- DalilaModeratrice
- Messaggi : 3504
Mattoncini : 1100
Data di iscrizione : 08.07.20
Re: Il genio eterno
Ven Gen 21, 2022 9:34 pm
A Nanni, ALE 51 e DONNA piace tantissimo ♥♥♥♥
- DalilaModeratrice
- Messaggi : 3504
Mattoncini : 1100
Data di iscrizione : 08.07.20
Re: Il genio eterno
Mer Gen 05, 2022 9:02 pm
Giovanni Bellini "Presentazione di Gesù al tempio" 1470 circa, Venezia
Andrea Mantegna "Presentazione al tempio" 1455 - Tempera su tavola 68,9 x 86,3, Berlino.
------------------------------------------------------------------------------------
Nel confronto tra questa Presentazione al tempio realizzata da Giovanni Bellini e l'analoga Presentazione al tempio di Andrea Mantegna a Berlino, i pareri degli studiosi si sono divisi anche sulla priorità dell'invenzione: dapprima, infatti, il dipinto veneziano venne riguardato come un tributo del Bellini al Mantegna, ultimamente invece si tende a capovolgere il rapporto.
Comunque, il dipinto del Giambellino mostra parecchi elementi tratti dalla frequentazione di Mantegna. In primo luogo il Bambino, così appoggiato al davanzale e sottoposto alla prospettiva in modo da diventare un elemento di misura della profondità dello spazio, deriva dalle ricerche prospettiche alle quali da tempo il cognato Andrea si dedicava.
Comunque, il dipinto del Giambellino mostra parecchi elementi tratti dalla frequentazione di Mantegna. In primo luogo il Bambino, così appoggiato al davanzale e sottoposto alla prospettiva in modo da diventare un elemento di misura della profondità dello spazio, deriva dalle ricerche prospettiche alle quali da tempo il cognato Andrea si dedicava.
La tipologia del "putto" inoltre rinvia anche alle impressioni ricevute da Donatello.
La figura del sacerdote appartiene in pieno a Mantegna e porta con sè perfino il ricordo degli insegnamenti ricevuti dallo Squarcione.
L'inquadratura nella cornice di marmo è inoltre una "spia" della conoscenza del lavoro di Andrea, e caratterizza il corpus di opere da lui prodotte negli anni '50.
Tipicamente belliniani sono invece i due personaggi alle estremità , più sciolti nelle forme e morbidi nei passaggi cromatici.
Anche la visione spaziale, più allontanata e meno complessa di quella mantegnesca, inquadrano la scena in una narrazione più distesa, priva dell'accento drammatico di Mantegna.
A. Cocchi
La figura del sacerdote appartiene in pieno a Mantegna e porta con sè perfino il ricordo degli insegnamenti ricevuti dallo Squarcione.
L'inquadratura nella cornice di marmo è inoltre una "spia" della conoscenza del lavoro di Andrea, e caratterizza il corpus di opere da lui prodotte negli anni '50.
Tipicamente belliniani sono invece i due personaggi alle estremità , più sciolti nelle forme e morbidi nei passaggi cromatici.
Anche la visione spaziale, più allontanata e meno complessa di quella mantegnesca, inquadrano la scena in una narrazione più distesa, priva dell'accento drammatico di Mantegna.
A. Cocchi
A Nanni piace il post ♥
Re: Il genio eterno
Mar Gen 04, 2022 10:26 pm
Una storia da raccontare, quella del dipinto di Frederick William Burton,
"Incontro sulle scale della torretta" (1864).
Lei è una principessa che si innamora dell'uomo sbagliato, la guardia del corpo del padre. L’attimo dipinto è un attimo rubato, l’incontro fugace sulle scale della torretta, dove la mancanza di spazio permette ai corpi di sfiorarsi, alle braccia di incontrarsi. Gli innamorati non si guardano, chiudono gli occhi per sentire ancora meglio il contatto che gli è negato. Un’immagine struggente, anche pensando al finale della storia: lui combatte per amarla e alla fine si fa uccidere per lei, lei muore perché non ha senso vivere senza di lui. Sir Burton, irlandese, oltre a a essere un pittore importante della sua epoca, è stato a lungo direttore della Galleria Nazionale a Dublino.
Anna Maria Bianchini
A Dalila e ALE 51 piace tantissimo ♥♥♥♥
- DalilaModeratrice
- Messaggi : 3504
Mattoncini : 1100
Data di iscrizione : 08.07.20
Re: Il genio eterno
Dom Dic 19, 2021 3:44 pm
Riposo durante la fuga in Egitto con San Francesco
Antonio Allegri, detto il Correggio (Correggio, Reggio Emilia 1489 c. – 1534)
Caratteristiche
Descrizione
Data
1520 c.
Museo
Gli Uffizi
Collezione
Pittura
Collocazione
Sala 71
Tecnica
Olio su tela
Dimensioni
120 x 105 cm
Il Riposo durante la fuga in Egitto con San Francesco del Correggio venne commissionato nel 1520 circa da Francesco Munari per la cappella di famiglia dedicata all'Immacolata Concezione nella chiesa di San Francesco a Correggio. Per questa pala Correggio, uno dei più importanti pittori del Rinascimento della scuola di Parma, trasse ispirazione da un episodio miracoloso narrato dal Vangelo apocrifo dello pseudo Matteo: Maria si sedette per riposare sotto una palma da datteri e, attratta dai frutti, chiese a Giuseppe di raccoglierli. Giuseppe, considerando la difficoltà di raggiungerli per la loro grande altezza, le rispose che sarebbe stato meglio occuparsi di trovare dell’acqua per dissetarsi. Gesù allora comandò ai rami di abbassarsi per permettere la raccolta dei frutti e dalle radici della pianta sgorgò dell’acqua limpida. Correggio ha fissato sulla tela il momento in cui Giuseppe porge i frutti a Gesù Bambino. La dimensione intima del racconto si traduce in pittura nella serenità degli affetti che legano il gruppo familiare, intento in attività quotidiane, immerso in rigogliose ambientazioni naturali (qui l’ombra accogliente della palma e del bosco di querce). La pittura del Correggio fonde la varietà delle espressioni degli affetti e le sfumate atmosfere di Leonardo, di cui conosceva le opere milanesi, e l’armonia classica di Raffaello, studiato a Roma, in una naturalezza avvolgente e colloquiale. Gesù Bambino, in piedi sulle ginocchia della Madre tende la mano verso i frutti, ma il suo sguardo è rivolto verso chi guarda. La Vergine, mediatrice universale, è seduta sotto la palma e guarda a sinistra verso San Francesco, rendendolo parte della scena familiare, nonostante esso sia cronologicamente estraneo al racconto. La sua presenza è giustificata sia dal nome del committente, Francesco Munari, sia dall’intestazione della chiesa, appartenente all’Ordine Francescano. Questa scelta iconografica per una pala d’altare non è frequente e può apparire scollegata dalla titolazione della Cappella che l’accoglieva, dedicata all'Immacolata Concezione. In realtà attraverso il significato simbolico della palma, raffigurata al centro della scena, (almeno fino al Seicento, l’opera era nota con il titolo di “Madonna della palma”) il “Riposo” è strettamente legato a quel tema. La palma era ritenuta un simbolo associato alla Vergine Maria in virtù di un passo del Cantico dei Cantici (7, 8) che così recita: “la tua statura rassomiglia ad una palma e i tuoi seni ai grappoli”. Era anche l'emblema di martirio e gloria, riferibili a Gesù, la palma affonda le sue radici nell'acqua purissima, non secca e offre riparo: è simbolo della vita perenne, della verginità, della maternità, e dunque dell’Immacolata Concezione di Maria. L’opera, che era stata venduta dai frati nel 1638 al duca Francesco I d’Este su sua richiesta, fu ceduta poco dopo al granduca Ferdinando II de’ Medici in cambio del Sacrificio di Isacco di Andrea del Sarto (oggi a Dresda). La pala entrò subito nell’arredo della Tribuna degli Uffizi, inserita fra i capolavori delle collezioni medicee.
A Nanni e ALE 51 piace tantissimo ♥♥♥♥
- DalilaModeratrice
- Messaggi : 3504
Mattoncini : 1100
Data di iscrizione : 08.07.20
Re: Il genio eterno
Ven Dic 10, 2021 9:57 pm
Madonna con Bambino tra San Francesco d'Assisi e San Giovanni Evangelista ('Madonna delle Arpie')
Andrea d'Agnolo, detto Andrea del Sarto (Firenze 1486 – 1530)
Caratteristiche
Descrizione
Data
1517
Museo
Gli Uffizi
Collezione
Pittura
Collocazione
Sala 58
Tecnica
Olio su tavola
Dimensioni
207 x 178 cm
Iscrizioni
AND. SAR. FLOR. FAB.; AD SUMMU REG[I]NA TRONU DEFERTUR IN ALTUM MDXVII
Giorgio Vasari, che da giovane artista ebbe modo di frequentare la sua bottega, definì Andrea del Sarto “il pittore senza errori”. Il suo stile, fondato sullo studio delle opere di Michelangelo e Raffaello e caratterizzato da un notevole equilibrio compositivo e da un elevato controllo formale, ebbe grande influenza sui pittori fiorentini del Cinquecento tanto da essere ritenuto fondamentale per la genesi della “maniera”.
Questo dipinto gli fu commissionato per le suore del monastero di San Francesco de’ Macci. Nel solido e rigoroso impianto compositivo egli coniuga in maniera eccezionalmente armoniosa lo schema piramidale tipico delle Madonne di Raffaello, con la monumentalità delle figure derivate da Michelangelo, ma addolcite dai delicati colori sfumati di ascendenza leonardiana.
Il titolo tradizionale deriva dal Vasari che aveva identificato come arpie i mostri raffigurati sul piedistallo della Vergine. Ma in base ad una lettura iconografica che assegna al soggetto una simbologia escatologica, la critica è oggi in gran parte concorde nel ritenerle una raffigurazione delle locuste descritte nell’Apocalisse di Giovanni, rappresentato a fianco della Madonna proprio nell’atto di scrivere le sue profezie. Nel nono capitolo egli annuncia che questi esseri mostruosi, dalla testa femminea e dal ventre simile a corazze di ferro, sarebbero uscite dal pozzo dell’abisso in una nuvola di fumo, che s’intravede infatti alla destra di Maria, portando tormento a tutti gli esseri umani che non avessero avuto sulla fronte il tau, sigillo di Dio. Alla luce di questa interpretazione può essere spiegata anche la presenza di San Francesco al posto di San Bonaventura che invece era previsto nel contratto di allocazione del dipinto. Proprio Bonaventura, nella sua Legenda Maior, identifica infatti in San Francesco l’angelo del sesto sigillo profetizzato da Giovanni, che salendo dall’Oriente avrebbe portato con sé il simbolo salvifico di Dio, il tau appunto, la croce emblema della Passione di Cristo, che egli stesso aveva impressa nelle stimmate. Il piedistallo su cui si erge la Vergine rappresenterebbe quindi il pozzo dell’Inferno e la Madonna sarebbe raffigurata nell’atto di chiuderne la bocca.
L’elaborazione di questa complessa simbologia religiosa potrebbe essere dovuta ad Antonio di Ludovico Sassolini, quel “frate di Santa Croce dell’Ordine Minore” che secondo Vasari avrebbe commissionato il dipinto. Il Sassolini, all’epoca Ministro dei Francescani Conventuali della Toscana, era stato infatti un assiduo uditore delle prediche del Savonarola e uno degli animatori del clima di fervore religioso che si respirava a Firenze in quei primi decenni del Cinquecento.
Entrata nelle collezioni medicee intorno al 1704, La Madonna delle Arpie fu l’ultima pala d’altare che il Gran Principe Ferdinando rimosse dalle chiese toscane per incrementare la sua collezione di capolavori del Rinascimento e del primo Seicento. In cambio della cessione del dipinto, che abbelliva l’altare maggiore della loro chiesa da quasi due secoli, le monache del convento di San Francesco de’ Macci chiesero il restauro completo del convento e della chiesa. Il Gran Principe, desideroso di avere la pala del Del Sarto già dal 1683, accettò di buon grado la condizione, affidandone l’incarico all’architetto granducale Giovan Battista Foggini.
Caratteristiche
Descrizione
Data
1517
Museo
Gli Uffizi
Collezione
Pittura
Collocazione
Sala 58
Tecnica
Olio su tavola
Dimensioni
207 x 178 cm
Iscrizioni
AND. SAR. FLOR. FAB.; AD SUMMU REG[I]NA TRONU DEFERTUR IN ALTUM MDXVII
Giorgio Vasari, che da giovane artista ebbe modo di frequentare la sua bottega, definì Andrea del Sarto “il pittore senza errori”. Il suo stile, fondato sullo studio delle opere di Michelangelo e Raffaello e caratterizzato da un notevole equilibrio compositivo e da un elevato controllo formale, ebbe grande influenza sui pittori fiorentini del Cinquecento tanto da essere ritenuto fondamentale per la genesi della “maniera”.
Questo dipinto gli fu commissionato per le suore del monastero di San Francesco de’ Macci. Nel solido e rigoroso impianto compositivo egli coniuga in maniera eccezionalmente armoniosa lo schema piramidale tipico delle Madonne di Raffaello, con la monumentalità delle figure derivate da Michelangelo, ma addolcite dai delicati colori sfumati di ascendenza leonardiana.
Il titolo tradizionale deriva dal Vasari che aveva identificato come arpie i mostri raffigurati sul piedistallo della Vergine. Ma in base ad una lettura iconografica che assegna al soggetto una simbologia escatologica, la critica è oggi in gran parte concorde nel ritenerle una raffigurazione delle locuste descritte nell’Apocalisse di Giovanni, rappresentato a fianco della Madonna proprio nell’atto di scrivere le sue profezie. Nel nono capitolo egli annuncia che questi esseri mostruosi, dalla testa femminea e dal ventre simile a corazze di ferro, sarebbero uscite dal pozzo dell’abisso in una nuvola di fumo, che s’intravede infatti alla destra di Maria, portando tormento a tutti gli esseri umani che non avessero avuto sulla fronte il tau, sigillo di Dio. Alla luce di questa interpretazione può essere spiegata anche la presenza di San Francesco al posto di San Bonaventura che invece era previsto nel contratto di allocazione del dipinto. Proprio Bonaventura, nella sua Legenda Maior, identifica infatti in San Francesco l’angelo del sesto sigillo profetizzato da Giovanni, che salendo dall’Oriente avrebbe portato con sé il simbolo salvifico di Dio, il tau appunto, la croce emblema della Passione di Cristo, che egli stesso aveva impressa nelle stimmate. Il piedistallo su cui si erge la Vergine rappresenterebbe quindi il pozzo dell’Inferno e la Madonna sarebbe raffigurata nell’atto di chiuderne la bocca.
L’elaborazione di questa complessa simbologia religiosa potrebbe essere dovuta ad Antonio di Ludovico Sassolini, quel “frate di Santa Croce dell’Ordine Minore” che secondo Vasari avrebbe commissionato il dipinto. Il Sassolini, all’epoca Ministro dei Francescani Conventuali della Toscana, era stato infatti un assiduo uditore delle prediche del Savonarola e uno degli animatori del clima di fervore religioso che si respirava a Firenze in quei primi decenni del Cinquecento.
Entrata nelle collezioni medicee intorno al 1704, La Madonna delle Arpie fu l’ultima pala d’altare che il Gran Principe Ferdinando rimosse dalle chiese toscane per incrementare la sua collezione di capolavori del Rinascimento e del primo Seicento. In cambio della cessione del dipinto, che abbelliva l’altare maggiore della loro chiesa da quasi due secoli, le monache del convento di San Francesco de’ Macci chiesero il restauro completo del convento e della chiesa. Il Gran Principe, desideroso di avere la pala del Del Sarto già dal 1683, accettò di buon grado la condizione, affidandone l’incarico all’architetto granducale Giovan Battista Foggini.
A Nanni piace il post ♥
Re: Il genio eterno
Mer Dic 08, 2021 11:39 am
A Nanni e Dalila piace tantissimo ♥♥♥♥
- DalilaModeratrice
- Messaggi : 3504
Mattoncini : 1100
Data di iscrizione : 08.07.20
Re: Il genio eterno
Sab Nov 13, 2021 11:42 pm
Annunciazione
Lorenzo di Credi (Firenze, 1456/1460 - 1536)
Data
1480-90
Museo
Gli Uffizi
Collezione
Pittura
Collocazione
Sala 29
Tecnica
Tempera su tavola
Dimensioni
88 x 71 cm
Grande risalto è dato all’architettura della casa che accoglie la Vergine annunciata, di cui si intravede la camera con il letto e il leggio sul quale è appoggiato un libro. La Vergine, come distolta dalla lettura, si volge e risponde al saluto dell’arcangelo Gabriele, che le rende omaggio incrociando le mani sul petto. Le due figure sono poste ai lati, lasciando il centro della composizione al poetico paesaggio che si estende in lontananza, inquadrato da un’arcata a tre fornici che dà accesso al porticato di gusto classico. L’intonazione monocromatica dell’architettura è interrotta dai quattro tondi che si aprono sul cielo azzurro. È realizzata a monocromo anche la decorazione del parapetto in primo piano, che assume l’aspetto di una predella nella divisione delle tre scene figurate tramite paraste. Sono qui illustrati tre episodi biblici: da sinistra la creazione di Eva, il peccato originale di Adamo ed Eva e la cacciata dei due peccatori dal paradiso terrestre. La Vergine annunciata è la “nuova Eva”, la donna dal cui grembo nascerà il salvatore dell’umanità condannata dal peccato dei progenitori. Il dipinto pertanto è una complessa opera teologica, che riflette la spiritualità degli anni della predicazione di Fra’ Girolamo Savonarola.
Non è nota la provenienza del dipinto, che nelle paraste della predella raffigura uno scudo con l’aquila, forse lo stemma del committente. Nel XVII secolo entrò a far parte della raccolta del cardinale Leopoldo de’ Medici.
A Nanni e Red Tony piace tantissimo ♥♥♥♥
- DalilaModeratrice
- Messaggi : 3504
Mattoncini : 1100
Data di iscrizione : 08.07.20
Re: Il genio eterno
Lun Nov 08, 2021 8:58 pm
Allegoria della Pittura
Giovanni Martinelli (Montevarchi, Arezzo 1600 – Firenze 1659)
Giovanni Martinelli (Montevarchi, Arezzo 1600 – Firenze 1659)
Data
1630-35 c.
Museo
Gli Uffizi
Collezione
Pittura
Collocazione
Sala 92
Tecnica
Olio su tela
La fanciulla emerge dall’ombra di fondo, senza alcun altro dettaglio spaziale se non il bordo del tavolo, in basso a sinistra, sul quale spunta un cuscino ornato da un pendaglio. Il suo sguardo si perde in lontananza, e i nobilissimi e regolari tratti fisiognomici sono esaltati dalla luce che morbidamente mette in evidenza la carnagione delicata, il rosato tenero delle guance, le labbra rosse e carnose, conferendole, insieme al panneggio bianco e giallo- rosso che la fascia e la scopre al tempo stesso, un’aria di fascino sospeso e seducente. La giovane stringe tra le mani un mazzo di pennelli e ostenta un foglio sul quale si intuiscono alcuni disegni d’ornato a matita rossa, simboli tutti che alludono al suo ruolo di figura dell’arte pittorica, e corrispondono del resto al dettato dell’Iconologia del Ripa: “donna, bella, co' capelli negri, e grossi, sparsi, e ritorti in diverse maniere, con le ciglia inarcate, che mostrino pensieri fantastichi.…terrà in una mano il Pennello, e nell'altra la tavola, con la veste di drappo cangiante, la quale le copra i piedi, e a' piè di essa si potranno fare alcuni strumenti della Pittura, per mostrare, che la Pittura è esercizio nobile, non si potendo fare senza molta applicazione dell'intelletto”.
Forse anche a motivo del soggetto raffigurato, oltre che della materia pittorica accesa e densa di trapassi tonali, l’Allegoria della Pittura figurava negli inventari tardo settecenteschi come un autoritratto dell’artista veneta Chiara Varotari, figlia di Dario e sorella del più famoso Alessandro, detto il Padovanino.
E’ invece stata con buone ragioni ricondotta all’ambito fiorentino della prima metà del secolo XVII, e assegnata a Giovanni Martinelli, qui influenzato della pittura di Artemisia Gentileschi e Simon Vouet, attraverso i quali dovette avere un accesso ravvicinato al naturalismo caravaggesco. L’attenzione per la luce calda, che investe lateralmente la figura, e la sensualità accentuata della bellezza femminile caratterizzano in particolare la sua attività giovanile.
La cornice è del XVII secolo.
A Nanni e Red Tony piace tantissimo ♥♥♥♥
- DalilaModeratrice
- Messaggi : 3504
Mattoncini : 1100
Data di iscrizione : 08.07.20
Re: Il genio eterno
Mer Nov 03, 2021 8:13 pm
Perseo libera Andromeda
Piero di Cosimo (Firenze 1462-1522)
Piero di Cosimo (Firenze 1462-1522)
Data
1510-1515
Museo
Gli Uffizi
Collezione
Pittura
Collocazione
Sala 28
Tecnica
Tempera grassa su tavola
Dimensioni
70 x 120 cm
Al centro della composizione, Perseo affronta il mostro marino che sta per avventarsi su Andromeda, figlia del re di Etiopia, offertagli in sacrificio per placarne la furia. Il mostro era stato scatenato da Poseidone, adirato contro la vanitosa Cassiopea, madre di Andromeda. Perseo è raffigurato altre due volte nel dipinto, quando avvista il drago e la giovane vittima sacrificale mentre solca il cielo grazie ai calzari alati, e dopo l’impresa, quando festeggia la liberazione di Andromeda, che diverrà sua sposa. Nella composizione il tripudio di gioia del padre di Andromeda e della folla ridente illustrato a destra si contrappone alla disperazione espressa dalla famiglia per il destino della giovane principessa nella scena a sinistra.
Il soggetto del dipinto, derivato dalle Metamorfosi di Ovidio, illustra la storia di una celebre coppia della mitologia greca ed appare consono alla destinazione della tavola, ideata per far parte dell’arredo di una camera nuziale, probabilmente quella di Filippo Strozzi il giovane e Clarice de’ Medici nel Palazzo Strozzi a Firenze, alla quale il legnaiolo Baccio d’Agnolo lavorava nel 1510-1511. Ne è autore Piero di Cosimo, pittore fiorentino fantasioso ed eccentrico, impegnato soprattutto a rendere chiara la narrazione e credibili gli improbabili strumenti musicali o i costumi orientaleggianti dei personaggi, piuttosto che a evocare la drammaticità del racconto, stemperata anche dal rasserenante scorcio di mare entro cui nuota l’enorme mostro, quasi a bagno in una pozza d’acqua.
La tavola, proveniente dal Palazzo Strozzi a Firenze, passò nella raccolta di Sforza Almeni, cameriere segreto del granduca Cosimo I de’ Medici, e poi nelle raccolte medicee. Si trovava agli Uffizi già nel 1598, nella Tribuna.
.
A Nanni e Red Tony piace tantissimo ♥♥♥♥
Re: Il genio eterno
Sab Ott 30, 2021 4:50 pm
Opera del pittore BernardoParentino, talvolta chiamato anche Bernardino Parentino, Bernardo Parenzano o anche Bernardo da Parenzo.
LA PROCESSIONE DEI MAGI, anno 1490 circa.
A Dalila e Red Tony piace tantissimo ♥♥♥♥
Permessi in questa sezione del forum:
Non puoi rispondere agli argomenti in questo forum.
|
|