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Ven Mar 19, 2021 8:54 pm
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Scultura nel tempo - Pagina 7 15335611

Erote dormiente
Autore
 Arte romana
Data
II sec. d.C.
Museo
Gli Uffizi
Collezione
Scultura
Collocazione
Tribuna
Tecnica
Marmo di Carrara
Dimensioni
cm 32 (altezza), cm 72 (lunghezza)

La Tribuna, sede di capolavori indiscussi della Galleria, accoglie figure di putti addormentati, delicatamente sdraiati su pelli di leone. Sculture del genere erano solitamente impiegate nell’arte romana per ornare tombe infantili. Di tale tipologia sono noti svariati esemplari, raffinati e dal forte impatto emotivo. Gli sguardi assopiti dei putti non mostrano segni di tristezza nonostante la destinazione funeraria delle sculture. Immersi nel mondo dei sogni, con capelli leggeri che incorniciano i volti dalle gote paffute e dalle bocche semiaperte, questi fanciulli erano circondati da simboli di augurio e rinascita. L’idea della morte come  passaggio ad una nuova vita è testimoniata, anche nella nostra opera, dai fiori di papavero raccolti nella mano sinistra del fanciullo. Dai papaveri in antico si ricavavano potenti sonniferi e la loro raffigurazione attribuisce alla morte il carattere di torpore provvisorio. Tale concezione del trapasso è confermata dalla presenza di una lucertola: il rettile, ricoverato sotto terra durante l’inverno, ritrova la luce del sole con l’arrivo della primavera. I simboli esibiti, dai forti connotati naturalistici, comunicano un intenso messaggio di speranza
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Ven Mar 19, 2021 8:52 pm
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Scultura nel tempo - Pagina 7 Grotta11

Grotta del Buontalenti
Autore
Giorgio Vasari (Arezzo 1511 – 1574 Firenze), Bernardo Buontalenti (Firenze 1531 – 1608), Baccio Bandinelli (Firenze 1493 – 1560), Vincenzo de’ Rossi (Fiesole 1525 – Firenze 1587), Giambologna (Douai 1529 – Firenze 1608)
Data
1557 – 1587
Museo
Giardino di Boboli
Collezione
Architettura e Paesaggio
Restauri
2012 e 2016

La Grotta del Buontalenti o Grotta Grande è situata nell’estremità nord del Giardino di Boboli adiacente al punto di immissione del Corridoio Vasariano. La genesi della grotta è connessa alla costruzione dell’acquedotto proveniente dalla sorgente della Ginevra già in costruzione nel 1551 e che era destinato a portare l’acqua a Palazzo Vecchio dopo aver alimentato il Giardino di Boboli. A supporto del condotto che usciva da Boboli fu creato un vivaio che garantisse la fornitura di acqua anche in momenti di scarsa adduzione. I primi lavori risalgono al febbraio 1557 sotto la direzione di Davide Fortini, genero dell’architetto e scultore Niccolò Tribolo responsabile del primo progetto del Giardino di Boboli. Nello stesso 1557 la direzione dei lavori passò a Giorgio Vasari che realizzò una facciata con colonne e lesene tuscaniche sostenenti un pronao architravato. In facciata furono realizzate due nicchie dove nel 1560 vennero collocate le sculture di Apollo e Cerere di Baccio Bandinelli. In seguito il vivaio venne a perdere la sua funzione originaria ed il Granduca Francesco I decise di trasformarlo in grotta. Tra il 1583 ed il 1587, Bernardo Buontalenti dirige la trasformazione del vivaio in Grotta Grande intervenendo sull’impostazione architettonica del Vasari, progettando e realizzando tutta la parte decorativa . Nel 1583 erano compiute le murature delle tre camere di cui è composta la grotta. Tra il 1583 ed il 1584, lo scultore Piero di Tommaso Mati era impegnato nella realizzazione delle figure della prima camera, conclusa l’anno successivo con la collocazione negli angoli dei quattro Prigioni di Michelangelo. Fra il 1586 ed il 1587 Bernardino Poccetti realizzava la decorazione pittorica delle tre stanze della grotta. Nel 1587 nella seconda camera fu collocato il gruppo scultoreo di Vincenzo de’ Rossi. Fra il 1592 ed il 1593, venne collocata nella terza camera la tazza di verde africano sostenuta da un fusto di marmo con quattro figure di satiro. Sulla tazza fu collocata nel 1572 circa la Venere del Giambologna. Alla morte di Francesco I, i lavori proseguirono sotto il fratello Ferdinando, che fece realizzare la facciata. Le tre camere interne non sono in asse tra loro, ma disassate in modo che dall’esterno si possa vedere la grotta fino in fondo e godere della completezza della scultura della Venere.
La prima camera accoglie una messinscena pastorale realizzata da Piero Mati dove si fondono stalattiti, stalagmiti, rocce spugnose, mosaico in scaglie di marmo e porfido rosso. Alla base delle due pareti laterali si trovano due vasche che riflettevano le sculture soprastanti. La volta dipinta da Poccetti raffigura la rovina di una cupola popolata di animali europei, ma anche specie esotiche africane e centroamericane. La decorazione della seconda camera riflette invece un’impostazione più classicheggiante dove i materiali spugnosi disegnano nicchie timpanate e, sul soffitto, specchiature geometriche con conchiglie e colature di pietra. La terza camera è decorata con un graticolato (treillage) su cui si arrampicano viti, rose e convolvoli mentre uccelli di vario tipo popolano la volta e, ai lati, vi sono nicchie decorate a conchiglie e madreperla.
La facciata presenta nella parte inferiore un’apertura con due colonne che sostengono una trabeazione . Al di sopra un arco decorato da stalattiti è sormontato dallo stemma mediceo. Ai lati le figure a mosaico della Pace e della Giustizia. Ai lati in basso due nicchie con le sculture di Apollo e Cerere e superiormente riquadri con decorazioni a mosaico. La sommità della facciata è chiusa da un timpano decorato da stalattiti e materiale spugnoso.
L’ambiente, per sua natura estremamente delicato, subì vari interventi di restauro tra Settecento e Ottocento; nel 1908 i quattro Prigioni furono trasferiti alla Galleria dell’Accademia e sostituiti con copie in cemento.
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Mer Feb 10, 2021 8:52 pm
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Scultura nel tempo - Pagina 7 15895510



Pia de’ Tolomei e Nello della Pietra
Autore
Pio Fedi (Viterbo 1816 - Firenze 1892)
Data
1861
Museo
Palazzo Pitti
Collezione
Appartamenti Imperiali e Reali
Collocazione
Sala Verde
Tecnica
marmo
Dimensioni
cm. 84


Il Granduca Leopoldo II, visitando lo studio di Pio Fedi, ebbe occasione di ammirare per la prima volta nel 1846 il modello di questo gruppo e soddisfatto della composizione gli affidò l’esecuzione in marmo e chiese allo scultore di incidere sulla base i due noti versi di Dante “Ricorditi di me che son la Pia", "Siena mi fè, disfecemi Maremma”. La scelta di ispirarsi a temi danteschi rientrava nell’àmbito di un rinnovato culto della figura del poeta, alimentato dalla scoperta, nel 1839, del ritratto dell’Alighieri, che, secondo il Vasari, era stato dipinto da Giotto nella cappella del Podestà. Questo revival dantesco nelle arti figurative, è attestato da vari soggetti tratti dalla biografia del poeta o dallaDivina Commedia.
La sfortunata vicenda della Pia de’ Tolomei, dal consorte Nello ingiustamente sospettata di adulterio e rinchiusa nel suo castello in Maremma a morire di malaria, vicenda che nel Purgatorio è sintetizzata in pochi versi, aveva conosciuto un’ampia divulgazione a partire dal 1822, quando fu pubblicata, per la prima volta a Firenze, la Pia del patriota pistoiese Bartolomeo Sestini, poemetto in ottave, di tre canti, dove lo spunto dantesco è integrato con contaminazioni dall’Otello di Shakespeare. Sestini accoglie la versione della gelosia e del presunto tradimento del marito, Nello Pannocchieschi e della calunnia di Ghino, amico fraterno di Nello, il quale, essendo stato respinto da Pia, si vendica del suo rifiuto, raccontando al marito gli incontri segreti con un presunto spasimante.
Come già rilevavano i contemporanei, più che i versi della Divina Commedia, furono questa rielaborazione romantica dell’episodio dantesco e soprattutto l’omonima opera di Donizetti rappresentata al Teatro della Pergola nel 1842, a suggerire al Fedi l’argomento e la giusta messa in scena del suo gruppo, che è appunto una fedele trasposizione figurativa del passo del Sestini. Lo scultore mette in scena l’episodio secondo il gusto del contemporaneo melodramma: il sospettoso marito, in preda alla gelosia, accoglie con freddezza le manifestazioni d’affetto della moglie, già meditando in cuor suo propositi di vendetta: «Ma poi che il castellan la mensa tolse / e restan soli nella chiusa stanza, / le bianche braccia al collo ella gli avvolse, / siccome avea di far sovente usanza; / poi con ingenua e tenera sembianza / la strinse, e ne sperò bel cambio invano / qual di persona morta era la mano».
Il gruppo scolpito dal Fedi riscosse un grande successo, tanto che lo scultore eseguì un numero considerevole di repliche, spesso in formato ridotto. Una di queste versioni andata perduta, era stata collocata nel giardino della villa del Poggio Imperiale, mentre presso l’Ashmolean Museum di Oxford, si conserva una splendida replica marmorea firmata e datata 1872. Molte di queste copie furono acquistate da turisti inglesi che visitavano lo studio dell’artista, al tempo già noto, sia in Europa, che negli Stati Uniti, come autore del Ratto di Polissena. Lo stile e la raffinata resa delle vesti, nonché il tema, era perfettamente in linea con il gusto inglese della contemporanea pittura preraffaellita.
Quella appartenente alle raccolte degli Uffizi ed attualmente conservata nella Sala Verde degli Appartamenti Reali di Palazzo Pitti è una delle versioni più antiche e fu presentata all’Esposizione Italiana di Firenze del 1861, dove ebbe l’onore di essere acquistata dal re d’Italia per la sua personale galleria.
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Lun Feb 01, 2021 9:00 pm
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Scultura nel tempo - Pagina 7 5cregl10


"L'Assunzione della Vergine"
Tilman Riemenschneider 


Tra il 1500 e il 1520 Riemenschneider scolpì la superba pala d'altare in legno dell'Assunzione della Vergine per la chiesetta di campagna a Creglingen


In primo luogo fu eretto un altare di pietra nel luogo della leggendaria scoperta di un ospite.  
Il santuario è fatto di pineta, le sculture sono di legno di tiglio più morbido.


Nel santuario centrale si trova la scena principale: l'Assunzione della Beata Vergine che è circondata dai dodici apostoli. L'incoronazione della Vergine Maria è rappresentata nella sovrastruttura sopra il santuario. In cima all'altare è rappresentato Cristo risorto come uomo addolorato.


I pannelli laterali mostrano scene della vita di Maria: l'Annunciazione (in basso a sinistra), la Visitazione (in alto a sinistra), la Natività (in alto a destra) e la Presentazione nel Tempio (in basso a destra).. Sopra c'è la cosiddetta Visitazione dove Maria incontra Elisabetta. Il rilievo superiore sull'ala destra mostra la nascita di Cristo e sotto la Presentazione di Gesù Bambino nel tempio.


Nelle nicchie della predella si possono vedere l'Adorazione dei Magi (a sinistra) e Cristo tra i Dottori (a destra). In quest'ultima scena Riemenschneider si è ritratto, seduto ai piedi di Gesù in abiti medievali
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Ven Gen 29, 2021 3:48 pm
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Ciao Nanni...è bellissimo Il David non smetti mai di guardarlo, una scultura di un tale magnetismo che ti cattura e non puoi che girarci intorno per osservare la grande maestria e il genio scaturito dalle mani di Michelangelo.


Sapevi che l'opera presenta delle sproporzioni?
La testa è sproporzionata rispetto al corpo e le mani pure. Particolari importanti presenti in diverse sculture di Michelangelo, ovviamente è una raffinatezza voluta dall'artista per rendere l'immagine prorompente quasi volesse uscire dal marmo per imporre la sua presenza, il tema del movimento e dell'espressione del volto è ricorrente in molti artisti della seconda metà del 500' effetto voluto per impressionare e catturare l'attenzione.
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Ven Gen 29, 2021 2:17 am
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Il David di Michelangelo Buonarroti


Scultura nel tempo - Pagina 7 David-11





Michelangelo, David, 1501-1504, marmo, h. 434 cm (con base), Firenze, Galleria dell'Accademia.



Per approfondimenti : https://www.studiarapido.it/david-di-michelangelo-lettura-dopera/

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Lun Gen 18, 2021 4:09 pm
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Non ha l'ottimo artista alcun concetto 
ch'un marmo solo in sé non circoscriva  
col suo soverchio, e solo a quello arriva  
la man che ubbidisce all'intelletto.


Michelangelo Buonarroti, Rime, XVI sec.
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