista. Gli elementi architettonici sono disegnati secondo le regole della prospettiva con punto di fuga centrale, ma alcune anomalie riscontrabili nella figura della Vergine, il cui braccio destro appare eccessivamente lungo, potrebbero rispecchiare precoci ricerche di ottica da parte di Leonardo, che avrebbe tenuto conto del punto di vista laterale (da destra) e ribassato determinato dalla collocazione originale della tavola dipinta, cioè sopra un altare laterale di una chiesa.


Pervenuto agli Uffizi nel 1867 dalla sagrestia della chiesa di San Bartolomeo a Monteoliveto fuori porta San Frediano a Firenze, del dipinto non si conoscono né la collocazione originaria, né la committenza. L’Annunciazione è largamente ritenuta un’opera giovanile di Leonardo da Vinci, eseguita quando il maestro era ancora nella bottega di Andrea del Verrocchio. Imita un’invenzione del Verrocchio la foggia del leggio, ispirata al sarcofago di Piero il Gottoso nella chiesa di San Lorenzo a Firenze.

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Mar Ago 25, 2020 3:06 pm
Il genio eterno - Pagina 8 15768410

Madonna col Bambino e angeli (Madonna del Magnificat)

Autore
Sandro Botticelli (Firenze 1445 -1510)
Data
1483 c.
Museo
Gli Uffizi
Tecnica
Tempera su tavola
Dimensioni
diametro 118 cm

Incoronata dagli angeli, la Vergine è raffigurata seduta in trono, in atto di scrivere su un libro, sotto la guida del figlio, il cantico “Magnificat anima mea Dominum” (La mia anima magnifica il Signore), da cui deriva il titolo con cui quest’opera è nota. In grembo alla madre, Gesù Bambino sfiora una melagrana, frutto dai molteplici significati simbolici, i cui chicchi rossi richiamavano il sangue versato da Gesù per la salvezza dell’umanità. La scena si svolge davanti a una finestra che si apre su un chiaro e sereno paesaggio campestre; in alto, la cornice in pietra serena crea un diaframma divisorio fra il regno celeste e il mondo terreno. Il tema sacro assume comunque connotazioni quasi mondane nell’eleganza dell’acconciatura di Maria e degli angeli, questi ultimi privi di ali come in vari altri dipinti di Botticelli. Sui capelli biondi rischiarati dalla finitura d’oro, la Vergine indossa veli trasparenti sotto il maphorion riccamente ornato, mentre le capigliature e le vesti degli angeli sono ispirate alla moda seguita dai giovani rampolli delle agiate famiglie fiorentine del tardo Quattrocento. L’originalità dell’invenzione, la sofisticata eleganza delle vesti e delle acconciature, la grazia del volto assorto di Maria, hanno reso celebre nei secoli l’invenzione di Botticelli, le cui figure incarnano un ideale di bellezza molto apprezzato nel XX secolo.


Non sappiamo quale fosse l’originale destinazione del dipinto, acquistato nel 1784 da una collezione privata. La forma della tavola, un tondo, era riservata nel Rinascimento ad opere destinate al mondo laico, innanzitutto alle dimore signorili, ed erano spesso commissionate in occasione di matrimoni e nascite. Oppure, viste le considerevoli dimensioni del dipinto, alla sede di una magistratura della Repubblica fiorentina, fra i cui arredi non di rado comparivano immagini

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Dom Ago 23, 2020 2:06 pm
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Madonna in adorazione di Gesù Bambino

Autore
Antonio Allegri detto Correggio (Correggio, Parma 1489 circa –  1534)

Data
1518-1520
Museo
Gli Uffizi
Collezione
Pittura
Tecnica
olio su tela
Dimensioni
81 x 77 cm

Antonio Allegri, conosciuto come Correggio, dal nome del suo paese natale, può essere considerato il principale artefice del rinnovamento della pittura emiliana del primo Cinquecento. Dopo una prima esperienza nell’ambiente mantovano, dove ebbe modo di studiare l’illusionismo prospettico e il recupero del classicismo del Mantegna, arricchì la sua formazione con la conoscenza dello sfumato leonardiano e del tonalismo veneto, approdando ad una pittura vivace e fresca, incentrata sulla rappresentazione della tenerezza degli affetti, capace di conquistare lo spettatore con l’affabile spontaneità dei suoi personaggi e la preziosa delicatezza delle gamme cromatiche.


L’origine di questo dipinto non ci è nota, ma è certo che doveva essere considerato uno dei capolavori del pittore se il duca di Mantova, Ferdinando Gonzaga, lo scelse per farne dono al granduca Cosimo II de’ Medici. L’opera giunse agli Uffizi nel 1617 e fu collocata in Tribuna dove rimase fino al 1848. Nella celebre veduta della Tribuna degli Uffizi del 1772 del pittore inglese Joahnn Zoffany l’opera occupa un posto di tutto riguardo accanto alla Madonna della seggiola di Raffaello.


Il soggetto del dipinto aveva conosciuto una certa fortuna nel Quattrocento attraverso le opere di Filippo e Filippino Lippi che ne avevano realizzate più versioni. L’iconografia deriva dalla visione della nascita di Gesù che Santa Brigida di Svezia ebbe a Betlemme nel 1372. Nelle sue Rivelazioni la Santa racconta che “la Vergine si tolse i calzari […] si inginocchiò in atteggiamento orante, le mani protese in avanti e, d’un tratto, in un istante mise al mondo suo Figlio. Sul suolo all’improvviso comparve il neonato e da lui si irradiò una luce ineffabile. Quando Maria senti di aver generato il Bambino, lo salutò con queste parole: sii il Benvenuto, o mio Dio, Signore e mio Figlio” Nell’atmosfera chiara e rarefatta dell’alba, una bella e dolce Madonna si inginocchia di fronte a Gesù appena nato contemplandolo con tenerezza. Il Piccolo ricambia lo sguardo della madre allungando la manina nel tentativo tipicamente infantile di afferrarle la veste. Il loro intimo legame è sottolineato dall’invenzione di adagiare il neonato sopra un lembo del manto materno.


Con pochi semplici gesti, Correggio riesce magistralmente a comunicare allo spettatore il tenero scambio di affetti tra Maria e suo Figlio.

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Ven Ago 21, 2020 7:26 am
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Madonna con Bambino


Autore
Pietro Bonaccorsi detto Perin del Vaga (Firenze 1501 - Roma 1547)
Data
1535-1540 ca.
Museo
Gli Uffizi
Collezione
Pittura
Tecnica
olio su tela
Dimensioni
121 x 91 cm


Stagliata su un fondo scuro che la risalta come una statua, la Vergine giovanissima e delicata tiene tra le braccia il Figlio benedicente, collocato in piedi sulla balaustra. Lo sguardo di entrambi è volto allo spettatore, coinvolgendolo in modo diretto nella visione sacra allestita al tempo stesso con un’attenzione meticolosa ai dettagli preziosi dell’abbigliamento, quali il velo trasparente sul petto del Bambino e il fermaglio di pietre e perle sul capo della Madonna. Perin del Vaga sperimentò questo modello in molti dipinti di eguale soggetto, spesso includendo anche la presenza di San Giuseppe (Sacra Famiglia, Vaduz, coll. Liechtenstein; Sacra Famiglia, Chantilly, Museo Condé; Sacra Famiglia, Pisa Museo di San Matteo). La sofisticata interpretazione dei prototipi di Raffaello e l’elegante risoluzione della composizione fanno di questo dipinto un esempio dell’arte di Perin alla metà del quarto decennio del Cinquecento, quando il pittore - formatosi nella bottega di Raffaello al tempo della realizzazione delle Logge Vaticane, dei cartoni per gli arazzi della Cappella Sistina e della Loggia della Farnesina - dominava la scena romana con la sua bottega, sviluppando le premesse della cultura figurativa toscoromana del primo Cinquecento

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Mer Ago 19, 2020 7:40 am
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Angelo musicante

Autore
Rosso Fiorentino (Firenze 1494 – Parigi 1540)
Data
1521
Museo
Gli Uffizi
Olio su tavola
Dimensioni
39,5 x 47 cm

Quest’opera celeberrima, raffigurante un angiolino intento a pizzicare le corde di un liuto, è il frammento di una tavola d’altare andata perduta: le indagini riflettografiche hanno rivelato che sotto il fondo scuro, aggiunto successivamente, è raffigurata una parte di una struttura architettonica, ai cui piedi l’angelo musicante stava come in certe composizioni di Fra’ Bartolomeo o Raffaello. L’aspetto della composizione originale è tramandato dalla Sacra Conversazione dipinta intorno al 1600 da Francesco Vanni e conservata nella chiesa di Sant’Agata ad Asciano (Siena).


La riflettografia ha rivelato sotto il fondo scuro del dipinto degli Uffizi anche l’iscrizione con il nome dell’autore, Rosso Fiorentino, e la data 1521, ma è incerto se la scritta sia di mano del Rosso o non fosse piuttosto stata apposta quando la pala d’altare fu smembrata, allo scopo di tramandare la memoria del suo autore.


Immagine tenerissima, con l’angiolino che stenta a padroneggiare il liuto che appare al confronto esageratamente grande, il dipinto mostra l’originale reinterpretazione da parte di Rosso Fiorentino di un tema tradizionale, reso particolarmente vivido da una stesura pittorica di grande modernità.

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Lun Ago 17, 2020 11:46 pm
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L'arte  è rappresentazione della bellezza ... e la bellezza è una gioia eterna.


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Lun Ago 17, 2020 9:16 pm
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L’arte è legata a una valutazione oggettiva dei valori dell’arte, poi c’è anche quella legata al piacere e al gusto personale e alla sensibilità più profonda; arte è bellezza autentica: dato che non si può imporre la bellezza. La bellezza dev’essere scelta.

L’opera parla a diversi livelli. C’è un livello immediato emozionale quello che ci fa apprezzare, poi c’è un livello di 
approfondimento, ma qui occorre studiare e capire, anche se non è obbligatorio.


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„Le opere d'arte, inermi, nella loro fragilità sono come persone, sono come donne e bambini, perché nella materia tramandano l'anima degli artisti, che in esse continuano a vivere.“


Vittorio Sgarbi

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Lun Ago 17, 2020 9:12 pm
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(Particolare) Madonna col Bambino e due angeli

Autore
Filippo Lippi (Firenze 1406 ca. – Spoleto 1469)
Data
1460-1465 c.
Museo
Gli Uffizi
Tecnica
Tempera su tavola
Dimensioni
95 x 62cm

E’ l’opera più celebre di Filippo Lippi, caratterizzata dalla straordinaria spontaneità della rappresentazione. La Madonna siede su un trono di cui si intravede solo il morbido cuscino ricamato e il bracciolo intagliato, intenta a contemplare il figlio verso il quale rivolge un gesto di preghiera. L’espressione è dolce e indulgente, ma quasi malinconica, come se la madre presagisse il doloroso destino del figlio. Il piccolo Gesù, coperto solo dalle fasce, risponde allo sguardo di Maria e protende le braccia verso di lei, sostenuto da due angeli. Quello in primo piano rivolge lo sguardo all’esterno, a coinvolgere lo spettatore, con volto sorridente. Il taglio ravvicinato, con le figure poco più che a mezzo busto raccolte nell’esiguo spazio delimitato dalla cornice in pietra serena, rende la composizione simile a numerosi rilievi scultorei eseguiti dagli scultori fiorentini coevi di Filippo Lippi. La finestra si apre davanti a un vasto e vario paesaggio affacciato sul mare, con rocce, vegetazione, edifici. L’immagine sacra è tradotta con profonda umanità, conferita sia dall’espressione degli affetti che dalla scelta delle vesti e delle acconciature, ispirate alla moda coeva: raffinatissima quella della Vergine, con una coroncina di perle e veli intrecciati ai capelli, come le nobildonne fiorentine del secondo Quattrocento. Le aureole sono appena accennate, sottili cerchi e raggi di luce che non coprono il paesaggio retrostante. Non ha finora trovato conferma l’ipotesi che il volto della Vergine sia quella di Lucrezia Buti, la giovane monaca pratese che divenne moglie di Filippo Lippi. La composizione ebbe fin da subito grande successo e fu presa a modello da molti artisti, fra i quali il giovane Botticelli, allievo del frate pittore. Non sappiamo tuttavia quale fosse l’originaria destinazione di questa immagine sacra; le prime notizie note risalgono alla fine del XVIII secolo, quando si trovava nella Villa medicea del Poggio Imperiale a Firenze.

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