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Mar Set 21, 2021 2:35 pm
Il genio eterno - Pagina 5 E_ycmz10


21 settembre del 1625 moriva il pittore Bartolomeo Cavarozzi, detto Bartolomeo de' Crescenzi.

Cesto di frutta su davanzale in pietra, Olio su tela, 90 x 122 cm.

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Gio Set 16, 2021 10:36 pm

San Giovanni Crisostomo and Saints



Il genio eterno - Pagina 5 Img_1712


Sebastiano del Piombo 
Nome con cui è noto il pittore Sebastiano Luciani ( Venezia 1485 circa - Roma 1547)

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Mar Giu 29, 2021 10:46 pm
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Madonna del Divino Amore



Il genio eterno - Pagina 5 11701110

| Courtesy Museo e Real Bosco di Capodimonte


di Raffaello Sanzio, 1516 ca., Olio su tavola, Napoli, Museo e Real Bosco di Capodimonte 

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Sab Giu 26, 2021 6:33 pm
Il genio eterno - Pagina 5 20593910

La cappella Baglioni si trova nella collegiata di Santa Maria Maggiore di Spello ed è celebre per la presenza di un ciclo di affreschi di Pinturicchio, tra i quali questa splendida Madonna, databili tra il 1500 circa e il 1501.


Cappella Baglioni
Autore Pinturicchio
Data 1501
Tecnica affresco
Ubicazione via Cavour, Spello, Perugia.

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Dom Apr 25, 2021 12:42 am
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La Sacra Famiglia con San Giovannino

1600ca - olio su tavola
Ermitage - San Pietroburgo
BARTOLOMEO SCHEDONI
Modena 1578 - Parma 1615


Il genio eterno - Pagina 5 Img26

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Ven Apr 02, 2021 3:14 pm
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La Deposizione Borghese

Artista :Raffaello Sanzio (1483 - 1520)
Stile artistico :Rinascimento
Opera :Trasporto del cristo morto (Pala Baglioni - Deposizione Borghese) (1507)
Dimensioni :176 x 184 cm
Tecnica :olio su tavola
Ubicazione :Galleria Borghese


L'opera presenta un mito classico rivisitato nella forma espressiva in chiave cristiana: il Cristo viene raffigurato defunto attraverso un gesto, in letteratura artistica noto come “braccio della morte”. Nelle raffigurazioni nordiche e in quelle classiche un cadavere viene ritratto con l'arto superiore che pende esanime dal corpo. Nell'opera di Raffaello si legge la trasposizione cristiana di un'esperienza emotiva attinta dalla tradizione pagana. 


La Deposizione Borghese costituisce lo scomparto principale della Pala Baglioni, destinata ad una cappella con accesso a sinistra: è da questa direzione, infatti, che la luce di Raffaello illumina nell'opera la scena; tutti i personaggi raffigurati condividono l'evento a cui partecipano guardandosi reciprocamente, tranne uno, che osserva lo spettatore mentre avanza nella cappella. La figura barbuta, del tutto simile al San Matteo di Michelangelo, rappresenta molto probabilmente San Pietro. In realtà all'estrema sinistra della scena un altro personaggio rivolge lo sguardo, intenso, altrove, verso l'alto: il suo viso sembra contemplare qualcosa che sfugge oggi all'osservatore. In origine la cimasa dell'opera doveva ospitare, assieme alle virtù teologali, la raffigurazione del Padreterno benedicente: è verso lui che guardano sia il Cristo, pur con gli occhi semichiusi, sia il portatore. La composizione originale, oggi non più apprezzabile, invitava quindi ad interpretare la scena secondo i dettami della religione cristiana: solo guidati dalla potenza di Dio e sorretti dalle virtù teologali si può guardare alla vicenda ritratta.


Mentre San Pietro e gli altri personaggi collaborano attivamente al trasporto del Cristo morto, Maria e Nicodemo dimostrano un atteggiamento per nulla solidale con il gruppo, ma anzi, quasi in netta contrapposizione: è come se venisse inscenato un contrasto tra la componente “romana” della scena e quella “umbra”, che rimanda alla carriera di Raffaello Sanzio. 


Nella tela si apprezzano alcuni rimandi al tema della Resurrezione: gli occhi di Gesù vengono raffigurati non completamente chiusi, come se appartenessero ad un corpo in procinto del risveglio; allo stesso modo il sangue spilla dalle ferite come da un corpo in vita. In numerose essenze che arricchiscono la scena si legge inoltre la simbologia legata alla Passione di Cristo e alla vita eterna. 
Nella scena si può anche trovare un riferimento alla profezia formulata da Simeone a Maria durante la presentazione di Gesù al Tempio: “E anche a te una spada trafiggerà l'anima”: nella tela la croce, luogo della morte di Cristo, è raffigurata in asse con il petto di Maria.


Anna Marini

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Dom Mar 28, 2021 11:51 am
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L'entrata di Gesù Cristo in Gerusalemme; mosaico bizantino del 1143 della Cappella Palatina del Palazzo Reale (o dei Normanni), a Palermo




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Ven Feb 19, 2021 3:27 pm
Il genio eterno - Pagina 5 15207210

La vergine con bambino
Autore
Albrecht Durer, 1481-1528.
Dimensioni
100 x 180
Tecnica
Tempera
Collezione
National Gallery, 

L’iris, simbolo trinitario di amore e di dolore
Dentro la bellezza Bottega di Albrecht Dürer, 1471–1528 nasce la Vergine con il Bambino (o Madonna con l’Iris) 1500-10 circa.

Albrecht Durer, è stato un pittore tedesco tra i più apprezzati del XVl sec, viene considerato il massimo esponente della pittura tedesca rinascimentale. 


Entra una luce chiara e ferma dall’arco in rovina davanti al quale siede la Madonna con l’iris di Albrecht Dürer e allievi. Le sue vesti rosso-arancio denunciano il fuoco della passione che attraverserà, a motivo del figlio che ha in grembo. Il volto non è ovale, affilato, come nelle Madonne fiamminghe, ben note a Dürer. L’artista dipinge volutamente una donna tedesca, soda, dai lineamenti marcati e la bellezza rustica. L’ambiente rupestre in cui siede le si confà perfettamente, ma ciò che a prima vista appare come amore di Dürer per il paesaggio, si rivela in realtà una selva di simboli. Spunta evidente, da dietro la Vergine, un iris. Il nome di questo fiore rimanda all’iride, dunque alla luce, ed è uno dei fiori più amati dall’arte e dall’araldica. Basterebbe citare l’antico stemma ghibellino di Firenze, composto da un iris bianco su fondo rosso, ma si potrebbe setacciare il panorama artistico europeo per veder spuntare giaggioli qua e là.

Viene alla mente, ad esempio, l’enigmatico vaso di fiori di Hans Memling. Il dipinto, che doveva far parte di un Trittico sulla Madonna, è associato al ritratto di un giovane orante, dall’espressione intensa e serena. Non conosciamo l’origine dell’opera, certo doveva comprendere anche un ritratto femminile: una giovane coppia di sposi che consacrava a Maria la sua unione. Doveva esserci anche un secondo vaso, forse di vetro, a completare la simbologia. Certo è che il vaso di ceramica di Memling reca l’acronimo del nome di Gesù JHS: Jesus Hominum Salvator. Da questo vaso spuntano due gigli bianchi, tre iris viola e fiori di aquilegia, simbolo dei sette dolori della Vergine. Con una simile natura morta, l’anonimo committente di questo trittico esprimeva, con simbolica discrezione, la sua fede in Cristo, nella Vergine Madre e in quel Sacrificio eucaristico che sigillava le sue nozze. L’iris, con i suoi tre petali, rimanda al mistero della Trinità e, per questa sua forma, è detto anche giglio a spada, con allusione, appunto, ai dolori di Maria per la morte in croce di Cristo.

Quando è bianco, come il giglio, simboleggia la purezza e la santità, se violaceo, invece, la passione. Nell’opera della bottega di Dürer, l’iris si erge immacolato e, nei suoi petali rovesciati, si colora di un azzurro violaceo; due pali di legno incrociati incorniciano un lembo di cielo dove, da dietro le nubi, si vede Dio Padre con lo stesso abito rosso di Maria. La Trinità è qui, in questa scena apparentemente quotidiana, e si rivela dentro a un mistero di amore e dolore. Qui c’è una vergine colta nel gesto, tutto materno, di allattare il Figlio e il latte di tal madre non viene dalla concupiscenza, ma da una sponsalità tutta celeste. Il Bimbo che allatta non è solo uomo, ma anche Dio: una creatura, dunque, nutre quel Dio che un giorno ci sazierà con il suo corpo e il suo sangue.

All’estrema destra del quadro, infatti, una vite si erge rigogliosa ma senza frutto. Il grappolo vero è lì, tra le braccia di Maria. Il miracolo di questo connubio tra natura umana e divina, tra dolore e amore è cantato nell’opera da due farfalle. Una, bianca, si è posata ai piedi della Madre, l’altra, viola è, a sinistra, sul lembo del suo mantello. L’arco in rovina sullo sfondo simboleggia la precarietà della vita umana che Dürer rassicura. Nessun timore, dunque, per l’uomo fedele: dietro ad ogni sofferenza c’è un tesoro di gloria che nasce, dentro la lotta quotidiana contro il male, c’è un seme di grazia che feconda la terra.

A cura di Gloria Riva

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Mer Feb 10, 2021 8:45 pm
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Apollo che scortica Marsia
Autore
attribuito a Giovanni Bilivert (Firenze 1584 - 1644)
Data
1630 c.
Museo
Palazzo Pitti
Collezione
Galleria Palatina
Collocazione
Sala di Venere
Tecnica
Olio su tela
Dimensioni
184 x 176 cm


La favola mitologica della competizione musicale tra il dio Apollo ed il satiro Marsia è narrata da Ovidio nelle Metamorfosi e da Diodoro Siculo. Il satiro frigio Marsia, dopo avere scoperto il flauto a doppia canna (aulòs) inventato dalla dea Atena, divenne così abile nel suonarlo da sfidare il dio Apollo ad una competizione musicale da cui uscì sconfitto. La scena coglie il momento più drammatico, cioè la punizione di Marsia per aver osato sfidare il dio del sole. Apollo affonda le dita nell'avambraccio di Marsia, legato ad un tronco di faggio, per scuoiarlo vivo: lo scontro tra i due raggiunge il culmine nel grido di dolore di Marsia e nello scatto atletico di Apollo. Il dipinto, di probabile provenienza medicea, è stato ritenuto di mano di Giovanni Bilivert o del suo allievo più dotato, Bartolomeo Salvestrini; alcuni studiosi hanno dubitativamente avanzato anche il nome di Artemisia Gentileschi. Il disegno definito, la gamma cromatica, l'equilibrio compositivo e il plasticismo delle anatomie denunciano una cultura fiorentina alla base, tuttavia con evidenti meditazioni sulla statuaria romana antica (il torso del Belvedere per Marsia) e su quella contemporanea, ravvisabile nel plasticismo scultoreo del panneggio delle vesti di Apollo che richiama certe soluzioni berniniane.

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Dom Gen 31, 2021 10:48 am
Il genio eterno - Pagina 5 14381710


Madonna e Bambino colle Sante Rosa e Caterina (dettaglio)
Pietro Vannucci 
(detto il Perugino) o allievi
1490-1495
Olio su pioppo
148 cm (58,2 pollici) x 148 cm (58,2 pollici)
Louvre 


Pietro Perugino nato Pietro Vannucci (c 1446-1523). Il suo soprannome era il Perugino della zona umbra in cui lavorava. 
La sublimità assolutamente squisita dei ritratti della Vergine e dei Santi del Perugino è sorprendente.
Alcuni studiosi affermano che il modello delle Madonne e dei Santi del Perugino fosse Chiara Fancello. Se è così, era una bellezza straordinaria.
Inoltre, gli studiosi del Louvre hanno ipotizzato che questo lavoro sia di uno dei talentuosi allievi del Perugino. Lo trovo difficile da accettare, ma poi di nuovo, gli allievi di Perugino, Botticelli e Leonardo erano tra i migliori della loro generazione quindi potrebbe essere vero. 
Naturalmente sappiamo che molti di questi lavori sono stati commissionati e molti di questi dipinti potrebbero essere stati realizzati da allievi.

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